“Ustica è molto più graziosa di quanto appaia dalle cartoline illustrate, è una cittadina di tipo saraceno, pittoresca e piena di colore”
così veniva descritta Ustica da A. Gramsci durante il periodo di confino nelle lettere alla famiglia. L'isola è stata infatti per un lungo periodo luogo di confine per i coatti, criminali comuni allontanati dai loro luoghi di origine, ed arrivò ad ospitarne fino a 3.000 su di una popolazione di circa 1.000 abitanti. L’abitudine all’ospitalità fece sì che con l’abolizione del confine, avvenuta nel 1961, gli abitanti dell'isola si dedicassero al turismo dimostrando di avere spiccate doti di ospitalità ed accoglienza. Ustica, il cui nome significa bruciata o terra delle ossa per i greci, rappresenta la parte emersa di una catena montuosa sottomarina e si estende su di una superficie di circa 9 kmq. L’attuale forma e superficie è dovuta all'opera del mare nell’oltre milione di anni dalla sua emersione, le acque hanno infatti reso l’isola praticamente pianeggiante salvo tre alture di cui la più alta è il monte Guardia di Mezzo 248 metri. L’isola appare molto ospitale grazie alla presenza di boschi, pascoli e fertili pianure e così sembrò ai primi colonizzatori circa due secoli a.C., i quali, grazie al loro spirito di adattamento e intraprendenza, seppero superare il problema dell’assenza di acqua dolce. Sull’isola esiste una sola sorgente di acqua potabile chiamata la “Grotta dell’acqua” o “Stizzana”, un sistema di gorghi anticamente naturali, successivamente ampliati dall’uomo, permettono la raccolta di acqua piovana utilizzata per l’abbeveraggio del bestiame e irrigazione dei campi tra questi Gorgo Maltese e Gorgo Caezza che con i suoi 3 metri di profondità riesce a contenere oltre 1000 metri cubi di acqua. Oggi il problema dell’assenza d’acqua è stato risolto con dissalatori e navi cisterna che riforniscono l’isola. Grazie a scavi intrapresi da padre Carmelo Seminara e dall’archeologo Giovanni Mannino si ha la certezza che già tra il 1400 e il 1200 a.C. ai Faraglioni esistesse un villaggio di notevoli dimensioni con una struttura urbana organizzata, altri villaggi sono stati rinvenuti sull’isola ad esempio quello della Falconiera che domina Cala S. Maria. Durante la sua lunga storia l’isola vide lo sbarco di Fenici, Greci, Cartaginesi, Romani e Saraceni che la utilizzarono come base per le loro scorrerie. Nel 1763, sotto la dominazione Borbonica, cominciò una campagna di ripopolamento che attirò sull'isola ben 85 nuove famiglie. I nuovi arrivati grazie alle terre di cui erano divenuti proprietari trasformarono Ustica in una specie di grande fattoria dove venivano coltivati frumento, orzo, legumi, fichi d’india e cenere soda. Solo intorno agli anni 60 Ustica si aprì al turismo divenuta oggi l’attività principale.
Se non disponete di una bara a vela o di un cabinato l’unico modo per giungere sull’isola è tramite gli aliscafi o le navi delle compagnie di navigazione Ustica Lines o Siremar (cerca il miglior prezzo). Le imbarcazioni partono dal porto di Palermo, in estate anche da Napoli, e giungono a destinazione dopo un ora e mezza di navigazione. Vista la situazione delle biglietterie vi consigliamo di munirvi di biglietto prima della data di partenza.
L’aeroporto di Palermo è ben collegato dalla ferrovia e da un servizio di autobus che partono ogni 30 minuti dal terminal. Sia che decidiate di prendere l’autobus o il treno vi suggeriamo di scendere alla Stazione Ferroviaria Centrale e prendere l’autobus n^ 139 fino al molo Piave. L’alternativa all’autobus o al treno può essere il taxi dall’aeroporto al molo i costi però salgono notevolmente.
Ustica è molto ben collegata da un servizio di Minibus che girano tutta l’isola fermandosi nelle varie spiagge e nei vari luoghi di interesse. Nel mese di agosto in alcuni orari sono un pò sovraffollati l’alternativa è noleggiare degli scooter o delle biciclette elettriche. Per il servizio di minibus è possibile effettuare un abbonamento settimanale direttamente in comune oppure comperare singoli biglietti all’edicola o nelle tabaccherie.
Viste le dimensioni, la capacità ricettiva dell’isola non è molto elevata, se decidete di passare le vacanze a Ustica vi suggeriamo quindi di prenotare con largo anticipo. L’isola dispose di alberghi, case-vacanze, B&B e residence ma non dispone di villaggi turistici o campeggi. Vi consigliamo di scegliere il vostro luogo di soggiorno vicino al paese di Ustica. In genere sia i ristoranti che le gastronomie non hanno prezzi eccessivamente elevati e la qualità del cibo, soprattutto il pescato, è molto elevata. Di seguito un link dove potrete trovare varie tipologie di sistemazione.
Sull'isola la parola “noia” è bandita, infatti nonostante le ridotte dimensioni del territorio Ustica offre una notevole quantità di cose da fare. Si parte al mattino con una colazione a base di brioche farcita con gelato e cappuccino da consumarsi nella piazza principale per spostarsi in una delle varie spiagge oppure partire per una gita in barca o per un’immersione. Nel tardo pomeriggio le vie del paese si animano di turisti che passeggiano, fanno shopping oppure si rilassano davanti ad un aperitivo in uno dei tanti locali, diversi sono i ristoranti dove gustare ottime cene per poi concludere la serata in qualche pub o nella discoteca dell’isola. Per gli amanti degli sport acquatici è possibile praticare snorkeling, immersioni o fare gite in barca. Il mare intorno ad Ustica grazie alla limpidezza delle acque, alla bellezza dei fondali e alla rarità dei pesci che lo popolano è considerato un paradiso per sub. Nei fondali è anche possibile ammirare una quantità di reperti archeologici come vasellame, ancore, e altri tesori. Per i subacquei esperti è possibile inoltrarsi in grotte e raggiungere cavità sotterranee. Nella zona dell’area marina protetta, accompagnati da guide, è possibile effettuare snorkeling e ammirare da vicino cernie brune, occhiate, cefali e murene. Munendovi di un’imbarcazione potrete visitare le numerose grotte dalle mille sfumature di colori dove il silenzio è interrotto solo dal fruscio delle onde del mare. Numerose sono le spiagge da quelle per famiglie facilmente raggiungibili, dove la balneazione è facile e sicura anche per i meno esperti, come la spiaggia del Faro, Cala Santa Maria Cala Sidoti o Cala Spalmatori a quelle adatte a nuotatori più esperti o amanti dei tuffi come Molo Alto, Anfiteatro, Scogli Piatti e Punta Spalmatore. Se invece volete godervi una giornata di mare in assoluta intimità vi consigliamo gli Scoglitti, la piscina naturale di Punta Cavazzi, Cala San Paolo, Cala Patricuono e Corruggio
Il sentiero di Mezzogiorno: parte dalla Torre Santa Maria e attraverso una mulattiera arriva al faro di Punta Gavazzi passando per il Mulino a Vento, Cala San Paolo e giunge a Punta Galera dopo aver superato un tratto di folta vegetazione tipica del mediterraneo. Passata punta dell’Arpa il sentiero si fa sempre più ricco di vegetazione e incerto fino a giungere alla piscina naturale “Azzuffa”
Il sentiero del boschetto: questo sentiero era anticamente utilizzato dai carbonari che sbarcavano saltuariamente sull’isola per sfruttarne le risorse. Si parte dalla piazzetta antistante la chiesa di Santa Maria e si raggiungono le due colline Guardia Grande e Guardia del Turco, il sentiero si sviluppa attraverso la riserva naturale terrestre tra panorami mozzafiato e i profumi della macchia mediterranea.
Il sentiero della costa del nord: partendo da piazza del municipio prende via Petriera in direzione Tramontana offrendo notevoli panorami sulla costa nord come lo strapiombo di Cala Giaconi. Proseguendo si incontra lo scoglio del Sacramento e il secondo approdo dell'isola costruito per permettere l’ancoraggio alle barche quando soffiano i venti da sud. Passato Gorgo Maltese si raggiunge il Villaggio dei Faraglioni, sito archeologico considerato tra i più importanti dell’età del bronzo, superato il villaggio parecchi viottoli portano a calette o punti di balneazione come quelle del Carruggio o le Tre Pietre. Passando oltre si giunge al Gorgo Salato che deve il suo nome all’abbondanza di salsedine portata dal mare ove vivono gli ultimi rospi dell’isola e varie specie di uccelli migratori.
Da non perdere una visita alla rocca della Falconiera con il suo meraviglioso panorama sul mare e il sito archeologico di epoca romana.
La cucina della tradizione usticese si basa prevalentemente su prodotti locali frutto della coltivazione della terra come le lenticchie, i fichi d’india, i capperi, oppure frutto della pesca come i polpi, le cernie, le aragoste, le triglie, i gamberi, grazie ai quali si cucinano zuppe, fritti o condimenti per la pasta. Non si può passare per Ustica senza assaggiare la famosa “Zuppa di Lenticchie” piatto forte dell’antica tradizione contadina a base ovviamente delle tenere lenticchie di Ustica, pomodoro, olio, basilico, zucchine (o altre verdure) e pane raffermo o abbrustolito. Notevole è la varietà di piatti a base di pesce appena pescato come la zuppa, i polpi affogati, i totani con patate e pomodori oppure ripieni, le aragoste usate come condimento per la pasta assieme al pomodoro oppure da sole cotte alla brace o sbollentate. Da assaggiare la Pizza Fritta, i dolci a base di miele, mosto d’uva e i biscotti alle lenticchie. Tra i vini vi suggeriamo di assaporare lo zibibbo secco, il moscato passito coltivato a Punta Spalmatore e l’Albanella.
Le principali feste isolane sono legate alla tradizione popolana e alla religiosità degli abitanti. Sicuramente la festa principale è quella dedicata a San Bartolomeo, protettore dell’isola, che si celebra il 24 agosto di ogni anno. Per l’occasione vengono organizzati fuochi d’artificio, giochi e la tradizionale processione con la statua del Santo. Un’altra festa molto sentita è quella di San Giuseppe ove anticamente le famiglie ricche preparavano prelibati pranzi per le famiglie povere, ora invece vengono scelti tre personaggi che rappresentano Giuseppe Maria e Gesù ai quali viene offerto un sontuoso banchetto. La festa che maggiormente stupisce i visitatori è però il matrimonio che riesce a coinvolgere tutti gli abitanti dell’isola in un evento che parte al mattino per protrarsi fino a tarda sera. Il motivo di questo coinvolgimento popolare è dato dall’esiguo numero di abitanti tutti legati tra di loro da vincoli di parentela.
La città che dà il nome ai famosi “Baci” ha sicuramente origini Umbre ma, è durante il periodo Etrusco che acquisisce notevole sviluppo divenendo una delle 12 città della confederazione. Testimonianza dell’importanza acquisita in epoca Etrusca sono le mura di cinta tuttora visibili e alcune delle 7 porte. Durante il periodo romano venne assoggettata a Roma, fino alla caduta dell’impero quando subirà le dominazioni dei Bizantini, dei Goti e dei Longobardi. Tra XI e il XII secolo la città divenne un Libero comune godendo di un periodo di grande floridezza. Durante il 1400 venne dominata dalla famiglia Baglioni, per essere successivamente annessa allo stato pontificio. Per visitare il centro storico della città si consiglia di lasciare i mezzi nei parcheggi periferici (Piena di Massiano e Fontivegge) e utilizzare il minimetro (Vai al Sito), le scale mobili e gli ascensori. Da non perdere una passeggiata in corso Vannucci considerata la via dello struscio. La Card Perugia Città Museo dà la possibilità di entrare a prezzi ridotti in vari musei.
La piazza che sorge ove una volta era il Foro Romano è da sempre il centro della vita culturale e religiosa della città, su di essa si affacciano il Palazzo dei Priori e la Cattedrale mentre al centro è ornata dalla magnifica Fontana Maggiore opera di Nicola e Giovanni Pisano. La fontana venne realizzata con lo scopo di rifornire la città dell’acqua proveniente dal monte Pisano; si compone di due vasche poligonali sovrapposte a loro volta sormontate da una coppa bronzea. La vasca inferiore è ornata da formelle rappresentanti i segni dello zodiaco, mentre quella superiore è ornata da 24 statuette rappresentanti santi, figure mitologiche e allegoriche.
La cattedrale edificata a più riprese e mai ultimata venne cominciata intorno alla fine del 900 e consacrata solamente nel 1569. Sul fianco sinistro, parzialmente rivestito da marmo bianco e rosa, troviamo il pulpito dal quale predicò Bernardino da Siena. La facciata è ornata da un bel portale opera di Pietro Carattoli, mentre l’interno a tre navate divise da colonne ottagonali è rivestito di stucchi del ’700. Dalla sagrestia si accede ai chiostri della canonica dove si tennero alcuni conclavi.
Allestito all'interno della canonica ospita dipinti di notevole pregio, paramenti sacri, oreficerie e sculture. Dal museo con una visita guidata si può accedere all’ area archeologia sotterranea su di un percorso che si snoda per circa 1 km.
Il Palazzo che si affaccia su Piazza IV Novembre e su via Vannucci venne edificato tra la fine del 1200 e il 1443, le varie fasi costruttive sono evidenti nella facciata. Il palazzo è ornato da merli mentre al piano superiore è ingentilito da belle trifore gotiche. Dalla facciata sulla piazza, tramite un portale sormontato da un Grifo e da un Leone, si accede alla splendida sala dei Notari ornata da affreschi rappresentanti leggende, favole e stemmi con 8 archi che sostengono il soffitto (orari 9-13 e 15-19 con ingresso libero). Il palazzo è sede del Comune e della Galleria Nazionale dell’Umbria. La Galleria che dal 2002 occupa una superficie di circa 4.000 mq ospita dipinti del Perugino, del Pinturicchio, di Duccio di Buoninsegna e del Beato Angelico oltre che una sala dei Tessuti e la sala del Tesoro.
Occupa parte del piano terra del Palazzo dei Priori. Entrando dal portale a sinistra si entra nella sala delle udienze della corporazione rivestita da pannelli di legno intagliati.
Il collegio sito all'interno del Palazzo dei Priori, fu la sede della corporazione dei Cambiavalute. Tramite un portale in legno intarsiato si accede al collegio nel quale è visibile la sala delle Udienze con affreschi del Perugino.
Il museo ha sede nel Complesso Architettonico di San Domenico. Il complesso è stato edificato nel 1233 con la fondazione dell’ordine Domenicano. Il museo si dispone intorno al Chiostro Grande ornato da un doppio loggiato e si compone al primo piano di una sezione etrusco-romana disposta nelle ex celle dei monaci intorno al seicentesco loggiato, di una sezione con reperti preistorici e paleontologici derivanti dalla collezione Bellucci. Al piano superiore troviamo reperti appartenenti all’età del Bronzo e del Ferro. Notevole la collezione di amuleti e strumenti magico-religiosi in parte provenienti dalla collezione Bellucci. In un ambiente sotterraneo troviamo la ricostruzione della tomba di Cai-Cutu.
La piazza si trova alla fine di via dei priori. Su di essa si affacciano la Chiesa di San Francesco al Prato con l’attiguo oratorio di San Bernardino e l’Accademia delle belle Arti. La chiesa che dispone di una bellissima facciata sin dalla sua edificazione ha avuto notevoli problemi di stabilità non risolti dai diversi interventi che si sono succeduti al punto che attualmente non dispone della volta crollata. L’interno a singola navata è accessibile solamente in occasione di manifestazioni. Dalla piazza si accede a caratteristici viottoli.
Eretto intorno alla fine del ‘400 è ornato da un portale con due Grifi Perugini, il primo piano è ornato da bifore, dalla loggia del Palazzo i banditori leggevano gli editti e le ordinanze. Oggi è sede del tribunale.
La chiesa costruita in diverse fasi e mai terminata ospita assieme a vari edifici della Canonica il museo Capitolare. Il museo ospita oreficerie, sculture, paramenti sacri e dipinti di notevole pregio. Dai sotterranei della cattedrale è possibile accedere all’Area Archeologica degli Scavi di San Lorenzo, percorso guidato alla scoperta dei resti della città nelle varie fasi storiche: etrusca, romanica, medioevale. La visita avviene solo su prenotazione e dura circa 45 minuti.
La chiesa, eretta verso la fine dell’anno 1000 sui resti di un preesistente tempio paleocristiano, è inglobata nell'adiacente monastero ora di proprietà della facoltà di Agraria. Si entra alla basilica tramite un ricco portale che si apre all'interno del chiostro. L’interno, a tre navate divise da 18 colonne, custodisce una tale quantità di opere d’arte da essere quasi considerato un museo, da notare le tele con scene di vita di Gesù e del Vecchio e Nuovo Testamento e “La Pietà” del Perugino. All'interno del Monastero troviamo un chiostro maggiore in stile rinascimentale e un chiostro minore o delle Stelle è inoltre presente un orto botanico medioevale e i resti di antiche peschiere.
Strada con eleganti palazzi, edifici religiosi, negozietti, laboratori d’arte dalla quale si diramano caratteristici viottoli medioevali
Numerose sono le porte che si aprono sulle mura di cinta della città Porta Marzia, Arco Etrusco, Porta Sant’Angelo, Porta San Pietro
E’ il primo edificio religioso costruito a Perugia oltre ad essere una delle prime chiese paleocristiane d’Italia.
La chiesa di San Michele Arcangelo sorge all’interno del rione Porta Sant’Angelo nel tratto terminale di corso Garibaldi.
L’aspetto attuale del luogo, inglobato all’interno della cinta muraria, non permette di capire il significato che il tempio rivestì per secoli; collocato in un’altura, fuori città, era l’unico edificio ove poter praticare il culto cristiano in una città ancora dominata da cultura pagana.
Paragonabile alle chiese romane di Santa Costanza e Santo Stefano Rotondo, ha pianta circolare.
Una volta in centro si può raggiungere la chiesa di San Michele Arcangelo percorrendo a piedi il corso Garibaldi o lasciando l’auto in prossimità del cassero che ospita il Museo delle Porte e delle Mura urbiche.
Luogo dedicato ai golosi e agli amanti del cioccolato che in questo luogo, unico al mondo, potranno intraprendere un percorso attraverso immagini, curiosità, confezioni e filmati attraverso un secolo di arte cioccolatiera italiana. Con la visita allo Storico Museo si potranno scoprire le varie tecniche di lavorazione che vanno dalla materia prima, alla lavorazione, fino alla degustazione del prodotto finito. Il percorso prosegue con la visita alla fabbrica e alla scuola del cioccolato dove vi sarà possibile cimentarvi nella creazione di un piccolo capolavoro di bontà. Alla fine del tour è possibile acquestare qualche prelibattezza all'interno del Gift Shop
La città, che dal 2000 è stata dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO, è di origini molto antiche, i primi insediamenti risalgono al'’età del bronzo. In epoca romana fu un fiorente municipio, ne sono testimonianza il tempio dedicato a Minerva, il teatro, le cisterne e alcune Domus. Con la caduta dell’impero Romano la città venne prima dominata dai Goti, poi dai Longobardi. Nel medioevo divenne comune indipendente per poi entrare a far parte dello stato della chiesa. Nel 1182 nacque nella città San Francesco facendola divenire uno dei punti di riferimento della cristianità. Nel 1997 venne colpita da un violento terremoto che danneggiò parecchi edifici.
La città è unica, ricca di un fascino particolare, dato non soltanto dai monumenti peraltro imperdibili, ma anche dall’atmosfera che la storia e la fede per San Francesco hanno contribuito a rendere speciale.
Posta su di un terrazzamento, la piazza è da sempre il centro della vita cittadina, di forme rettangolari, è ornata da una bella fontana con tre leoni del 1500. Sulla piazza si affacciano: il palazzo delle poste, il palazzo del Capitano del Popolo, la torre del Popolo, il Palazzo dei Priori.
Il palazzo che accorpa in sé tre precedenti strutture venne edificato intorno al 1275. Nel 1442 venne quasi completamente distrutto e, dopo parecchi anni riedificato su volere di Sisto IV per adibirlo a residenza del Governatore Apostolico. Dopo imponenti restauri avvenuti agli inizi del ‘900 ora ospita gli uffici del comune e di accoglienza turistica. Da notare le statue in bronzo tra le più antiche esistenti e il passaggio con volta a botte chiamato “la Pinta”.
Il tempio di origini romane venne edificato intorno al I secolo A.C., originali e in ottimo stato di conservazione sono le sei colonne della facciata, i capitelli corinzi e i plinti collocati sulla scala. Nel periodo medioevale venne utilizzata come abitazione dei monaci benedettini, successivamente come tribunale e carcere: ne è testimonianza un dipinto di Giotto nella basilica di San Francesco. Nel 1539 venne trasformata nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva.
Il Duomo, dedicato al patrono San Rufino, fu edificato probabilmente nell’VIII secolo. Riedificato una prima volta nel 1036 e una seconda volta nel 1140 su progetto di Giovanni Gubbio, nel 1253 venne consacrato da Innocenzo IV. La facciata si presenta austera, splendido esempio del romanico umbro, nella quale si aprono tre rosoni e tre portali; la parte superiore, a forma di triangolo, presenta un arco a sesto acuto, postumo, che doveva servire a supporto di un fregio che non venne mai messo in opera. Maestoso è il campanile che affianca la cattedrale anch’esso in stile romanico. L’interno della basilica a tre navate subì in epoca rinascimentale parecchi rifacimenti ad opera di Galeazzo Alessi, originale è il fonte battesimale posto nella navata destra ove la tradizione vuole siano stati battezzati San Francesco, Santa Chiara e Federico II di Svevia. Dalla Sacrestia si accede all’oratorio di San Francesco, luogo sotterraneo dove si pensa che il Santo pregasse prima di parlare al popolo. Nel vicino palazzo ha sede il museo Diocesano con importanti opere.
Posta in cima al colle dal quale si gode di un magnifico panorama sulla città e sulla valle, venne probabilmente edificata una prima volta in epoca Longobarda. Riedificata nel 1174, ospitò Federico Barbarossa e Federico II di Svevia in giovane età; distrutta in seguito ad una sollevazione popolare venne riedificata nel 1356 dal cardinale Albornoz rispettando il progetto originario. Successivamente il Torrione venne unito alla rocca tramite un camminamento il torrione.
Costruita in pietra calcarea rosa e bianca, tra il 1257 e il 1265 nell'area ove sorgeva la Chiesa di San Giorgio, con annessi un ospedale ed una scuola di proprietà del capitolo della Cattedrale di San Rufino, frequentata anche da san Francesco quando era bambino. I resti delle strutture preesistenti sono visibili nella cripta della basilica.
La chiesa in stile gotico dispone di una facciata a capanna con un portale sormontato da uno splendido rosone, ai lati tre archi rampanti di sostegno, dei quali quelli posti sul lato destro sono inglobati nel monastero mentre quelli del lato sinistro si ergono sulla piazza. L’interno a singola navata, è ornato da affreschi del ’200 e del ‘300.
In una cappella laterale è visibile il Crocifisso originale che secondo la tradizione parlò a San Francesco e una teca trasparente dove è custodito l’intatto corpo della Santa.
La piazza del Vescovado è sita appena fuori la prima cinta muraria.
La piazza, su cui si affaccia la Chiesa Di Santa Maria Maggiore e molti altri edifici in stile rinascimentale prende il nome dal fatto che fin dal 963 (e forse anche prima) c'è la sede della curia Vescovile.
In questa piazza San Francesco rinunciò pubblicamente davanti al Vescovo Guido ai beni paterni e qui si fece riportare poco prima della morte avvenuta poi presso la Porziuncola (oggi contenuta nella basilica di Santa Maria degli Angeli).
La costruzione della basilica iniziò due anni dopo la morte di San Francesco, avvenuta il 3 Ottobre del 1226, nel luogo in cui egli stesso chiese di essere sepolto. I lavori di costruzione avvennero sotto la sovrintendenza di Frate Elia, successore di Francesco. La basilica di San Francesco è in realtà strutturata in due basiliche sovrapposte quella Inferiore e quella Superiore. La basilica inferiore doveva assolvere un ruolo commemorativo e ospitare le spoglie del Santo mentre la basilica Superiore doveva assolvere il ruolo di luogo di preghiera. Alle decorazioni interne di entrambe le chiese si sono dedicati i migliori artisti del tempo: Giotto, Cimabue, Lorenzetti, Jacopo Torriti, entrando non si può che rimanere estasiati dalla bellezza e dalla ricchezza degli affreschi che ricoprono le mura e i soffitti. La basilica superiore dispone di una facciata gotica a capanna con un portale sormontato da un magnifico rosone, da notare il campanile laterale in forma quadrangolare ornato da trifore e bifore. La basilica inferiore, che si affaccia su di una piazza ornata da un loggiato , è preceduta da un piccolo atrio rinascimentale e vi si accede tramite uno splendido portale. L’interno a unica navata suddivisa in cinque campate conserva magnifici affreschi sulla vita di Cristo e sulle storie del Santo. Nella cripta venne scoperto il corpo del San Francesco protetto da tre lastre di Travertino. Attualmente le spoglie del Santo sono custodite sull’altare assieme ai suoi più fidati collaboratori (Leone, Masseo, Rufino e Angelo).
Fondata dalla comunità benedettina intorno al 1200 venne consacrata nel 1253 da Innocenzo IV. La basilica dispone di una facciata in pietra rosa del Subasio ornata da tre portali sovrastati da altrettanti rosoni. L’interno a tre navate divise da pilastri conserva affreschi del ‘200 e monumenti funebri del XIV secolo. Da notare la cupola formata da 31 scalini concentrici, nell’altare maggiore sono conservate le spoglie del primo vescovo di Assisi.
Si tratta della via medioevale che collega piazza del Comune con la basilica di San Francesco, su di essa si affacciano abitazioni in stile gotico, palazzi nobiliari, case in pietra e negozi di souvenir. Da notare: la loggia dei Maestri, Palazzo Giacobetti, l’oratorio dei Pellegrini, il portico del Palazzo Frumentario.
Il Santuario nasce sul luogo in cui si trovava la casa paterna di san Francesco. I religiosi vi iniziarono la vita comune e l’ufficiatura della chiesa nel 1621. La chiesa è dedicata alla conversione del Poverello di Assisi (S. Franciscus conversus): infatti in essa si trova il sottoscala nel quale Pietro di Bernardone avrebbe rinchiuso il figlio dopo la fuga a Foligno per vendere stoffe e riparare con il ricavato la chiesa di san Damiano. È possibile visitare anche il fondaco dove il giovane Francesco si impegnava con il padre nell’esercizio della mercanzia. Le finestre sono impreziosite con vetri istoriati realizzati dal frate minore p. Alberto Farina (1975).
Sulla piazzetta antistante la Chiesa, sono state collocate due statue dello scultore Joppolo che raffigurano i genitori di san Francesco, il cui ricordo viene celebrato la seconda domenica di settembre di ogni anno, con la "Festa della famiglia di Francesco".
Nel convento di Chiesa Nuova è stata collocata una importante Biblioteca Storico-Francescana che raccoglie numerosi manoscritti (codici miniati, bolle papali, cronache), incunaboli e cinquecentine. Ospita pure un piccolo Museo di oggetti francescani sitemato in quella che fu l'abitazione del pittore assisano Tiberio Diotallevi (1470-1524).
La Fraternità che vi abita affianca al servizio pastorale e culturale e di accoglienza in Santuario, il servizio di cappellania per le sorelle Clarisse del Monastero di S. Quirico.
La basilica posta 4 km fuori le mura di Assisi venne costruita verso la fine del 1500 dispone di una slanciata cupola alta 79 metri sulla quale è posata una statua della Madonna. Si tratta di uno dei luoghi più suggestivi della zona, dove secondo la tradizione, nell’attuale roseto, al tempo pieno di rovi, vi si rotolò nudo San Francesco colto da rimorsi e dubbi, al contatto con il Santo però i rovi si trasformarono in rose senza spine dando origine alla “Rosa Canina Assisiensis” che ancora oggi cresce e fiorisce nel giardino. L’interno della chiesa a tre navate conserva numerosi tesori tra i quali la Cappella della Porziuncola dove dimorò intorno al 1200 San Francesco, la Cappella del Transito dove il Santo morì e la Cappella del Roseto. All’interno della basilica è allestito il Museo della Porziuncola che conserva oggetti di arte sacra.
La chiesa quasi insignificante dal punto di vista architettonico riveste un ruolo chiave dal punto di vista storico-religioso. La storia vuole infatti che in questa chiesa San Francesco ebbe la conferma della sua vocazione grazie al Crocifisso che gli rivolse la celebre frase “Vai e ripara la mia chiesa che sta crollando” e, sempre in questo luogo Francesco scrisse il Cantico delle Creature. Nella chiesa visse per un lungo periodo Santa Chiara fondando l’ordine delle Clarisse, qui compì alcuni dei suoi miracoli. All’interno della chiesa sono tuttora visibili affreschi trecenteschi e una copia del famoso crocifisso mentre nel santuario è visibile il chiostro, il refettorio e il giardino dove la santa coltivava i suoi fiori.
La visita all’eremo è resa molto suggestiva dalla quiete e dallo splendido panorama sulla valle. In questo luogo San Francesco e i suoi discepoli si “carceravano” per pregare in assoluta solitudine e silenzio rotto solo dal cinguettio degli uccelli e dal fruscio delle foglie mosse dal vento. Nel XV secolo Bernardino da Siena vi costruì il convento dal quale attraverso una scalinata si accede alla Grotta di San Francesco dove il Santo si ritirava per riposare e meditare.
Annoverata tra i borghi più belli d’Italia, la città è posta ai piedi del monte Subasio. Grazie alla sua posizione e al terreno molto fertile svariati sono i prodotti dell’agricoltura primo fra tutti l’Olio, noto in tutta Italia per le sue proprietà, viene chiamato anche “Oro di Spello”. Periodicamente vengono organizzati mercati e fiere in onore di tale olio e dei suoi derivati, come ad esempio le creme di bellezza e i saponi. Diversi sono i frantoi dove è possibile acquistare il famoso Olio. La città fondata dagli umbri venne conquistata dai romani, divenendo una fiorente colonia grazie anche alla sua posizione sulla via Flaminia. A testimonianza della sua ricchezza in epoca romana sono le possenti mura, le porte augustee, l’anfiteatro e le terme. Con la caduta dell’impero Spello venne invasa e saccheggiata dai barbari che la ridussero ad una borgata, successivamente entrò a far parte del ducato di Spoleto, per essere dominata nel XIV secolo dai Baglioni di Perugia, nel 1538 venne annessa allo stato della Chiesa per entrare nel 1860 a far parte del Regno d’Italia.
Camper: il comune dispone di un'area di sosta camper presso il parcheggio degli impianti sportivi, in Via Centrale Umbra in località Osteriaccia. L'area dispone di 70 posti e dista all'incirca 700 metri dal centro cittadino.
Fondata tra l’XI e il XII secolo sui resti di un tempio pagano dedicato a Giunone dispone di una facciata romanica con annesso campanile. Di notevole pregio la Cappella Baglioni custodita all’interno della chiesa con un ciclo di affreschi attribuiti a Pinturicchio e pavimenti in maioliche di Deruta
Vero e proprio gioiello dell’Umbria vi si accede tramite la Porta Consolare affiancata da una Torre Medioevale sovrastata da una pianta d’Ulivo simbolo della città e di pace; da qui un susseguirsi di case in pietra rosa e bianca, balconi fioriti, scalette, loggiati e gli archi che rendono il borgo unico e indimenticabile. Da notare la Cappella Tega con affreschi dell’Alunno.
Pinacoteca civica: la pinacoteca trova sede nel palazzo dei Canonici che si affaccia su piazza Matteotti. Nelle sale medioevali è presente una selezione di opere provenienti dal Museo Civico chiuso per lavori in seguito al sisma del 1997. All’interno della pinacoteca sono esposte opere di oreficeria gotica e barocca, sculture lignee di epoca medioevale e dipinti tra i quali spicca la Madonna con Bambino di Pinturicchio
A forma quadrata la piazza è ornata da alberi e da una fontana riportante lo stemma di papa Giulio III. Sulla piazza si affaccia il Palazzo Comunale Vecchio che ospita al pian terreno una mostra di reperti romani, mentre al piano superiore una mostra con opere di Emilio Greco. Di notevole pregio i mobili della biblioteca ospitata dal palazzo.
La villa conosciuta anche con il nome di Villa Fidelia sorge sullo spazio precedentemente occupato dal tempio dedicato a Venere e dalle Terme. Costruita intorno al 500 dalla famiglia Urbani attualmente ospita la collezione Straka Coppa con opere di arte moderna e classica tra le quali Guttuso, Ligabue, Tiziano. Di notevole interesse la sistemazione dei giardini esterni che comprendono un giardino vesuviano, un giardino all’italiana, un galoppatoio, una limonaria e un boschetto di cipressi.
Di origine augustee la porta è affiancata da due torri romaniche conosciute con il nome di torri di Propezio. La porta deve il suo nome ad un vicino tempio romano dedicato alla dea.
Di origini cinquecentesche conserva al suo interno dipinti di notevole pregio
Considerata tra i borghi più belli d’Italia, soprattutto grazie alla sua piazza, la città sorge su di una piccola altura lungo la via Flaminia. Di origini molto antiche, fu molto apprezzata in epoca romana tanto che molti personaggi illustri vi fecero costruire le proprie ville. Nella città fin dall’epoca romana è molto fiorente la coltura della canapa usata per la fabbricazione delle tele “tele di Bavagna” e di cesti.
Considerata una delle piazze più belle d’Italia nonostante la sua irregolarità e le differenze di stilistiche che la compongono. Sulla piazza si affacciano Palazzo Dei Consoli ornato da un loggiato con volte a crociera e al piano superiore una serie di bifore gotiche, ospita al suo interno il Teatro Francesco Torti; la Basilica di San Silvestro costruita su progetto del maestro Binello con una facciata incompiuta in stile romanico abbellita da una trifora in marmo e da un bel portale ornato da fregi; la Collegiata di San Michele Arcangelo costruita tra il XII e il XIII secolo dispone di un magnifico portale ornato da capitelli e fregi; al centro della piazza sorge la fontana in stile medioevale.
Di origini romane la cinta è ricca di torri e bastioni, le porte, tra queste porta Foligno, permettono l’accesso al cuore della città con le sue viuzze e le sue tipiche botteghe.
Chiesa della Consolazione: costruita agli inizi del 1700 custodisce al suo interno la statua lignea di Cristo Risorto che viene portata in processione ogni anno in occasione della Pasqua.
Chiesa di San Francesco: costruita alla fine del 1200 conserva al suo interno la pietra sulla quale la leggenda vuole che il Santo abbia posato i piedi quando predicò agli uccelli a Pian d’Arca
Ora sede del comune, è stato ricostruito nell’800 su progetto di Andrea Vinci, al suo interno è ospitato il Museo Civico con dipinti cartografie e documenti che illustrano la storia della città.
Appena fuori Bevagna nella tenuta Castelbuono è stata costruita, unica nel suo genere, da Arnaldo Pomodoro una cantina-scultura all’ interno della quale si lavora e si creano grandi vini come il Sagrantino. La scultura in rame, si ispira alle forme di una tartaruga e si inserisce egregiamente all’ interno del paesaggio viticolo dell’area. All’interno della struttura è possibile degustare e acquistare vini. Vai al Sito
Annoverato tra i borghi più belli d’Italia, la città stupisce i viaggiatori (tra i quali il Leopardi) per la forma concentrica delle sue vie tanto da aggiudicarsi l’appellativo di “Città chiocciola”. Di origini romane, entrò a far parte del ducato di Spoleto, per entrare nel XVI secolo a far parte dello stato pontifico. Arroccata in cima ad un colle conserva intatto il suo fascino antico fatto di strade di ciottoli, case in pietra, e bei panorami sulla pianura sottostante coltivata a ulivi e vigneti. La città è famosa anche per la coltivazione del sedano nero con il quale si preparano ottimi piatti.
La chiesa eretta tra il XII e il XIII secolo venne riedificata nel 1865. Si tratta sicuramente di uno degli edifici più antichi della città, la facciata in stile romanico racchiude un interno a tre navate che terminano in altrettante absidi. La navata centrale ospita l’altare del Sacramento decorato da Rocco di Tommaso.
Il complesso si compone della chiesa di San Francesco che venne edificata nel 1288 ma rielaborata nella metà del 1300 e del convento dei Frati Minori. La chiesa, che ha un interno a navata unica con volte a crociera venne abbandonata e trasformata in granaio per un lungo periodo, restaurata, è entrata a far parte del complesso museale. Conserva al suo interno un organo a muro del 1500 tra i più antichi al mondo oltre che affreschi che vanno dal XIV al XVI secolo. Il convento costruito nel XIII secolo è stato quasi completamente ricostruito nel 1600 dopo una serie di restauri dal 1996 è parte del complesso museale ed ospita la raccolta d’Arte di San Francesco e il museo della Civiltà dell’Ulivo. La raccolta d’Arte di San Francesco è divisa in due sezioni: una detta “Antiquarium” con reperti di varie epoche e una pinacoteca divisa in tre sale con opere di artisti come il Corraduccio, il Pinturicchio, l’Alunno. Il Museo dell’ulivo è stato il primo nel suo genere sia in Italia che in Europa
E' il cuore pulsante della città sulla quale si affaccia il palazzo del Comune, attraverso un sottopassaggio si raggiunge la torre del Comune costruita nel XIII secolo.
Si tratta di un’elegante abitazione costruita nel 1500 e conosciuta anche con il nome di villa dei Boemi, attualmente utilizzata per eventi e manifestazioni, dispone di un magnifico giardino disposto su tre livelli.
Edificata intorno alla fine 1400 custodisce all’interno affreschi di pregio.
La città, dichiarata patrimonio dell’Umanità dall’ UNESCO il 25 giugno del 2011, ha origini molto antiche, i primi insediamenti risalgono infatti all’ età del bronzo. Florido comune in epoca romana, come testimoniano l’Arco Druso, il Teatro e la casa Romana pervenuti fino a noi, con la caduta dell’impero subì le dominazioni barbariche fino a divenire Ducato durante il periodo Longobardo. Devastata da Federico Barbarossa nella metà del 1100 entrò a far parte dei domini della chiesa.
La piazza sorge su di un terrazzamento artificiale di epoca romana. Su di essa si affacciano: Casa Fabricolosi, il sarcofago ornato da scene di caccia trasformato in fontana, la casa dell’opera del Duomo, il teatro Caio Melisso e la chiesa di Santa Maria della Manna d’oro oltre che il sontuoso Duomo. Il Duomo sorge su una preesistente chiesa intitolata a Santa Maria in Vescovado costruita tra VIII e il IX secolo. L’attuale edificio venne edificato a partire dal 1155 in seguito alle devastazioni operate da Federico Barbarossa. Nel corso dei secoli la chiesa subì numerosi rimaneggiamenti e abbellimenti sia all’interno che all’ esterno. Il Duomo è fiancheggiato da un campanile in stile romanico come la facciata, ornata da un bel portico in stile rinascimentale. Cinque rosoni di diverse dimensioni sormontano il portico e racchiudono un mosaico del 1207 in stile bizantineggiante. Attraverso un magnifico portale si accede all’ interno della chiesa a tre navate. Da notare il pavimento della navata centrale in stile cosmatesco, nelle navate laterali affreschi di Pinturicchio e Giovanni da Spoleto mentre il presbiterio è ornato da affreschi di Filippo Lippi. Nella canonica ha sede l’archivio Capitolare che custodisce pergamene e codici di notevole valore.
Il palazzo che sorge nell’omonima piazza venne edificato nel 1737 su progetto di Sebastiano Cipriani. All’interno ospita il Museo Carandente con dipinti e sculture di artisti contemporanei. Al piano nobile si possono ammirare affreschi e arredi del 700 oltre che dipinti del ‘700 e dell’800.
Sorto nel 300 come monastero benedettino domina sull’ adiacente teatro di origini romane. Adibito a carcere tra la fine dell’1800 e la metà del ‘900 attualmente ospita il Museo Archeologico Nazionale con reperti risalenti all’ età del bronzo e al periodo romano.
La casa, appartenuta molto probabilmente a Flavia Vespasia Polla madre di Vespasiano, venne scoperta nel 1885 da Giuseppe Sordini. Nella casa, che riflette lo stile architettonico delle case patrizie dell’epoca, sono ancora visibili mosaici e tracce di affreschi.
Il palazzo venne edificato intorno alla metà del 1600 su volere della nobile famiglia Mauri, di paricolare pregio sono gli affreschi che ornano le sale di rappresentanza attribuiti ad Alessandro Bottoni, Giuseppe Valeriani e Domenico Sergardi. Dopo lunghi lavori di recupero ora il palazzo ospita la biblioteca civica con un Fondo Antico, una Ludoteca e una sezione Multimediale oltre ad un caffè letterario ricavato dalla copertura del cortile interno. Attorno al Palazzo corre si snoda via Fiordespina Lauri, che attraverso vicolo delle Cantoncelle e viale Matteotti consente di ammirare alcuni degli scorci più suggestivi della città
Costruito nel I secolo D.C. in onore di Druso Minore e Germanico, l’arco immetteva direttamente nel Foro. Durante il periodo medioevale venne inglobato nelle abitazioni vicine.
La chiesa di Sant’Ansano è stata interamente ricostruita alla fine del ‘700 dall’architetto milanese Antonio Dotti. L’interno è a navata unica e conserva interessanti opere d’arte, tra le quali, un affresco di Giovanni di Pietro detto “Lo Spagna” rappresentante la Madonna col Bambino. Dalla chiesa si accede alla sottostante Cripta dedicata a Sant’Isacco, monaco siriano giunto a Spoleto nella prima metà del VI secolo e primo rappresentante del fenomeno eremitico sul Monteluco.
Posta al di fuori delle mura cittadine la chiesa venne consacrata nel 1234 da Gregorio IX. Nella chiesa pare avvenne un miracolo raccontato già da Gregorio Magno nel VI secolo. L’interno a tre navate conserva frammenti di affreschi del XIII secolo.
Edificata sul punto più alto della città nel 1359 su volere del cardinale Albornoz, che ne affidò i lavori a Matteo di Giovannello da Gubbio. La Rocca abbellita da fregi e affreschi ospitò parecchi personaggi illustri tra i quali Lucrezia Borgia. Trasformata in carcere mantenne quel ruolo fino al 1982 quando venne restaurata e trasformata in museo.
L’edificio, annoverato nel 2011 tra il Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO, è sorto tra il VII e VIII secolo. La facciata presenta tre portali finemente decorati da motivi floreali e sovrastati da ampie finestre. L’interno è a tre navate divise da colonne e conserva affreschi del XIII secolo. Inizialmente al luogo vennero attribuiti parecchi miracoli, solo in seguito si sono attribuiti alle caratteristiche dell’acqua che sgorga sul colle.
Posta fuori dal centro cittadino la chiesa dispone di una facciata considerata un capolavoro della scultura romanica umbra dove vengono rappresentate scene religiose e favole allegoriche riviste in chiave cristiana.
Il Ponte delle Torri, simbolo distintivo di Spoleto, è lungo 240 metri ed alto circa 90.
Non è certa la sua origine. secondo lo storico spoletino Carlo Bandini fu costruito, nella sua forma attuale, insieme alla Rocca, da Matteo di Giovannello detto “Il Gattapone”, partendo dai resti di un antico ponte, molto più piccolo, di origine romana.
Il suo nome deriva dalla presenza di due torri di avvistamento agli estremi.
Vi si giunge attraverso una lunga passeggiata panoramica intorno alla Rocca. Il ponte è interamente percorribile a piedi, collega il colle Sant’Elia, ove si trovano la Rocca e la città, e il Monteluco, ove giace il fortilizio dei Mulini e la Basilica di San Pietro.
Offre una veduta panoramica molto apprezzata, che impressionò sicuramente anche Wolfgang Goethe, scrittore e drammaturgo tedesco del Settecento, che dedicò una pagina del suo "Viaggio in Italia". La sua passeggiata per la città è commemorata da una targa posta proprio in prossimità del ponte.
Il santuario posto ad un’altezza di 773 metri è meta di pellegrini e turisti in quanto costituisce uno dei primi insediamenti francescani. Nel pozzo del convento si dice che il Santo fece sgorgare le prime acque. Nel convento è conservata la cappella dove San Francesco pregava, oltre che armadi e suppellettili del ‘700. Tutto intorno boschi di lecci, grotte e torrenti ne fanno un luogo di grande bellezza e spiritualità.
In seguito al sisma del 30 Ottobre 2016 che ha colpito la zona le informazioni contenute non sono più valide
A meno di 30 km da Norcia, all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, di fronte al Monte Vettore (2.476 m.) si apre uno dei più vasti altopiani dell’Italia Centrale. Sono i Piani di Castelluccio, posti ad una altezza di 1.452 metri sul livello del mare. Nel piccolissimo paese abitano soltanto 150 persone, raccolte attorno all'antico portale, unico testimone della fortificazione cinquecentesca che vi sorgeva. Della stessa epoca è la Chiesa di S. Maria Assunta, ornata da una bella scultura lignea della Madonna (1499), probabile opera di Giovanni Antonio Giordano, maestro scultore di Norcia. La zona è caratterizzata da un microclima favorevole alla coltivazione dei legumi e, in particolare, delle piccole e saporite lenticchie di montagna per le quali Castelluccio è famosa.
I Piani di Castelluccio (che nel 1972 sono stati anche set del film Fratello sole, sorella luna di Franco Zeffirelli, dedicato alla vita e alle opere di S. Francesco) sono famosi anche per la meravigliosa fioritura di viole, ranuncoli, genzianelle, papaveri, narcisi e asfodeli che, tra la fine di maggio ed i primi di luglio (dipende dalla stagione) sbocciano tutti insieme, creando un paesaggio fantastico che sostituisce per qualche settimana il tradizionale verde dei pascoli dell’altopiano, attirando turisti e fotografi da tutto il mondo.
Capoluogo della regione, Trento viene ricordata a livello internazionale per il “Concilio” che si svolse in città tra il 1545 e il 1563. Durante il concilio venne scritta la famosa controriforma alle dottrine calviniste e luterane che si stavano diffondendo nel territorio. Posta nella valle del fiume Adige la città ha sicuramente origini molto antiche, si sa per certo che nel I secolo a.C. fu sede di un accampamento romano mentre nel 40 d.C. divenne municipio. Durante il periodo Augusteo la città venne protetta da mura difensive con porte e torri, venne edificato un foro, un anfiteatro e anche un porto fluviale a dimostrazione della notevole importanza di cui godeva. Con la caduta dell’impero romano Trento venne dominata dai Goti, dai Longobardi, dai Franchi e dai Baiuvari fino a quando, nel 1027, Corrado II il Salico vi istituì il Principato Vescovile. A partire da questa data i religiosi divennero parte attiva nella vita amministrativa e culturale della città fecero erigere il Duomo, rafforzare le mura di cinta e intrapresero la costruzione del castello del Buonconsiglio. Durante il governo ecclesiastico Trento godette di un lungo periodo di sviluppo economico e culturale durante il quale vennero edificati palazzi signorili e monumenti che la resero un vero gioiello architettonico. L'espansione economica e culturale della città venne interrotta dall’arrivo di Napoleone e dalla successiva annessione al regno di Baviera e all’impero Asburgico. Solo agli inizi del ‘900 Trento e il trentino entrarono a far parte del Regno d’Italia. Da vedere:
La piazza costituisce da sempre il cuore religioso e amministrativo della città al punto da far nascere contese per il controllo della stessa. Al centro della piazza è posta la Fontana di Nettuno, edificata seguito ad una delibera cittadina del 1766 nella quale emergeva l’esigenza di dotarsi di acqua salubre. La fontana progettata con un sistema di scorrimento continuo dell’acqua è ornata da tritoni e cavalli marini sormontati da una statua bronzea raffigurante il Dio Nettuno. Ai lati della piazza sorge il Duomo dedicato a San Vigilio protettore della città. Il Duomo venne edificato nel XIII secolo nell'area in cui sorgeva l’antica basilica di San Vigilio. La parte laterale del Duomo, che si affaccia sulla piazza, è ornata da una galleria ad arcate, sotto ad essa si trova il rosone detto “Ruota della Fortuna” tramite piccolo portico del ‘500 chiamato “Porta del Vescovo” si accede all'interno della basilica. L’interno, a tre navate, conserva oltre a numerose opere d’arte le spoglie dei vescovi di Trento. In occasione del Concilio all'interno della basilica venne allestita un’apposita sala ornata da arazzi rappresentanti la passione di Cristo.
Le case che si affacciano su piazza del Duomo, vennero costruite nel XV secolo e ridecorate tra il 1531 e 1533 con temi riguardanti la fortuna, la giustizia, i vizi e le virtù.
La via, anticamente affiancata da case in stile gotico e da portici, venne abbattuta su volere di Bernardo Cles che volle una via larga e diritta che collegasse il Duomo a Palazzo del Buonconsiglio. Sulla nuova strada vennero costruiti i principali palazzi nobiliari come Palazzo Alberti Colico e Palazzo Thun
Il nucleo più antico del castello è Castelvecchio costruito nella prima metà del 1200 a ridosso della Torre d’Augusto sull'altura che controlla la via di comunicazione per la Germania. Nel 1400 accanto al primo nucleo venne creato un giardino interno e la Torre dell’Aquila mentre nella prima metà del 1500 su volere del vescovo Bernardo Cles venne costruito il Magno Palazzo. Di notevole pregio è il cortile interno del Castelvecchio sul quale si affacciano tre ordini di loggiati ornati da splendidi affreschi. Dal primo loggiato del cortile attraverso un passaggio si giunge alla cappella di Cles per poi passare davanti alla sala del tribunale ed entrare successivamente nella Giunta Albertina costruita su volere di Francesco Alberto Poia per collegare agevolmente la parte medioevale a quella più moderna del castello. Nel Magno Palazzo di notevole pregio sono la Sala Grande, la Sala degli Specchi, la Camera degli Scarlatti, l’appartamento privato del principe e la Biblioteca. Dalla Loggia del palazzo si accede alla Fossa dei Martiri dove vennero uccisi Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa. Dal 1924 il castello è sede del museo Nazionale che ospita collezioni di arte antica, medioevale moderna e contemporanea.
Il palazzo in stile rinascimentale venne eretto intorno alla metà del 1500 su volere della famiglia Madruzzo. Sebbene dovesse svolgere funzioni puramente rappresentative il palazzo dispone di vari elementi difensivi come il fossato che lo circonda, i quattro torrioni agli angoli e, nella parte centrale del tetto un torrino quadrato andato distrutto. Il palazzo deve il suo nome ad una doppia fila di alberi posti sulla strada che da Trento conduceva alla villa. L’interno del palazzo abbellito da affreschi è ora sede del MART (Museo Arte modera e contemporanea di Trento e Rovereto) ma per un lungo periodo prima dell’acquisto da parte della Regione Autonoma di Trento fu sede di una caserma militare e successivamente di un cascinale.
Il palazzo, che ospita il museo Diocesano Tridentino, fu la prima sede dei vescovi di Trento. Situato su piazza del Duomo, tra la Torre Civica e il Castelletto, venne fatto erigere da Federico Vanga nel 1220 da come dimora personale, successivamente venne utilizzato come sede del Municipio del Podestà ed infine come sede del Tribunale. La facciata del palazzo è ornata al primo piano da una serie di trifore mentre al secondo da una serie di bifore sormontate da una merlatura.
Ora sede del Municipio, venne edificato nel XVI secolo dal Conte Sigismondo di Thun rimanendo di proprietà della famiglia per ben quattro secoli. Il Palazzo è costituito da una serie di edifici, oltre che da una cappella, da una torre e da varie corti interne. E' visitabile solo in occasione di mostre che si tengono all'interno della Torre Mirana.
Sorto verso la fine del 1400 in stile rinascimentale, venne decorato nella parte superiore esterna da affreschi che ritraggono personaggi come Marco Curzio, Muzio Scevola e Curio Dentato, mentre nella parte inferiore venne decorato con un’immagine della Ruota della Fortuna e di un Alabardiere. Il palazzo costruito su volere di Giovanni Antoni Pona detto appunto Geremia è oggi sede dell’ufficio del Sindaco e ospita numerose manifestazioni culturali. E' visitabile solamente in occasione di mostre ed eventi si consiglia quindi di informarsi presso l’Ufficio del Turismo.
E' il nuovo museo delle scienze di Trento inaugurato il 27 Luglio 2013. L'avveniristica struttura progettata da Renzo Piano richiama il profilo delle montagne sviluppandosi su 6 piani con 12.000 metri quadri di superficie totale e 5.000 metri quadri di superficie espositiva. Ben 450 sono gli animali imbalsamati ospitati all'interno della struttura, dove si potrà intraprendere un viaggio tra i vari habitat della terra incontrando uomini preistorici e scheletri di dinosauri. L'intero percorso museale si sviluppa in sale interattive, con suoni e immagini dove attraverso gioco e sperimentazione è possibile imparare divertendosi. Nella FabLab è possibile progettare e realizzare oggetti utilizzando una stampante £D e il Maxi Ooh apposito spazio per bambini. L'edificio è dotato di una caffetteria, un bookshop, toilette con fasciatoi e tutti i punti sono raggiungibili con carrozzine o passeggini.
Centro culturale di primissimo piano nel panorama Altoatesino, è per numero di abitanti la seconda città del Trentino. Posta in posizione strategica sulla via Augustea, che conduceva in Germania, la città fu dapprima un possedimento Romano per poi entrare a far parte dei domini della Serenissima. Dal 1509 entrò a far parte dei domini dell’imperatore Massimiliano I che la eleverà da borgo a città. Rovereto, come tutte le città della Contea di Titolo, subì prima la dominazione dell’impero Germanico e poi la Dominazione Austro-Ungarica, solo nel 1918 entrò a far parte del Regno d’Italia. Grazie alla sua posizione strategica e allo sviluppo della produzione della seta, godette di un lungo periodo di floridezza economica, accompagnata da un notevole sviluppo delle arti e della cultura, al punto da meritarsi l’appellativo di “Atene del Titolo”. Fu proprio a Rovereto che nel 1769 Mozart tenne i suoi primi due concerti. Da vedere:
Edificato nel XIV secolo sui resti di una precedente fortificazione, il castello, grazie alla sua posizione sopraelevata, domina su tutta la valle. L’attuale forma pentagonale è dovuta a rifacimenti avvenuti durante la dominazione veneziana. Il questo periodo infatti il castello venne trasformato in una fortezza pressoché inespugnabile dagli architetti militari Giacomo Coltrino e Bartolomeo d’Alviano, che lo dotarono di una robusta cinta muraria, un camminamento per l’artiglieria, dei torrioni e decine di cannoniere. Durante il periodo di dominazione Austriaca il castello continuò a mantenere il suo ruolo difensivo, che perse solo con la caduta degli Asburgo, quando ebbe inizio una lunga fase di decadimento. Attualmente, quasi a ricordo delle sue antiche funzioni, è stato adibito a Museo della Guerra. Il museo è suddiviso in tre sezioni la prima dedicata all’epoca Napoleonica, la seconda dedicata al risorgimento Italiano mentre la terza, ubicata all’interno di un rifugio anti-aereo scavato durante la seconda Guerra Mondiale, è dedicata alle artiglierie della Grande Guerra.
Sorto nel 2002, su progetto dell’architetto Mario Botta, occupa una superficie di circa 6.000 metri quadrati con circa 12.000 opere esposte. L’avveniristica struttura è disposta intorno ad una piazza circolare con un diametro di 40 metri, sovrastata da una cupola in vetro e acciaio alta 25 metri. Tutto intorno alla piazza si aprono le varie aree espositive del Museo, una caffetteria, un book-shop, una sala convegni e un ristorante.
La casa, dopo lunghi lavori di restauro, è stata aperta al pubblico nel 2009 e attualmente è parte di una delle sedi espositive del MART. All’interno è possibile ammirare dipinti, mosaici, arazzi del pittore, che rendono bene l’idea della sua genialità e del suo estro ponendolo come un pioniere del futurismo. La casa d’arte, che si trova nella parte medioevale della città, venne fondata nel 1957 da Depero che ne curò personalmente i vari dettagli.
Cuore storico della città, anticamente conosciuta come piazza delle oche. Le origini della piazza risalgono al '700, tutto intorno si affacciano bei palazzi rinascimentali mentre al centro è posta la fontana di Nettuno.
Il museo sorse nel 1851 per evitare che le ricche collezioni di vario genere di cui disponeva la città venissero trasferite a Innsbruck. Attualmente il museo si articola in ben sette sezioni diverse tra di loro che vanno dall’archeologia all’astronomia dalla numismatica alle scienze della terra.
Rovereto può essere la base di partenza per alcune escursioni sia sulla circostanti montagne che sulla via della seta.
Il castello, posto in cima alla collina, sovrasta maestoso la città di Sabbionara. Impressionante è il panorama che si gode dalla torre del mastio su tutta la valle e sul percorso del fiume Adige. Il castello è stato per secoli un'invincibile macchina da guerra, grazie alla sua posizione, ma sopratutto all'intelligente disposizione della cinta muraria, delle torri e del mastio, che sfruttano appieno la salita del terreno. Una datazione ufficiale della sua edificazione al momento non esiste, si sa però che venne nominato per la prima volta in documenti ufficiali nel 1053. La famiglia Castelbarco, antica proprietaria del castello, riuscì grazie ad abilità strategiche e diplomatiche a far vivere al castello un lungo periodo di splendore tanto da essere ancora oggi considerato uno dei massimi esempi di dimora signorile e al tempo stesso militare. Di notevole interesse artistico sono gli affreschi che ornano le varie aree del castello, tra queste il mastio, dipinto con allegorie d’amore nel 1333, in occasione della visita del principe Carlo di Boemia, di questi magnifici dipinti attualmente sono visibili solamente alcuni scorci. Nella casa delle guardie, posta al di fuori del corpo centrale, sono invece visibili affreschi rappresentanti scene di battaglia intorno al castello e prove di combattimento contro un drago. Dal 23 gennaio 1977 il castello è di proprietà del FAI. Prima di aprirlo al pubblico, l’ente ha intrapreso lunghi e impegnativi lavori di restauro, a causa dell'avanzato stato di degrado in cui era caduta la struttura, dovuto alla mancanza di una parte del tetto, smantellato dagli antichi proprietari per diminuirne la superficie abitabile, oggetto di tassazione. Il castello è raggiungibile con una passeggiata in salita di circa 10 minuti, non è possibile effettuare la visita con passeggini o sedie a ruote, si consigliano scarpe comode.
La vacanza che qui vi proponiamo è un'esperienza fuori dal tempo reale: due giorni a Pianosa, pernottando sull'isola; un'occasione da non perdere per tutti e soprattutto per chi ama vivere e visitare posti davvero unici. Passare una notte sull’isola di Pianosa è molto romantico e suggestivo.
Durante i mesi estivi, con il traghetto di linea, 150 turisti al giorno possono sbarcare e raggiungere Pianosa partendo al mattino da Marina da Marina di Campo e tornandovi la sera del giorno dopo.
Non ci si deve aspettare di arrivare in un parco dei divertimenti con servizi e personale sempre pronto a soddisfare ogni bisogno, esiste il minimo indispensabile per consentire ai pochi turisti (intrusi) di passare una giornata in un luogo originale, di estrema bellezza e pieno di storia e di storie che è bello sentirsi raccontare.
Sull'isola di Pianosa oltre a un piccolo ristorante bar, dal 2011 c’è anche un piccolo hotel di 10 camere, Casa Milena. Le camere sono piccole, ma graziose, arredate con mobili nuovi e ognuna con un colore diverso. Il prezzo per dormire una notte a Pianosa è di 50 € a persona compresa la colazione;
NOTA: il prezzo di 90 € (+10 euro se vi fermate una sola notte) per la pensione completa sarà sufficiente per coprire tutta la vacanza che vi suggeriamo (e che prevede il pranzo al sacco all'arrivo).
ore 10,15 - Partenza da Marina di Campo e arrivo a Pianosa alle ore 10,45.
Occorre prenotare sul traghetto la visita guidata del paese.
Check-in e deposito delle valige in Hotel.
ore 11,30 - Visita del paese accompagnati dalla Guida del parco: non solo è vietato girare liberamente per il paese durante il giorno, ma è comunque importante per conoscere il paese e la storia della comunità che l'abitava.
Durata 1h15’ - costo 2013: 5 euro a persona
ore 13,00: Pranzo nell'area attrezzata che si affaccia sul mare di Cala Giovanna. Vi consigliamo di portare il pranzo al sacco.
ore 16,00: bagno a Cala Giovanna e visita alle zone del paese visitabili liberamente e della mostra fotografica)
ore 17,00: rientrano con il traghetto i turisti:
non ci sono abbastanza aggettivi per quantificare l'esperienza e la bellezza dell'isola dalle 17.00 alle 11 del giorno successivo , cioè il tempo trascorso nella massima tranquillità dopo la partenza dei turisti giornalieri. il silenzio, la pace,la natura, il mare.......è un paradiso dove puoi disintossicarti di un anno di stress, di clacson, di code in auto, di tv, di smog,di pregiudizi ecc.
Dedicato sopratutto a coloro che riescono ancora a rimanere sbalorditi osservando un cielo stellato che raramente capita di ammirare (Un ospite)
ore 20,00: Cena presso il bar ristorante gestito dalla Cooperativa San Giacomo.
ore 22,00: Passeggiata sotto le stelle in direzione del porticciolo.
ore 7,00: Passeggiata verso Cala dei turchi aspettando l'alba.
ore 8,00: Colazione presso il bar ristorante gestito dalla Cooperativa San Giacomo.
ore 9,00: bagno a Cala Giovanna e visita museo archeologico nei pressi di Cala Giovanna.
ore 11.30: Mountain Bike - Passeggiando in bicicletta
L’unico modo per raggiungere e apprezzare appieno il territorio dell’isola di Pianosa. Attraversando facili e pianeggianti sentieri sarà possibile viaggiare dall'estrema punta Nord fino alle falesie della costa occidentale tra le diramazioni carcerarie dell’Agrippa, del Sembolello e del Giudice.
Durata 2h00’ - costo 2013: 17 euro a persona incluso il noleggio della bicicletta.
ore 14,00: Pranzo presso il bar ristorante gestito dalla Cooperativa San Giacomo.
ore 16,00: visita alle catacombe.
ore 17,00: rientro con il traghetto.
Il paese, il porticciolo e il forte Teglia hanno un’architettura caratteristica, dovuta soprattutto al gusto eclettico del Cav. Ponticelli, uno dei primi direttori della colonia Penale agricola, uomo di grande cultura che ha diretto Pianosa per vent'anni.
L'edificio più antico è il forte Teglia. Napoleone Bonaparte, in esilio all'Elba, diede lo fece erigere sopra la collina antistante l’insenatura d’attracco per posizionarvi i cannoni e dare alloggio alla guarnigione che doveva vigilare sull'isola. Il forte in seguito ha subito ampliamenti e modifiche e lì dove una volta era istallato il cannone, ora una bianca statua della Madonna accoglie i viaggiatori.
Incamminandosi su per la strada si arriva alla Darsinetta (antico punto d’approdo usato dai romani) , sormontato dal Marzocco, pinnacolo di roccia bucato dall'erosione eolica. Dietro, separato da un breve tratto di mare, l’isolotto della Scola, 34 m di altitudine, abitato dall'uomo in epoca preistorica e ora sito di nidificazione delle Berte maggiori, familiarmente chiamato dagli elbani, per la sua forma, “il cappello del Prete”.
Da Cala dei Turchi si vedono l’isola di Montecristo e il profilo basso della costa fino a Punta Secca, scendendo sugli scogli, in un masso, troviamo scolpita una croce Bizantina ricordo di un’epoca in cui il mar Tirreno era conteso tra la flotta cristiana e quella barbaresca.
Sopra a Cala dei Turchi, di fronte al Forte Teglia il cancello di un palazzo ottocentesco ci indica l’entrata delle catacombe, sepolcreto paleocristiano che costituisce uno dei più affascinanti “misteri” dell’isola.
Alle catacombe, le più settentrionali rispetto a Roma si accede da una piccola grotta vicino al porto. Risalenti III-IV secolo vennero utilizzate, come luogo di sepoltura, dalle prime comunità cristiane che si insediarono sull'isola attirate dalla fertilità e ricchezza d'acqua.
Sono costituite da un fitto intreccio di gallerie basse con loculi coperti con lastre di pietra, su cui erano incisi i nomi dei defunti.
Sia pure spogliate lungo i secoli, soprattutto durante il periodo della pirateria, e spesso usate come magazzini o come vere e proprie discariche, grazie a recentissimi restauri si presentano oggi in buono ottimo stato di conservazione.
Il paese si estende poi lungo Viale Regina Margherita; a sinistra la piazzetta della posta, la foresteria, la casa dell’Agronomo e quella del Ragioniere, a destra affacciati su cala Giovanna il molo d'attracco del traghetto della Toremar, il campo da calcetto, il tennis, i giochi per i bimbi, la verde villa Literno, la scuola; tutti edifici che ci parlano di una comunità che qui ha vissuto dalla metà dell’ottocento fino al 1998.
Suggeriamo di visitare l'interessante mostra fotografica curata dall'Associazione per la difesa dell'Isola di Pianosa (onlus) e nata dalla volontà di alcuni ex pianosini di far conoscere la storia della comunità che l'abitava, promuovere la rinascita dell'isola e sensibilizzare sulla condizione del paese ormai in rovina e soggetto a frequenti crolli.
E' possibile noleggiare dalla cooperativa San Giacomo delle mountain bike per effettuare le escursioni.
In piccoli gruppi scortati e sorvegliati dalla Guida in bicicletta si può attraversare tutta l'isola fino alla punta del Marchese: la più a nord, dove si trova, in uno stato di abbandono incredibile, il Sanatorio.
Dalla scogliera si può ammirare lo splendido Porto Romano, una baia con un mare trasparente di un colore smeraldo: i fondali sono rimasti intatti ed oggi tutta l'isola è fra i mari più incontaminati del Tirreno.
Al ritorno dal Marchese si costeggia la scogliera sul lato ovest e nei pressi del golfo delle Botte è possibile, scendendo verso il mare, arrivare ai resti dei lavatoi romani ancora abbastanza ben conservati.
Proseguendo si arriva in breve al cimitero: un luogo isolato di una tristezza unica.
Riprendendo il percorso si arriva alla punta del Pulpito e poi a quella del Libeccio da dove si gode un panorama unico sulla scogliera.
Proseguendo sulla strada sterrata si passa dalla cala della Ruta e poi dalla cala del Bruciato per arrivare alla cala S. Giovanni; anche qui sono presenti fossili marini.
Si torna al cancello d'ingresso della ex colonia penale che divideva l'isola (che abbiamo superato solo grazie alla presenza della guida) e si rientra nel piccolo borgo di Pianosa.
Una volta chiuso il penitenziario le strutture sono rimaste semi-abbandonate per molti anni, finché una cooperativa di ex detenuti (la Cooperativa San Giacomo) è riuscita a riattivare la vecchia foresteria della prigione, ricavandone, da Luglio 2011, un hotel che dispone di 10 camere doppie con bagno e 2 singole con bagno.
La struttura è gestita dalla Cooperativa Sociale San Giacomo che dà lavoro a detenuti del carcere di Porto Azzurro che, usufruendo di un particolare regime di semi-libertà ottenuto sulla base di criteri di buona condotta, scelgono questa esperienza lavorativa al termine della loro pena a conferma di un definitivo recupero alla vita normale.
Scrive Giulia della Cooperativa San Giacomo che gestisce l'Hotel Milena:
"L’isola di Pianosa è una vera perla che oggi viene apprezzata per la sua bellezza naturalistica e la tranquillità. Pernottare a Pianosa significa godersi l’Isola a pieno, il pomeriggio quando riparte la gita dei giornalieri si ritorna a respirare un senso di pace e senti l’isola come se fosse tua. Vivere lì qualche giorno è un po’ ritornare alle origini a quella semplicità che ormai è andata persa, ma che ognuno di noi dovrebbe ritrovare perché è quello che da un vero senso alla vita e ci fa apprezzare ciò che abbiamo. Una cliente mi chiese “in camera c’è la televisione?” Gli risposi: “in camera no ma sul porticciolo sì” lei perplessa mi disse: “ma come sul porticciolo?” Allora le spiegai che la sera dopo le 22:00 quando il ristorante chiude ci si reca sul porticciolo e un po’ con il chiarore della luna o con la luce dei lampioni o aiutandosi con una torcia si possono osservare dei pesci bellissimi! “Ecco” le dissi: “ questa è la televisione di Pianosa”. Non potete immaginare la bellezza del cielo di notte visto da li vi stupirete vi darà l'impressione di non aver mai visto tante stelle. Questo è dovuto all'assenza di inquinamento luminoso. Scrivo tutto questo per cercare di far capire al meglio, cosa uno si deve aspettare da quest’isola, se ci si va con lo spirito giusto è un angolo da sogno che vi entrerà nel cuore come è successo a me e a molti come me." Giulia
L’Elba è la più varia tra le isole dell'arcipelago dal punto di vista geomorfologico e comprende nella parte occidentale il massiccio del Monte Capanne (m. 1018), la più alta vetta dell’Arcipelago e nella parte orientale le aree minerarie ricche di ferro che tanto hanno caratterizzato la storia e l’economia dell’isola.
Quello dell'Enfola è sicuramente uno dei promontori più caratteristici dell'Elba per l'alto valore paesaggistico e per la ricchezza di storia naturale e dell'uomo, che vanno incontrandosi su questa punta occidentale della grande penisola al centro dell'Elba settentrionale.
L'itinerario proposto percorre un facile sentiero che conduce quasi fino allo scoglio della "Nave".Si parte da una strada carrabile che porta alla sommità del promontorio dell'Enfola da dove si accede all'anello che porta anche alla deviazione verso Capo Enfola.
Località partenza: piazzale parcheggio antistante le spiagge dell'Enfola
Comune: Portoferraio
Coordinate geografiche: partenza 42.°49'30.38" 10°16'08.73"
Coordinate geografiche: arrivo 42.°49'30.38" 10°16'08.73" (percorso ad anello)
Segnaletica: presente
Segnavia: presenti (bianco-rosso)
Accesso: Strada provinciale n.27 Ponte del Brogi - Enfola-Viticcio, poi seguire le indicazioni per Enfola
Lasciato sulla sinistra l’edificio della Tonnara, attuale sede dell’Ente Parco, si sale lungo una strada costeggiata da rigogliosa macchia mediterranea, scorgendo alcuni ruderi bellici, resti di un imponente sistema difensivo, alternati a sorprendenti punti panoramici sulla costa settentrionale dell’Elba.
Giunti quasi sulla cima del promontorio inizia un sentiero ad anello che conduce fino alle falesie a picco sul mare, dominate dagli uccelli marini, quindi si rientra dalla viabilità già percorsa.
La città dispone di una buona rete di collegamenti urbani ed extraurbani che consentono di muoversi agilmente sia città sia di raggiungere il vicino lago di Garda con i suoi parchi di divertimento e le sue ville. Esiste un comodo servizio di collegamento da/per l’aeroporto (shuttle bus) con partenza dalla piazza antistante la stazione ferroviaria ogni 15 minuti, il servizio è attivo dalle 5,15 alle 23,10, il costo della singola corsa è di 6€.
I biglietti sono acquistabili presso le tabaccherie, la IAT di piazza Brà oppure on line sul sito dell'AMT
E’ possibile fare un abbonamento diurno al costo di 13€, di 3 giorni al costo di 27€ valido dalla prima obliterazione anche sulla linea extraurbana oppure settimanale al costo di 49€ anche questo valido sulla linea extraurbana dalla prima obliterazione.
Dalla piazza antistante la stazione ferroviaria parte quotidianamente una navetta gratuita per Gardaland e autobus a pagamento verso il lago di Garda (Lazise, Peschiera, Bardolino), Venezia e Cattolica
Acquistabile nelle tabaccherie, nei musei o presso l’ufficio del turismo di Piazza Brà la Card vi da la possibilità di accedere in tutti i musei, nei monumenti e nelle chiese della città. Per 24 ore di validità la card costa 15€ per 72 ore invece 20€. (valida dal primo utilizzo)
La città, e le zone limitrofe, sono ricche di strutture per l'accoglienza turistica, vi consigliamo però di prenotare il vostro soggiorno con un po' di anticipo in quanto molto spesso in città vengono organizzate fiere esposizioni ed eventi che attirano centinaia di visitatori. Noi abbiamo provato il B&B Verona 23 posto a pochi passi dalla tomba di Giulietta che ci sentiamo di suggerirvi. Di seguito alcuni link
Posta al certo di una fertile pianura dove si pratica l’agricoltura e l’allevamento la città ha da sempre un’ottima tradizione culinaria basata appunto sui prodotti della terra e dell’allevamento. Tra i piatti della cucina tradizionale va sicuramente nominato il Bollito con la Pearà (salsa a base di midollo, pane grattugiato e formaggio) alla quale vengono dedicate diverse fiere, gli gnocchi conditi con sugo di pomodoro oppure con zucchero e cannella, pasta e fagioli, i famosi tortellini e i primi a base di riso vialone nano cotto con carne di maiale oppure con piselli, con il radicchio rosso oppure con l'amarone tipico vino della zona. A Verona venne inventato nel 1894 da Domenico Melegatti il famoso Pandoro, che nel periodo natalizio, si trova ormai sulle tavole di tutti gli italiani. In molte pasticcerie veronesi è ancora possibile trovare il Maladin antenato del più noto Pandoro. Di ottima qualità sono i vini prodotti nella zona come il bianco di Custoza, il rosso Valponicella e il bianco di Soave. Nel cuore cittadino oltre ai numerosi ristoranti dove potrete gustare piatti tipici della tradizione locale è possibile trovare bar, pub e paninoteche oltre alle grandi catene di street food come Spizzico e MC Donald. Noi abbiamo provato l'Osteria al Duca situato in quella che si presume fosse la casa di Romeo. Si tratta di un'osteria che serve, a prezzi contenuti, piatti tipici della tradizione veronese. Vai al sito
Edificata nel luogo in cui anticamente sorgeva il foro romano rappresenta da sempre il cuore della vita civile e amministrativa della città. La piazza è ornata da un'antica fontana sormontata dalla statua "Madonna Verona" di origini romane e dalla colonna di San Marco, posta di fronte a palazzo Maffei, costruita in marmo bianco, con alla sommità il leone simbolo della Repubblica di Venezia. Sui lati della piazza si affacciano:
Conosciuto anche come palazzo della Ragione è situato tra la piazza delle Erbe e piazza dei Signori.
Alta 84 metri la torre venne edificata su volere della famiglia a cui deve il nome che ne iniziò la costruzione nell’XI secolo. Nel 1140 venne eletta torre civica e istallata la prima campana. La torre è visitabile da Maggio ad Ottobre
Costituite da un gruppo di case che si sviluppano su più piani, le case dispongono di portici ad archi al pian terreno, di una terrazza al primo piano e finestre ad arco sugli altri piani, la facciata fu abbellita da affreschi dai colori sgargianti, dei quali rimangono ancora parecchie tracce, attribuiti ad Alberto Cavalli
L’elegante e imponente palazzo, in stile barocco, si sviluppa su tre piani sormontati da una balaustra con statue in marmo bianco rappresentanti Ercole, Giove, Venere, Mercurio, Apollo e Minerva
Oggi sede della Banca Popolare di Verona, l’edificio venne costruito nel 1301 su volere di Alberto I della Scala in sostituzione di un vecchio edificio in legno.
Situata in prossimità di piazza delle Erbe, l’abitazione edificata intorno al XIII secolo, è divenuta famosa in seguito alla tragedia Shakespeariana di Giulietta e Romeno ove viene narrato l’impossibile amore tra i due giovani Capuleti e Montecchi. L’abitazione rimodellata in stile medioevale intorno agli anni 30-40 riporta sulla volta dell’arco di ingresso lo stemma della famiglia Cappelletti, identificata con quella dei Capuleti citata da Shakespeare. Il cortile della casa, sul quale si sporge il balcone più fotografato d'Italia, è spesso gremito di turisti che vi lasciano biglietti o lettere d’amore, in esso è custodita la statua bronzea raffigurante Giulietta, opera di Nereo Costantini, che secondo la tradizione assicura fortuna in amore a chi le tocca il seno. All’interno della casa di Giulietta sono custoditi arredi che vanno dal XVI al XVII secolo, affreschi ispirati alla tragedia e ceramiche veronesi di epoca rinascimentale.
Costruito nel I secolo a.C. rappresenta per grandezza il terzo anfiteatro Italiano dopo il Colosseo e l’anfiteatro di Capua. L’edificio a forma ovale con due ordini di 72 arcate, ancora intatte, poteva contenere fino a 25.000 spettatori. Se in epoca romana l’Arena ospitava spettacoli di gladiatori e battaglie navali, dagli inizi del ‘900 ospita, grazie alla sua favolosa acustica, spettacoli di opera lirica attirando spettatori italiani e stranieri. L'edificio dopo un lungo periodo di abbandono, durante il quale venne utilizzato come cava di pietra per la costruzione degli edifici circostanti, venne rivalorizzata grazie all'opera dei Veneziani che per la prima volta la definirono"memorabile opera" iniziandone il restauro. Tra la fine del 1500 e l'inizio del 1700 all'interno dell'Arena si tennero delle giostre equestri alle quali assisteva l'intera città mentre nel 1805 in onore di Napoleone Bonaparte, che visitò il monumento, venne organizzata una caccia dei tori. Durante lo stesso anno l'Arena venne utilizzata come campo di concentramento per i prigionieri Austriaci, per tornare nel 1815 ad essere sede di manifestazioni equestri e della caccia dei tori. Nel 1822 si tenne il primo spettacolo lirico con musiche composte da Gioacchino Rossini
L’imponente edificio venne edificato su volere dei domenicani nel 1297 ma non fu mai terminato. Secondo la tradizione prende il nome da una preesistente chiesa dedicata ad Anastasia di Sirmio da Teodorico. La chiesa, consacrata nel 1471, si presenta con una facciata tripartita sulla quale domina lo splendido portale a cinque archi acuti soprapposti, sostenuti da colonnine ornamentali ai lati due alte bifore. L’interno della basilica è a tre navate divise da pilastri in marmo rosso e bianco con volte a crociera decorate da figure di santi e motivi floreali; molto bello il pavimento le cui decorazioni risalgono alla metà del 1400, mentre particolari sono le acquasantiere sorrette da due gobbi opera di Gabriele Caliari e Paolo Orefice. Nelle cappelle laterali sono custodite opere di particolare pregio artistico tra questi il capolavoro di Pisanello “San Giorgio e la Principessa” custodito nella cappella Pellegrini. Nel dipinto viene raffigurato San Giorgio mentre prende commiato dalla principessa Trebisonda per andare a sconfiggere il Drago.
Il grazioso borgo medioevale, deve la sua fama allo pseudonimo utilizzato dallo scrittore Carlo Lorenzini per firmare “Le Avventure di Pinocchio”, visitabile solamente a piedi, si sviluppa in senso perpendicolare attraverso scalinate e strette viuzze che giungono sino alla sommità della collina dove è postala chiesa di San Bartolomeo. L’elemento di maggior interesse è costituito dal Parco di Pinocchio e da Villa Garzoni con il suo storico giardino.
Edificati su volere della famiglia Garzoni che si rifugiò nel borgo dopo essere stata scacciata dalla vicina città di Pescia, sia il giardino che la villa si integrano perfettamente nel panorama del suggestivo luogo. La villa venne edificata nel 1633 in forme barocche mentre la costruzione dell’elaborato giardino, iniziò una quindicina di anni dopo e ci volle il lavoro di ben tre generazioni per portarlo alle forme attuali. Vista la posizione scoscesa dell’insediamento si rese necessaria la costruzione di terrazzamenti e scalinate di collegamento rese scenografiche e maestose dalla progettazione di artisti come lo Juvarra e Diodati al quale si deve anche la creazione dell’ingegnoso sistema idraulico che alimenta fontane e giochi d’acqua. Suggestive le vasche di varie forme e dimensioni ornate da mosaici, statue, ninfee e cascatelle, particolare il labirinto sormontato da una galleria di vegetazione e il teatro della verzura creato da siepi di bosso sapientemente potate, mentre le aiuole che ornano le terrazze sono abbellite da fiori di stagione. Grazie alle minuziose descrizioni di numerosi artisti, il giardino assunse una tale fama da essere paragonato ai più belli d’Europa, ospitando nel corso del tempo personalità come Ferdinando d’Austria, Anna de Medici e Napoleone Bonaparte. Ai margini dei giardini nel 2007 è stata creata un’enorme struttura in cristallo e pietra che ospita la Butterfly House con all’interno oltre 400 specie di farfalle provenienti da tutto il mondo.
Vicino al giardino giardino trova sede il Parco di Pinocchio, voluto nel 1956 dall'allora sindaco di Pescia Anzillotti. Più volte ampliato, il parco si articola in percorsi letterari, giostre d’epoca, giochi per bambini, animazioni e apparati multimediali. Alla realizzazione del parco hanno partecipati i migliori artisti italiani come Emilio Greco, Venturino Venturi e Giovanni Michelucci.
La città conosciuta anche con l’appellativo di città delle acque si è sviluppata intorno alla fine del 700 grazie al granduca Pietro Leopoldo che decise di bonificare l’intera area e sfruttare le proprietà delle acque termali costruendo ben tre degli attuali nove stabilimenti Tettuccio, Bagno Regio e Terme Leopoldine. La città si divide in Montecatini Alto e Montecatini Terme tra di loro collegate da una particolare funicolare attiva dal 1850 e ancora perfettamente funzionante (corse da maggio ad ottobre altrimenti in macchina percorrendo la statale 663). Montecatini alto posto sulla cima di un’altura dal quale si gode di una bella vista sulla piana circostante ha sicuramente origini molto antiche come testimoniano i resti del castello, la chiesa di San Pietro attualmente adibita a museo e la massiccia torre.
Montecatini Terme, posta nella piana della Valdinièvole, si è sviluppata intorno alla sua ricchezza principale, le acque, note già nel XV secolo per le loro proprietà curative, grazie al soggiorno di soggetti illustri come Verdi, Rossini e Puccini nell’ottocento assunse fama a livello internazionale. Attualmente sono ben nove gli stabilimenti termali perfettamente integrati nella natura e nella piacevole città ricca di parchi e viali alberati il più famoso viale Verdi cuore e simbolo dell’espansione leopoldina sul quale si affacciano la Palazzina della Regina, il Municipio e il padiglione dei Sali Termali struttura degli inizi del 900 attualmente sede di esercizi commerciali. Il parco termale si estende a sud-est della città su di una superficie di ben 420.000 metri quadrati. Gli stabilimenti:
La struttura edificata agli inizi del ‘900 dispone di una splendida sala Liberty e della famosa fontana dei cigni, al suo interno moderne strutture per terapie inalatorie, crenoterapia e fangoterapia, oltre ad un centro benessere.
Posta al centro di un parco di cedri del Libano, palme, sequoie, tigli e glicini, la struttura, edificata tra il 1779 e il 1781, è caratterizzata da una fontana a forma di conchiglia sorretta da figure marine le cui acque si gettano in una piscina ornata da cavallucci marini. Le acque dello stabilimento aiutano a normalizzare la secrezione gastrica, le infiammazioni della mucosa gastrica e intestinale, l’azione metabolica degli zuccheri favorendo la formazione del colesterolo buono.
La struttura venne edificata nel 1909 su progetto di Giulio Bernardini di particolare prego le decorazioni in gres e ceramica che ornano il salone delle mescite. Le acque di questo stabilimento come quello della Torretta vengono definite acque forti a causa dell’alta concentrazione di Sali minerali favoriscono la peristalsi intestinale e combattono la stitichezza cronica.
Le terme vennero edificate nel 1775 su volere del granduca Leopoldo ma completamente rinnovate tra il 1922 e il 1926. Nello splendido cortile si trova la sorgente delle acque che alimentano lo stabilimento.
L’edificazione del duomo iniziò nel 1064 su progetto del Buscheto utilizzando i fondi del bottino di guerra ottenuto con la vittoria sui Saraceni avvenuta Palermo. Dedicata a Santa Maria Assunta, la basilica risente di influenze bizantine, normanne, arabe e lombarde e rappresenta un capolavoro del romanico pisano. Completamente rivestita in marmo bianco e grigio con inserti multicolori e mosaici vitrei, deve il suo attuale aspetto a rimaneggiamenti avvenuti nel corso dei secoli, il più significativo avvenne nel 1595 in seguito ad un incendio che provocò ingenti danni. La facciata è un tripudio di colonne, lesene, cornici, loggette e archi. L’interno a tre navate divise da colonne marmoree è rivestito in marmi bianchi e neri, splendido il soffitto a cassettoni della navata centrale in legno dorato e dipinto, riportante lo stemma dei Medici. Sempre nella navata centrale da notare il pulpito, opera di Giovanni Pisano, e il lampadario per incenso che secondo la leggenda fu alla base dell’intuizione di Galileo sull’isocronismo del pendolo.
Posta nella piana tra il monte Pizzarro e il monte Serra la città di probabili origini etrusche vide il suo sviluppo in epoca romana. Dell’epoca romana Lucca conserva ancora oltre alla struttura del centro storico le mura, più volte ampliate nel corso dei secoli, l’anfiteatro e il foro. Con la caduta dell’impero Romano la città fu dominata dagli Ostrogoti, dai Bizantini e dai Longobardi. Lucca divenne un importante centro sotto il dominio di Carlo Magno che fece della città la sede del Marchese di Toscana. Adalberto I e il suo successore Adalberto II dominarono su Fiesole, Firenze, la Corsica e Pisa dal cui porto partivano navi cariche di merci destinate ai paesi del mediterraneo ma anche spedizioni contro i musulmani. Fu in questo periodo che a Lucca si stabilirono potenti famiglie di mercanti ma anche laboratori manifatturieri per la tessitura di stoffe in particolare della seta che grazie alla sua qualità venne apprezzata in tutta Europa. Grazie alla via Francigena la città cpotè intrattenere rapporti commerciali con l’europa e grazie alla presenza del Volto di Cristo fu meta di continui pellegrinaggi. Con lo spostamento del centro amministrativo a Firenze voluto da UGO il Grande la posizione di Lucca mutò considerevolmente fu grazie alla costituzione del Comune di Lucca avvenuta nel 1119 e all’attività di consolidamento del territorio avvenuta tra XI e il XIII secolo che Lucca vide un notevole sviluppo urbanistico, con l’ampliamento delle mura, l’edificazione di chiese, palazzi, e torri. Grazie ai commerci si stabilì in città una potente classe di banchieri e mercanti che favorì anche un notevole sviluppo culturale ed artistico del territorio. La città rimase indipendete fino agli inizi del ‘800 quando venne costituito il principato di Lucca e Piombino assegnato alla sorella di Napoleone Bonaparte, Elisa.
E’ il cuore pulsante della città il luogo di incontro dei Lucchesi. Sorta in epoca romana, ove trovava collocazione l’antico Forum, la piazza è circondata da edifici di origine medioevale e da imponenti palazzi come palazzo Gigli e palazzo Pretorio che ospita sotto le sue logge la statua in bronzo di Matteo Civitali. Al centro della piazza è posta la statua in marmo bianco di Francesco Burlamacchi opera dello scultore Ulisse cambi. Sulla piazza si affaccia l’omonima chiesa di San Michele edificata su di un preesistente edificio nel 1070 su volere di papa Alessandro II la facciata venne però edificata in epoca successiva. La chiesa rappresenta un notevole esempio di architettura in stile gotico con motivi romanici dovuti anche al notevole lasso di tempo in cui è stata costruita. La facciata, che si erge maestosa, è ornata da quattro ordini di logge finemente lavorate e decorate sormontate dalla statua dell’arcangelo San Michele che uccide il drago. Secondo la leggenda in particolari condizioni di luce statua emette riflessi verdi a causa di uno smeraldo posto al suo interno. (In realtà non ne è mai stata dimostrata la presenza). A lato della facciata sorge il campanile mozzato dal doge di Pisa nel XIV secolo. L’interno a tre navate divise da colonne con capitelli romanici conserva importanti opere e arredi del ‘400 e del ‘500.
costruito tra il XVI e il XVII secolo il palazzo costituisce uno dei più ricchi e meglio conservati palazzi della città. La gran parte delle sale conservano i preziosi arredi originali e le tappezzerie ricamate come la sala dell’Alcova. Di notevole pregio la sala della Musica completamente affrescata. Il palazzo attualmente ospita la Pinacoteca Nazionale di Lucca con importanti opere che occupano quasi per intero l’appartamento monumentale.
Il palazzo venne iniziato nel 1660 su volere dei Moriconi, ricca famiglia di mercanti, i quali travolti dl fallimento nel 1680 furono costretti a cedere la proprietà ad un’altra famiglia di mercanti di seta i Controni. Furono proprio i Controni ad ampliare ed abbellire il palazzo, rispetto al progetto originale, fecero costruire lo scalone monumentale opera di Domenico Martinelli, fecero affrescare le sale interne e le volte dello scalone da pittori quadristi mentre affidarono a Filippo Juvarra la riqualificazione del giardino esterno. Fu un bando del duca di Lucca Carlo Lodovico di Borbone a cambiare le sorti del Palazzo, infatti secondo il decreto del Duca in città poteva essere prodotta birra solo sotto la direzione e supervisione di un esperto birraio tedesco. Fu così che Felix Pfanner nel 1846 arrivò a Lucca per fabbricare la birra scegliendo proprio le cantine e il giardino dell’allora palazzo Controni come sede della sua attività. La birreria ebbe da subito grande successo permettendo ai Pfanner di acquistare nel tempo tutta la proprietà di cui gli eredi sono ancora titolari. La storica birreria chiuse nel 1929 e solo nel 1995 dopo lunghi restauri la famiglia decise di aprire il palazzo al pubblico. Attualmente sono visitabili solo una parte dei ricchi saloni in alcuni dei quali è posta una collezione di strumenti chirurgici appartenuti a Pietro Pfanner chirurgo e sindaco di Lucca intorno agli anni venti.
Di notevole pregio è il giardino del palazzo collegato alle mura della città grazie alla limonaria sormontata da due leoni con al centro un basilisco simbolo dei Controni. Il giardino è suddiviso da vialetti in sette spazi rettangolari, le quattro aree vicino al palazzo sono delimitate da siepi di bosso e alloro, al centro una vasca ottagonale con i quattro elementi (terra, aria, acqua, fuoco) rappresentati da Dionisio, Mercurio, Oceano, Vilcano posti a decorazione. Tutto il giardino è abbellito da aiuole dalle fioriture stagionali ma anche da piante ad alto fusto come pini, tassi, magnolie e alberi da frutto.
Grazie alla ricchezza delle sale interne e all’impianto architettonico il palazzo nel passato è stato scelto come location di numerosi film tra i quali Il Marchese del Grillo e Ritratto di Signora con Nicole Kidman
La chiesa dedicata al santo protettore della città venne edificata tra il 1112 e il 1147 sui resti di un preesistente edificio. La particolarità della chiesa è la facciata ornata da un duecentesco mosaico rappresentante l’Ascensione di Crsto Redentore. L’interno della basilica a tre navate divise da due colonnati ad archi custodisce le spoglie di San Frediano e un fonte battesimale del XII secolo.
La forma ellittica della piazza è dovuta al fatto che sorge sui resti dell’antico anfiteatro romano. L’accesso alla piazza è consentito da quattro porte a volta. La pizza che fino all’ottocento venne usata per i più svariati usi polveriera, carcere, orto grazie ad un progetto di Nottolini venne recuperata ed adibita a mercato. Oggi la piazza è luogo di incontro e di manifestazioni su di essa si affacciano vivaci locali e negozi.
Considerata la via del passeggio e dello shopping della città, con eleganti negozi che conservano insegne e arredi i d’epoca. Sulla via si affacciano anche eleganti palazzi come palazzo Brancoli Busdraghi, Buonvisi, Sani e trenta oltre alla torre delle ore. E’ possibile salire sulla torre dalla quale si gode di un bellissimo panorama da marzo ad ottobre dalle 9,30 alle 17,30, ingresso cumulativo con il museo MUST.
Il primo nucleo delle mura venne edificato in epoca romana, ma quello che vediamo oggi e sul quale grazie all’intervento di Maria Luisa di Borbone è possibile passeggiare venne edificato tra il 1504 e il 1645. Le mura hanno una lunghezza di circa 4 chilometri e sono tra le meglio conservate d’Europa rappresentando uno dei massimi esempi di fortificazione moderna. In realtà le mura non vennero mai usate a scopo difensivo ma svolsero un ottimo ruolo di protezione della città durante l’alluvione del Serchio nel 1812. Il miglior punto di partenza per una passeggiata sulle mura è costituito dall’Antico Caffè delle Mura, edificio in stile neoclassico riaperto dopo lunghi anni di restauri che lo hanno riportato agli antichi splendori.
Riedificato nel 1060 da Anselmo da Baggio venne edificato una prima volta su volere di San Frediano protettore della città. Il duomo dedicato a San Martino strappò il titolo di cattedrale a Santa Reparata nel VII secolo. Il complesso venne ampliamente rimaneggiato tra il XII e il XIII secolo compresa la facciata con portico decorato da bassorilievi raffiguranti il martirio di san Regolo, un ciclo dei mesi e storie di san Martino, sormontato da tre ordini di loggette di diverse cromature e finemente lavorate. L’interno a tre navate conserva nella navata destra il monumento funebre a Ilaria del Carretto opera di Jacopo della Quercia mentre nel Tempietto del Volto Santo eseguito da Matteo Civitale nel 1482 è conservato il Crocifisso Ligneo che secondo la tradizione venne scolpito in Terrasanta dal fariseo Nicodemo che assieme a Giuseppe d’Arimatea depose Gesù nel sepolcro. Sempre secondo la leggenda Nicodemo trovò il volto di Gesù miracolosamente scolpito sul crocifisso e per paura che venisse distrutto lo pose su di una nave senza equipaggio libera di navigare nel Tirreno, la nave arrivò fino a Luni ma gli abitanti del luogo non riuscirono a tirarla a riva vi riuscì solamente il vescovo di Lucca Giovanni I semplicemente esortando la barca ad attraccare. Tutti gli anni da circa un millennio il 13 Settembre viene organizzata la Luminara di Santa Croce durante la quale il crocifisso del Volto Santo, che misura metri 2,24 x 2,65, viene portato in processione seguendo il vecchio tragitto dalla chiesa di San Frediano alla cattedrale di San Martino. In occasione della festa dopo la celebrazione religiosa viene offerto alla popolazione uno spettacolo pirotecnico di grande effetto.
Si tratta della prima cattedrale della città costruita nel XII secolo venne rimaneggiata tra il XVII e il XVIII secolo. La cattedrale perse parte della sua importanza quando la diocesi venne trasferita in San Martino anche se gli rimase il diritto al Fonte Battesimale. Agli inizi dell’ottocento Napoleone la privò dei suoi arredi sacri per trasformarla in archivio solo nel 1828 venne riaperta al culto. Molto interessante il percorso archeologico che si apre all’interno e sotto la basilica.
Si tratta di una delle 250 torri che ornavano la città in epoca medioevale. Edificata nel XIV secolo su volere della ricca famiglia Guinigi è alta 44 metri e sulla sua sommità si trova un giardino pensile. Il giardino è raggiungibile da una scalinata di 230 gradini ma il panorama che si gode da lassù vale la fatica.
La piazza venne edificata nel 1806 da Elisa Bonaparte per dare maggiore risalto a Palazzo Ducale. Vennero quindi abbattute le costruzioni poste sul luogo in funzione del nuovo progetto elaborato da Giovanni Lazzerini. Originariamente al centro della piazza venne posta una statua di Napoleone sostituita dopo il congresso di Vienna da quella di Maria Luisa di Borbone. Sulla Piazza si affaccia imponente l’antico Palazzo Ducale storica sede dell’amministrazione della città. Il palazzo venne edificato in due distinti momenti nel 1578 venne infatti edificata la parte sinistra su progetto dell’Ammannati mentre nel 1728 venne edificata la parte destra su progetto di Francesco Pini.
Museo Nazionale Villa Guinigi: il museo ospitato nella splendida cornice di villa Guinigi sontuosa residenza della ricca famiglia Lucchese, ospita un’importante raccolta d’arte sulla storia della città, reperti etruschi, romani e liguri oltre che arredi sacri e oreficerie.
Venezia è una città davvero speciale.
Si trova in una laguna di circa 5500 km2. È costituita da 118 isolette, collegate fra loro da più di 400 ponti ed è attraversata da 176 canali. Per queste caratteristiche e per il suo eccezionale patrimonio artistico, Venezia è stata inserita dall’Unesco tra i siti italiani Patrimonio dell’Umanità.
Dal punto di vista turistico, è la terza città italiana con più presenze annuali, dopo Roma e Milano.
La città è divisa in sei Sestieri, corrispondenti ai quartieri:
01 - Sestiere San Marco, che prende il nome dalla Basilica
02 - Sestiere San Polo, che corrisponde al centro di Venezia
03 - Sestiere Santa Croce, che ricorda il nome dall’antica Chiesa omonima, non più esistente
04 - Sestiere Cannaregio, che è stato eretto su una zona paludosa, ricca di canneti
05 - Sestiere Castello, che era la parte fortificata, a difesa della città
06 - Sestiere Dorsoduro, costruito su una zona di sabbia, particolarmente dura e compatta.
L’isola della Giudecca fa parte di Dorsoduro; l’isola di san Giorgio Maggiore rientra nel sestiere di San Marco e l’Isola di San Michele, sede del cimitero della città, fa parte di Castello. La particolarità è che questi Sestieri, rappresentati dai sei denti anteriori del ferro da gondola, sono antichi quanto la città e ognuno di loro ha una sua numerazione, tanto che è possibile notare numeri civici molto alti e molto bassi affiancati e non è sempre facile orientarsi.
Vai al sito VeneziaUnica
Punti di informazioni per i turisti:
- Piazzale Roma
- Tronchetto
- Stazione Ferroviaria Santa Lucia binario 1
- San Marco 71/f
- Venice Pavilion
- Tessera Aeroporto
La città, posta su di una rupe di tufo a circa 300 mt sul livello del mare, ha origini molto antiche, si hanno infatti sue notizie già nel IX secolo a.C. quando era conosciuta con il nome di Velzna. Di origini etrusche, nel VI secolo a.C. fu una delle 12 città che si opposero all’espansione dell’Impero Romano, nel 260 a.C. venne però conquistata dalle legioni romane che la rasero al suolo e ne dispersero gli abitanti.
Del periodo romano purtroppo non rimangono molte tracce, con la caduta dell’Impero Orvieto passò sotto molti domini tra i quali ricordiamo i barbari, i bizantini, i longobardi, fino all’VIII secolo d.C. quando Carlo Magno inglobò la città nell’Impero Carolingio. Successivamente Orvieto passò sotto il dominio della Chiesa e nel 1157 i Consoli della città firmarono un trattato di vassallaggio con il papa. Nel 1156 papa Adriano IV scelse la città come sua dimora. Nel 1200 la città raggiunse il suo massimo splendore fioriscono le attività, l’economia, le arti e la cultura, di questo periodo sono alcuni importanti simboli cittadini come il Duomo, il Palazzo del Popolo e la Torre del Moro. Questo periodo di floridezza durò fino al 1348 quando a causa di un'epidemia di peste e alle continue lotte tra le nobili famiglie venne posta fine all'autonomia cittadina con l'annessione nel 1450 ai possedimenti del papato. Orvieto divenne così una delle provincie più importanti dello Stato Pontificio.
Del passato rimangono oltre ai notevoli edifici storici anche un'antica tradizione manufatturiera che raggiunge la sua massima espressione nei merletti, nella lavorazione del legno (soprattutto d'ulivo) e nella lavorazione della ceramica. Di notevole pregio la produzione di olio di oliva, formaggi e vini.
Attualmente la città si divide in Orvieto Scalo posto ai piedi della collina e collegato alla città antica da una strada e da una antica funicolare a binario unico. La funicolare è posta nei pressi della stazione ferroviaria, vicino alla quale sorge una'attrezzata area sosta camper. Sempre dalla Piazza della Stazione partono mini bus elettrici che collegano Orvieto Scalo con il centro storico. Se decidete di raggiungere la città antica in macchina vi consigliamo di lasciare la vostra auto nei parcheggi a pagamento posti al di fuori delle mura e collegati al centro storico da scale mobili e ascensori. Tra questi Campo della Fiera è dotato di un'area per parcheggio Camper mentre quello in Piazza Chaen è situato nelle vicinanze del Pozzo di San Patrizio e della Rocca dell'Albornoz. Attenzione: non cercate di entrare nel centro storico in auto in quanto è tutto pedonalizzato e dotato di varchi elettronici.
Carta Orvieto Unica: è la carta che permette l'uso gratuito di mezzi pubblici, l'ingresso ridotto a musei e monumenti cittadini, sconti presso i vari esercizi convenzionati. E' acquistabile presso l'Ufficio del Turismo di Piazza Duomo oppure presso il punto di informazione turistica posto al parcheggio della stazione ferroviaria. Per maggiori dettagli
Preceduto da una scalinata e dedicato a Santa Maria Assunta in cielo il duomo è uno dei capolavori dell’architettura gotica italiana. La prima pietra venne benedetta nel 1290 da papa Nicolò IV, che voleva trovare una degna sistemazione al miracolo di Bolsena. Non si hanno notizie del primo architetto dell’opera di certo nel 1308 la direzione dei lavori venne affidata al Maitani il quale introdusse notevoli modifiche al progetto originale prevalentemente in stile romanico. Al Maitani si susseguirono numerosi altri artisti tra i quali ricordiamo Andrea Pisano, Andra Orcagna, Michele Sanmicheli e Antonio da Sangallo il giovane. Nell’armoniosa facciata trovano dimora mosaici che narrano della vita di Maria, uno splendido rosone centrale a doppio giro e gli splendidi bassorilievi che ornano lo zoccolo dal quale si ergono 4 pilastri a fascio che terminano con delle guglie. L’interno è a tre navate divise da dieci colonne e due pilastri con capitelli finemente lavorati, custodisce tra le altre opere un ciclo di affreschi dipinti dal Beato Angelico e da Luca Signorelli, un crocifisso ligneo opera di Maitani, la Madonna dei Raccomandati di Lippo Lemmi e la Maestà di Filippo Fabriano. Di notevole valore artistico la Cappella di San Brizio oggi parte del Museo dell’Opera del Duomo.
Il palazzo che si affaccia su Piazza del Duomo venne fatto costruire dalla Famiglia del quale porta il nome nel XIX secolo. Il palazzo venne donato al comune assieme a numerose opere d’arte dall’ultimo conte ed attualmente ospita il museo “Claudio Faina”. Al suo interno di notevole pregio sono la Sala del Camino, la Sala Pompeiana, la Sala Rossa e la Sala delle Ore, bella la mostra permanente sugli “Ori del Faina” e la raccolta di pittura e di vasi.
Il complesso dei palazzi che si affaccia su piazza del Duomo è costituito dal Palazzo Papale, Palazzo Vescovile e Palazzo Soliano. Il più antico dei tre è il Palazzo Vescovile edificato su volere di Benedetto VII nel 977, è stato arricchito da notevoli opere d’arte sia internamente che esternamente dai vari papi che vi si sono succeduti. All’interno del palazzo ha attualmente sede il Museo dell’Opera del Duomo. A fianco sorge Palazzo Soliano edificato su volere di papa Bonifacio VIII nel 1297. Si giunge all’interno del palazzo dopo una scalinata che conduce all’unica sala dell’edificio. La sala che serviva come ricevimento delle ambasciate è illuminata da una serie di trifore gotiche e, dispone di volte a botte con travi in legno; dal 1991 è sede del Museo “Emilio Greco”. A ornamento delle facciate merlature in stile Guelfo.
Temendo assedi alla città, Clemente VII, che si rifugiò ad Orvieto dopo i saccheggi di Roma, ordinò ad Antonio da Sangallo il giovane la costruzione di un pozzo, che sfruttando una vena d'acqua posta sotto la rupe sulla quale sorge Orvieto, rifornisse la città di acqua. Il pozzo rappresenta ancora oggi una mirabile opera di ingegneria, con la forma di un cilindro è profono 53,15 metri e largo 13,40. L’accesso all’acqua è consentito da due scale elicoidali di 248 scalini ciascuna percorribili, a senso unico, anche dagli animali che in passato a ciclo continuo portavano l’acqua in superficie. Il pozzo è illuminato, decorato e areato da 70 finestroni posti lungo le scalinate, in fondo quasi a pelo dell’acqua un ponticello collega le due estremità.
La chiesa sorge sul luogo ove in precedenza venne edificato un tempio etrusco e successivamente un edificio di culto Romano. Durante i restauri del 1926 nella facciata della chiesa sono stati aggiunti dall’architetto Giovannoni degli elementi moderni che ne hanno alterato la sua purezza originaria. A fianco alla facciata la Torre Dodecagonale ornata da merli e bifore. L’interno della chiesa è a tre navate divise da otto colonne in granito e conserva affreschi della scuola della Signorelli.
Si tratta sicuramente della chiesa più antica di Orvieto al punto che per un certo periodo fu la Cattedrale della città. La chiesa venne edificata nel 1004 sui resti di un edificio paleocristiano. L’interno dispone di una pianta a due livelli collegati da una scala, le tre navate sono divise da colonne in tufo affrescate. L’altare in stile bizantino è in marmo scolpito.
Sulla piazza, che intorno al 1200 costituiva il centro della vita cittadina, si affacciano la Chiesa di San Rocco, Palazzo Bracci-Testasecca e Palazzo del Popolo. Il Palazzo del Popolo venne costruito ove sorgeva il palazzo papale distrutto da un’incendio su volere di Neri della Greca nel XIII secolo. Il palazzo costruito in pietra basaltica e tufo doveva rappresentare i nuovi poteri del popolo e ospitare la residenza del Capitano del Popolo. Nella sala dei Quattrocento possiamo ancora ammirare affreschi che illustrano l’avvicendarsi di capitani, podestà e papi . Il palazzo ospitò intorno alla fine del 1400 il Monte di Pietà, lo Studium dove gli studenti si riunivano per le lezioni di diritto e il Monte Frumentario, attualmente è sede di attività culturali e congressuali.
Posto nell’omonima via di fronte alla chiesa della Madonna della Cava, il pozzo è profondo 36 mt con un diametro di 4 mt. Il pozzo che venne costruito su volere di Clemente VII intorno agli inizi del 1500 venne chiuso nel 1646 in seguito ad un’ordinanza in quanto pare vi fossero stati gettati 4 soldati francesi. Rimasto abbandonato per un lungo periodo venne riscoperto nel 1984 a seguito di lavori di restauro. Intorno al pozzo sorgono nove stanze tra loro comunicanti dove sono stari ritrovati reperti di epoca etrusca, medioevale e rinascimentale. Attualmente il pozzo è sede di un affascinante percorso museale sotterrano dove, dalle viscere della terra, è possibile scoprire usi e costumi delle antiche civiltà che usavan queste cavità come abitazioni.
La rocca venne edificata nel 1364 dal cardinale Egidio Albornoz per difendersi da eventuali attacchi. La struttura originale progettata da Ugolino di Montemarte e Govanni Orsini venne distrutta dopo la sua edificazione e ricostruita su nuovo progetto. Attualmente della fortificazione rimangono solo il torrione circolare, la cinta muraria e le tre porte. Dal torrione e dalle mura si gode di una splendida vista sulla piana, mentre l'interno della rocca è ora adibito a giardino pubblico.
Portoferraio è una piccola cittadina ricca di storia che non ha sviluppato, anche a causa del suo recente passato di centro industriale siderurgico, una vocazione turistica preservandosi quasi intatta, sia pure vittima del naturale degrado. I recuperi delle fortezze che la circondano e la sovrastano, effettuati negli ultimi anni, ne rendono la visita particolarmente interessante. Si possono ammirare già all'arrivo con la nave le imponenti fortificazioni Medicee che padroneggiano sulla Baia: Forte Falcone, Forte Stella (riconoscibile dal faro) e la Torre della Linguella (all'ingresso della darsena), tutte erette nel 15° secolo in difesa dei continui attacchi dei pirati.
Il Forte Stella è una fortificazione costiera posta in posizione dominante sul promontorio che domina da nord l'intera rada del porto.
A pianta stellare, l'imponente complesso fortificato fu realizzato nel 1548 per svolgere funzioni di avvistamento e di difesa nell'ambito del massiccio sistema difensivo, voluto dai Medici, che caratterizza la cittadina elbana ed era costituito dall'insieme di varie strutture fortificate che, di fatto, rendevano il luogo inespugnabile. Il complesso continuò a svolgere le originarie funzioni a cui era adibito fino ad epoche relativamente recenti.
Eretto nel 1548 on i suoi 2360 mq., rappresenta insieme al Forte Stella e alla Torre della Linguella, una delle tre "colonne portanti" del sistema difensivo della città di Cosmopoli (nome dato da Cosimo I a Portoferraio).
Oggi oggetto di restauro, verrà presto restituito alla città di Portoferraio come luogo di incontro, feste ed eventi.
La terza fortezza ideata per la fortificazione della città di Portoferraio voluta da Cosimo de' Medici nel 1548. Subito riconoscibile all'entrata del porto di Portoferraio per la sua forma ottagonale, è un esempio supremo di architettura militare a difesa del porto.
Costruita nel 1724 dal Gran Duca Gian Gastone de'Medici fu riadattata alla volontà di Napoleone di ricreare, in formato ridotto, quell'atmosfera di corte che lo aveva sempre accompagnato. Il mobilio originale, fatto portare da Napoleone dalla residenza piombinese di sua sorella Elisa Baciocchi, è oggi andato disperso. Un accurato progetto di recupero delle residenze ha portato a riarredare Villa dei Mulini sostituendo il mobilio originale perduto con bellissimi mobili ottocenteschi stile impero che ricreano l'atmosfera imperiale che si doveva assaporare nelle stanze della palazzina. Oggi è museo nazionale.
La spiaggia è facilmente raggiungibile dal porto (un po' meno facile sarà trovare parcheggio), prima di entrare nel centro storico della città, si gira a sinistra, un viale alberato porta in questa bellissima spiaggia formata da piccoli ciottoli bianchi levigati dal mare.
Il tratto di mare antistante che si estende per circa un miglio marino, compreso lo Scoglietto, dal 1971 è zona di tutela biologica: ciò ha permesso a questa aerea protetta, per la ricchezza della flora e della fauna marina presente, di essere uno dei posti più belli per le immersioni subacquee.
Situata nelle immediate vicinanze del centro storico di Portoferraio, nei pressi della villa dei Mulini, residenza invernale di Napoleone, la spiaggia delle Le Viste è formata da sabbia e piccoli ciottoli di varie forme e colori ed è dominata dalle antiche mura del forte Falcone. Lo specchio d’acqua antistante è all'interno della riserva marina di Le Ghiaie e ad un miglio marino dallo Scoglietto, un isolotto che al momento è uno dei posti più belli per le immersioni subacquee. Raggiungere la spiaggia non è proprio agevole, in quanto per accedervi bisogna percorrere circa 200 metri di una stradina in forte pendenza.
Pianosa fa parte del Parco Nazionale dell'arcipelago Toscano. Un'associazione ne protegge l'aspetto e la zona marina rendendola un luogo piacevole per gite e viaggi. Sono vietate in tutta la sua zona marittima, la pesca, l'immersione, l'ancoraggio, la sosta, l'accesso e la navigazione se non sotto autorizzazione specifica.
L' isola di Pianosa è stata resa visitabile ai turisti solo da maggio 2005: possono accedere all'Isola al massimo 350 visitatori giornalieri e la visita diurna e guidata all'isola è possibile da aprile a ottobre in gruppi, con imbarco da Marina di Campo, sull'isola d'Elba.
Tutto l’anno il collegamento con l’isola è dato dalla Toremar che parte da Piombino alle 8:20 fa un breve scalo a Rio Marina e arriva a Pianosa alle 11:15 di nuovo partenza da Pianosa alle 14:10 e arrivo a Piombino alle 17:15.
Durante i mesi estivi, con il traghetto di linea, 150 turisti al giorno possono sbarcare e raggiungere facilmente Pianosa partendo al mattino da Marina da Marina di Campo e tornandovi la sera.
Ciascun visitatore deve corrispondere al Parco un ticket di ingresso (8,00 euro la tariffa 2013) che andranno metà al Comune di Campo nell'Elba e metà al Parco dell'Arcipelago Toscano.
Visitare Pianosa quindici anni dopo la chiusura del carcere di massima sicurezza è come fare un salto all'indietro nel tempo: un tempo in cui sull'isola vivevano fino a sessanta famiglie e mille detenuti. Tornare agli Anni 60, in un luogo magico dove alla sera, nel più totale silenzio, guardare le stelle e sentirsi come su di un set cinematografico.
Ci sono case (e un forte napoleonico) che si sbriciolano, uffici sprangati, insegne sbiadite di negozi abbandonati, campi da calcetto divorati dall'incuria e surreali cartelli che avvisano l’automobilista di rallentare in prossimità di una scuola scomparsa da un bel pezzo.
A Pianosa ci accoglie il silenzio di una terra dove la presenza dell’uomo è ora appena percettibile.
Abitata fino a pochi anni fa anche da più di 2000 persone Pianosa, dal 1998 anno di dismissione del carcere ha visto la popolazione residente ridursi a 10/15 detenuti più il personale di vigilanza.
Passeggiando tra le vecchie e suggestive strutture di quello che è stato l’unico borgo abitato, se ne può conoscere la storia, per poi visitare le catacombe cristiane, i resti dell’area termale romana del nobile Marco Postumo Agrippa in un percorso che va dall'età della pietra fino agli insediamenti ottocenteschi della prima colonia penale agricola d’Italia.
Il resto della giornata possiamo trascorrerlo sulla spiaggia di Cala Giovanna, incomparabile per il candore della sabbia e la trasparenza delle acque: dopo oltre cento anni di divieto assoluto di pesca nelle acque circostanti l’isola, entrare in acqua, con il semplice ausilio di una maschera ed un eventuale boccaglio, porta a diretto contatto con una vita sottomarina altrove irrimediabilmente perduta.
Il bagno è consentito nella sola spiaggia di cala Giovanna nelle vicinanze del bar ristorante.
Tutte le escursioni avvengono esclusivamente con una Guida Parco o una Guida Ambientale.
Con la Guida è possibile effettuare escursioni a piedi, in bus, in bicicletta o in calesse.
Il paese, il porticciolo e il forte Teglia hanno un’architettura caratteristica, dovuta soprattutto al gusto eclettico del Cav. Ponticelli, uno dei primi direttori della colonia Penale agricola, uomo di grande cultura che ha diretto Pianosa per vent'anni.
L'edificio più antico è il forte Teglia. Napoleone Bonaparte, in esilio all'Elba, lo fece erigere sopra la collina antistante l’insenatura d’attracco per posizionarvi i cannoni e dare alloggio alla guarnigione che doveva vigilare sull'isola. Il forte in seguito ha subito ampliamenti e modifiche: dove una volta era istallato il cannone, ora una bianca statua della Madonna accoglie i viaggiatori.
Incamminandosi su per la strada si arriva alla Darsinetta (antico punto d’approdo usato dai romani) , sormontato dal Marzocco, pinnacolo di roccia bucato dall'erosione eolica. Dietro, separato da un breve tratto di mare, l’isolotto della Scola, 34 m di altitudine, abitato dall'uomo in epoca preistorica e ora sito di nidificazione delle Berte maggiori, familiarmente chiamato dagli elbani, per la sua forma, “il cappello del Prete”.
Da Cala dei Turchi si vedono l’isola di Montecristo e il profilo basso della costa fino a Punta Secca, scendendo sugli scogli, in un masso, troviamo scolpita una croce Bizantina ricordo di un’epoca in cui il mar Tirreno era conteso tra la flotta cristiana e quella barbaresca.
Sopra a Cala dei Turchi, di fronte al Forte Teglia, il cancello di un palazzo ottocentesco ci indica l’entrata delle catacombe, sepolcreto paleocristiano che costituisce uno dei più affascinanti “misteri” dell’isola.
Alle catacombe, le più settentrionali rispetto a Roma, si accede da una piccola grotta vicino al porto. Risalential III-IV secolo vennero utilizzate come luogo di sepoltura dalle prime comunità cristiane che si insediarono sull'isola attirate dalla fertilità e ricchezza d'acqua.
Sono costituite da un fitto intreccio di gallerie basse con loculi coperti con lastre di pietra, su cui erano incisi i nomi dei defunti.
Sia pure spogliate lungo i secoli, soprattutto durante il periodo della pirateria, e spesso usate come magazzini o come vere e proprie discariche, grazie a recentissimi restauri si presentano oggi in buono ottimo stato di conservazione.
Il paese si estende poi lungo Viale Regina Margherita; a sinistra la piazzetta della posta, la foresteria, la casa dell’Agronomo e quella del Ragioniere, a destra affacciati su cala Giovanna il molo d'attracco del traghetto, il campo da calcetto, il tennis, i giochi per i bimbi, la verde villa Literno, la scuola; tutti edifici che ci parlano di una comunità che qui ha vissuto dalla metà dell’ottocento fino al 1998.
Prima di rientrare suggeriamo di visitare l'interessante mostra fotografica curata dall'Associazione per la difesa dell'Isola di Pianosa (onlus) e nata dalla volontà di alcuni ex pianosini di far conoscere la storia della comunità che l'abitava, promuovere la rinascita dell'isola e sensibilizzare sulla condizione del paese ormai in rovina e soggetto a frequenti crolli.
Sull’isola di Pianosa esiste un servizio di bar-ristorante a disposizione dei visitatori che possono usufruirne scegliendo tra varie opportunità che vanno dal semplice spuntino fino al pranzo completo.
Il locale, più che decoroso, garantisce ai visitatori un corretto rapporto qualità-prezzo nell'acquisto di cibi e bevande, inoltre mette gratuitamente a disposizione di tutti toilettes ed uno spazio ove è possibile lasciare piccoli bagagli per evitare di portarli con sé durante la visita.
La struttura è gestita dalla Cooperativa Sociale San Giacomo che dà lavoro a detenuti del carcere di Porto Azzurro che, usufruendo di un particolare regime di semi-libertà, ottenuto sulla base di criteri di buona condotta, scelgono questa esperienza lavorativa al termine della loro pena a conferma di un definitivo recupero alla vita normale.
Il bar-ristorante si trova nella zona del Paese, a circa duecento metri dal punto di sbarco dalla motonave, adiacente alla struttura che ospitò la Direzione della Colonia Penale Agricola.
Adiacente al bar-ristorante i visitatori trovano un’area attrezzata con panche e tavoli in legno all’ombra di una piccola pineta.
Questo bello spazio, che si affaccia sul mare di Cala Giovanna, è fruibile sia per riposarsi tra una visita e l’altra che per consumare piacevoli pic-nic con la possibilità di integrare quanto portato con se acquistando vivande presso il bar-ristorante.
Una delle prime spiagge ad essere presa d’assalto dai bagnanti ad inizio stagione grazie alla sua esposizione a sud, di sabbia granulosa la spiaggia di Cavoli, è divisa in due da un piccolo gruppo di scogli.
Dotata di infrastrutture balneari, Cavoli è particolarmente frequentata d'estate diventando il ritrovo dei giovani vacanzieri.
A circa 20 minuti di pedalò, alla sua destra si trova la Grotta Azzurra, facile da trovare seguendo la costa, e piacevole da visitare.
La costruzione venne iniziata nel 1173, ma sospesa per il cedimento del terreno al raggiungimento del quarto livello. Nel 1275 i lavori vennero ripresi da Giovanni di Simone e da Giovanni Pisano, per porre rimedio alla pendenza gli architetti diedero ai successivi tre piani un’inclinazione opposta. La torre alta 56 metri dispone di due stanze: una posta al pian terreno, denominata stanza del Pesce, ed una cella campanaria posta alla sommità. Una scala elicoidale raggiunge il sesto loggiato, dal sesto loggiato si esce all’esterno e si sale al settimo tramite una scala a chiocciola esterna, si prosegue fino alla sommità con una scala ancora più piccola.
È l’unica in tutta Venezia ad avere il nome di Piazza (tutte le altre prendono il nome di Campi, Campielli, Corti…) ed è un grande trapezio di circa 170 metri di lunghezza, formato sostanzialmente di tre parti: oltre alla piazza vera e propria, infatti, l’insieme comprende anche la Piazzetta dei Leoncini, al lato della Basilica e la Piazzetta San Marco antistante il Palazzo Ducale. Solo con l’arrivo a Venezia delle spoglie di San Marco nell’826 questa zona di orti curati dalle suore del convento di San Zaccaria iniziò ad essere edificata: si iniziò con la Basilica, a cui seguì un ospizio per pellegrini malati. Nel 1156 si fecero opere importanti per interrare il rio Batario e guadagnare spazio per la Piazzetta San Marco. Negli anni successivi furono poste le due grandi colonne di granito provenienti da Costantinopoli sulla sommità delle quali furono posti rispettivamente il leone alato di San Marco ed una statua di san Teodoro, primo patrono di Venezia. Nel 1204, mentre la Basilica si andava arricchendo degli immensi tesori portati a Venezia con la quarta Crociata, la piazza fu pavimentata.
Tra il 1300 e la prima metà del 1400 Palazzo Ducale andò gradualmente assumendo l’aspetto attuale, mentre tra il 1495 e il 1517 furono costruite le Procuratiae Vecchie e la torre dell’Orologio.
L’aspetto della piazza, esempio tipico di classicità romana, lo si deve al Sansovino che realizzò la libreria e la Loggetta ai piedi del campanile (1540). Tra il 1582 e il 1640 furono edificate le Procuratie Nuove. L’ultimo intervento si ebbe nel 1807, in piena dominazione napoleonica: fu demolita la Chiesa di San Geminiano e costruita l’Ala Napoleonica.
Nell’insieme, la Piazza era il cuore della città: il potere religioso si accentrava nella Basilica, mentre quello temporale aveva sede in Palazzo Ducale, dove coesistevano governo, magistratura e prigioni; tra le due colonne venivano eseguite le esecuzioni capitali; la piazza era sede di processioni, tornei, fiere e mercati e, dal settecento, del Carnevale e dei caffè. La grandiosità e la magnificenza della Piazza era di per sé un elemento strategico: doveva abbagliare e, possibilmente, mettere in stato di soggezione ambasciatori, dignitari e delegazioni in visita al Doge, che sbarcavano sul molo dopo lunghi e faticosi viaggi.
Prima del IX secolo piazzetta dei Leoncini esisteva una cappella dedicata a San Teodoro. Nell’828 fu sostituita da una Chiesa destinata ad accogliere le reliquie di San Marco trafugate da mercanti veneziani e provenienti da Alessandria d’Egitto. Nella stessa epoca fu eretto anche il primo campanile. Questa prima Chiesa fu sostituita pochi anni dopo da una costruzione più grande che andò distrutta in un incendio. Nel 976 fu eretta una nuova chiesa, sostituita da quella attuale nel 1094 per iniziativa del doge Domenico Contarini che si ispirò per la sua forma architettonica alla Basilica dei Santi Apostoli di Costantinopoli andata perduta dopo la conquista ottomana. La pianta della Basilica è, quindi, a croce greca, con le sue cinque cupole disposte al centro e lungo gli assi della croce. Lo stile è insieme bizantino, romano e veneziano. L’aspetto attuale è il frutto di numerosi interventi susseguitisi nel corso dei secoli. Nonostante questo, la Basilica appare come un insieme unitario, coerente ed armonico addirittura sorprendente. Si pensi che i mosaici dorati dell’interno della Basilica risalgono alla fine del XII secolo, nel XV secolo si definisce la facciata, capolavoro della scultura gotica; che le attuali cupole sono costruzioni di legno rivestite di lamine di piombo che racchiudono le cupole originali più piccole e più antiche. Si pensi anche che per secoli la Chiesa si andò arricchendo di fregi, sculture, marmi, colonne provenienti dall’oriente e portate dai mercanti veneziani. In particolare molti materiali preziosi giunsero a seguito della IV Crociata (1204) e dal sacco di Costantinopoli. La più celebre delle opere trafugate in quell’occasione sono i cavalli di bronzo argentato e dorato posti sopra l’ingresso centrale della Basilica. Dopo il restauro iniziato nel 1977 i cavalli originali, razziati dall’ippodromo di Costantinopoli, sono stati collocati nel Museo di San Marco e sostituiti da copie. Il Battistero e la Cappella di Sant’Isidoro di Chio risalgono al XIV secolo e solo nel 1617 furono realizzati gli ultimi due altari al suo interno. Fino al 1807 San Marco fu considerata Chiesa di Stato ed era retta dal doge; la sua amministrazione era affidata ai Procuratori di San Marco, magistratura che risiedeva nelle Procuratie e che esiste ancora per la tutela, la manutenzione ed il restauro della Basilica, del campanile e delle loro pertinenze.
L’attuale campanile di San Marco (che i veneziani hanno soprannominato “el paròn de casa (il padrone di casa)” risale al 1912. È uno dei simboli di Venezia, famoso anche perché nel 1609 Galileo Galilei lo utilizzò per una dimostrazione del suo cannocchiale. Nato come torre di avvistamento e faro nel IX secolo, ebbe una storia segnata da numerosi fulmini, un terremoto ed un rovinoso crollo nel 1902. Fu ricostruito “dov’era e com’era” e le stesse campane, delle quali si era salvata soltanto la più grande, furono ricostruite fondendo le originali.
Al suo interno, l’altare maggiore custodisce le spoglie di San Marco. Dietro l’altare è collocata la Pala d’oro, grandiosa opera di oreficeria che contiene 526 perle e 1401 pietre preziose, creata per la Basilica nel X secolo (ingresso a pagamento).
È sicuramente uno dei simboli di Venezia, il suo più grandioso edificio civile. Si trova nell’area monumentale di Piazza San Marco ed ospita il Museo Civico di Palazzo Ducale. Era la prestigiosa sede del Doge e delle magistrature veneziane, gioiello di arte gotica rinascimentale. La storia di questo meraviglioso palazzo ha inizio a partire dal IX secolo come casa fortificata del doge. Nel XII perse l’aspetto difensivo per assumere le forme di elegante residenza. Tra il 1340 e il 1492 si ebbe la trasformazione verso l’aspetto attuale. Nel 1574 un incendio distrusse alcune delle sale di rappresentanza del piano nobile e alla sua ricostruzione collaborò anche Andrea Palladio. Tra il 1575v e il 1580 Tiziano e Veronese decorarono gli interni del palazzo. Ospitava i tribunali e le prigioni, che presto non furono più sufficienti ad ospitare tutti i condannati. All’inizio del 1600 furono aggiunte le Prigioni Nuove, collegate attraverso il Ponte dei Sospiri, che veniva percorso dai condannati dei tribunali di Palazzo Ducale. Dopo la caduta della Repubblica di Venezia nel 1797, il palazzo ospitò uffici amministrativi degli imperi napoleonico e asburgico. Le prigioni chiamate “piombi” e descritte da Silvio Pellico mantennero ancora a lungo la loro funzione. Nel 1923, dopo l’annessione di Venezia al Regno d’Italia e dopo lunghi lavori di restauro, Palazzo Ducale divenne sede museale.
Nel grande cortile interno con le sue belle vere da pozzo in bronzo la scala detta dei Giganti (per le due enormi statue del Sansovino poste ai suoi lati) porta al Loggiato, dal quale la splendida scala d’oro decorata con affreschi e stucchi dorati porta ai piani superiori.
Tra tutte le meravigliose sale di Palazzo Ducale la più sorprendente è quella del “Maggior Consiglio”, dove si riunivano tutti i patrizi veneziani. Le sue dimensioni (53x25 x12 di altezza) ne fanno una delle più vaste d’Europa: si pensi che ospitava tra i 1200 e i 2000 membri del Consiglio. Alle sue pareti splendide opere di Veronese, Gentile da Fabriano e Tintoretto. L’intero Palazzo Ducale, del resto, racchiude al suo interno veri e propri tesori d’arte, tra cui una intera pinacoteca di dipinti di scuola veneta del periodo compreso tra il XV e il XVII secolo, che hanno il privilegio di poter essere ammirati nei posti per i quali furono eseguiti e che rappresentano le più gloriose pagine della storia della Repubblica di Venezia.
Consentono di visitare alcune stanze che non rientrano nell’itinerario di visita al pubblico. Si tratta di stanze in cui si svolgevano attività di amministrazione, di esercizio del potere e della giustizia. La visita è guidata e dura circa 1h e 15’; a seconda degli orari (consultabili sul sito) si svolge in Italiano, in Inglese e francese.
Le visite non sono consentite ai bambini sotto i 6 anni di età.
Per la presenza di ambienti di dimensioni ridotte e scale ripide, la visita non è consigliata a persone con ridotta capacità motoria, a donne in gravidanza e a persone che soffrono di claustrofobia, disturbi cardio-circolatori o vertigini.
È il ponte più famoso di Venezia e prende il nome da una leggenda, secondo la quale i condannati dai tribunali che avevano sede in Palazzo Ducale venivano trasferiti nelle terribili prigioni della Serenissima attraverso questo passaggio chiuso e sospiravano nel vedere, attraverso il complesso disegno della sua architettura, l’ultimo scorcio del mondo libero.
Fu costruito agli inizi del 1600 per volere del Doge Marino Grimani dall’architetto Antonio Contin che scelse la pietra d’Istria per questa sua opera barocca.
Il Ponte dei Sospiri, che fa parte del percorso di visita di Palazzo Ducale, è visibile solo dal ponte della canonica e dal ponte della Paglia (oltre che dalla gondola e dai vaporetti) separa Il Sestiere San Marco dal Sestiere di Castello.
Nel 1516 il governatore della Repubblica di Venezia decise che gli ebrei, che gradualmente, partire dal XIV secolo si era stabiliti in città e che vi erano ritornati dopo un decreto di espulsione del 1394, potevano abitare solo in un’area, una piccola isola detta del Ghetto Nuovo dal getto dei metalli fusi delle fonderie che vi sorgevano. Solo nel 1797, con l’avvento delle truppe napoleoniche, gli ebrei ebbero lo stesso grado di libertà degli altri cittadini. Durante la II guerra mondiale, il ghetto non fu risparmiato: 200 persone furono deportate e uccise nei campi di concentramento nazisti.
Il ghetto si divide in Ghetto Nuovo, del 1516; Ghetto Vecchio del 1541 e Ghetto Nuovissimo del 1633.
Quello che colpisce in quest’area, sono le 5 sinagoghe a rappresentare le diverse etnie che si stabilirono nella laguna nel corso dei secoli. Molto interessante anche il Museo d’arte ebraica, che ospita argenteria e preziosi manufatti tessili provenienti dalle sinagoghe, antichi documenti, tra cui molti contratti matrimoniali, oltre a donazioni private.
Istituito il 3 Dicembre 1922, con un decreto legge a firma di Vittorio Emanuele III, il Parco Nazionale del Gran Paradiso rappresenta il più antico parco d'Italia, seguito da quello dell'Abruzzo istituito qualche mese più tardi. Il Parco, che si estende su di una superficie di circa 71.000 ettari tra il Piemonte e la Valle d'Aosta, ha come fine quello di "conservare la fauna e la flora e di preservare le speciali formazioni geologiche, nonché la bellezza del paesaggio". Inizialmente la gestione del Parco venne affidata alla Commissione Reale del Parco Nazionale del Gran Paradiso, sostituita dopo la seconda guerra mondiale dall'Ente Parco Nazionale del Gran Paradiso, con un consiglio di amministrazione composto da 13 elementi e un corpo di guardie giurate alle dipendenze. Dal 2000 il Parco è stato dichiarato un Sito di Interesse Comunitario, nel 2006 è stato insignito del Diploma Europeo delle aree protette, confermato nel 2012.
Possiamo tranquillamente affermare che la storia del parco è strettamente legata alla storia della conservazione dello stambecco, infatti già nel lontano 1821 il re di Sardegna Carlo Felice, ordinò il divieto di caccia dell'animale su tutti i territori del regno, mentre nel 1850 il re Vittorio Emanuele II, colpito dall'abbondanza della fauna nelle valli, nominò l'area Riserva Reale di caccia. Ci vollero però alcuni anni prima che i valligiani e i comuni cedessero al re l'utilizzo esclusivo dei diritti venatori. Nel 1856 nacque ufficialmente la Riserva Reale di Caccia del Gran Paradiso, con un corpo di vigilanza composto da circa 50 addetti, per i quali vennero costruite piccole case all'interno del parco. Nello stesso periodo vennero restaurate le chiese, le case comunali, costruiti rifugi di caccia per il re, mulattiere e sentieri di collegamento dai borghi ai vari rifugi di caccia, tutti percorribili a cavallo, e ancora oggi in uso. Nel 1919 re Vittorio Emanuele III si dichiarò disposto a donare la Riserva Reale di Caccia allo Stato italiano purchè venisse creato un Parco Nazionale.
Si tratta della più estesa delle isole Pontine, ma anche di quella più popolata e più conosciuta dal turismo mondano. La sua formazione vulcanica e la sua costa frastagliata fanno sì che l’isola disponga di poche spiagge, la maggior parte raggiungibili solo via mare. Sebbene fosse abitata sin dall’epoca preromana, modeste sono le testimonianze di insediamenti, a causa della pietra friabile dell’isola, dei forti venti che la battono, e del mare che ne erode le coste. Ponza è un’isola che saprà conquistarvi per la varietà delle tinte pastello delle sue case, per la bellezza delle sue alte falesie dai colori che variano dal bianco latte al grigio, e per la cordialità della sua gente. Le magiche luci dell’isola e il suo mare, dalla incredibile cromaticità, renderanno indimenticabile la vostra vacanza.
Assieme alla vicina isola di Santo Stefano, Ventotene, si trova a circa 22 miglia marine dal gruppo occidentale delle Isole Ponziane. L’isola è la seconda per estensione dell’arcipelago, con una forma lunga e stretta che raggiunge la lunghezza massima di 2900 metri e una larghezza massima di 900 metri. L’isola è piuttosto battuta dai venti, dai quali ne deriva il nome, anche per questo dispone di pochissima vegetazione ad alto fusto, in compenso è molto ricca di vegetazione a basso fusto. Grazie all’abbondanza di fichi d’india, bouganville, agavi, oleandri, lantana che sbucano tra le rocce o si arrampicano sui muri, l'isola offre ai turisti deliziose immagini. Sicuramente meno mondana della vicina Ponza, meta del turismo d’assalto, Ventotene ha saputo mantenere intatto il suo fascino selvaggio offrendo ai suoi ospiti la possibilità di godersi una vacanza a ritmo lento, in stretto contatto con il mare cristallino. Grazie ai profumi della sua macchia mediterranea ed agli intensi colori della sua terra vulcanica Ventotene è in grado di regalare a chiunque forti emozioni. L’isola, già menzionata nell’Odissea, come Isola delle Sirene, è molto apprezzata anche fuori stagione, grazie al suo clima mite ed alla possibilità di effettuare trekking e birdwatching. Ventotene rappresenta infatti una tappa fondamentale per gli uccelli migratori che volano verso le coste Africane. Da diversi anni il mare intorno all'isola, grazie all'enorme varietà di pesci e piante acquatiche, è considerato un vero paradiso dai Sub.
Passeggiare per le viuzze della città è sicuramente molto gradevole, soprattutto la sera, quando scende il sole, il cielo si infuoca dei colori del tramonto e si alza una piacevole brezza. Sulle strette vie, in un continuo sali scendi, si affacciano numerosi negozi di abbigliamento, di souvenirs, bar, ove consumare stuzzicanti aperitivi, e ristoranti. Il cuore della città è costituito da:
ove sorge il forte o castello, ora utilizzato in parte come sede del comune ed in parte come sede del museo archeologico. Gli ultimi due piani dell’edificio vennero aggiunti agli inizi del ‘900 per ospitare i confinati. Fu proprio in questo castello, come ricorda una lapide apposta sulla facciata, che nel 1914 venne firmato il famoso “Manifesto di Ventotene” nel quale si chiedeva l’unione dei paesi europei.
Conosciuta semplicemente come Villa Giulia, in onore della prima nobildonna romana che vi venne esiliata, la struttura occupa l’intero promontorio di punta Eolo. Per la visita alle rovine è necessario richiedere l’autorizzazione al museo archeologico.
Posta ai piedi del Faro, la peschiera rappresenta un vero e proprio allevamento ittico, costruito intorno al I secolo a.C. dai romani, per soddisfare il crescente consumo di pesce d’acqua salata da parte delle classi più agiate. L’impianto, viste le dimensioni, era in grado di fornire pesce ad un numero non molto elevato di persone, probabilmente solo agli abitanti delle ville dell’isola. L’impianto venne costruito seguendo le indicazioni dei più noti naturalisti dell’epoca, anche se i criteri di base derivano dalle tecniche utilizzate in oriente. Gli impianti dovevano essere prima di tutto facilmente accessibili, avere zone assolate e zone d’ombra, inoltre dovevano disporre di un collegamento diretto con il mare.
E’ sicuramente la prima cosa dell’isola che colpisce l’attenzione arrivando dal mare. Il bacino del porto venne completamente scavato nella roccia in epoca romana, per fare ciò vennero asportati circa 60.000 metri quadrati di roccia tufacea. I fondali arrivarono in questo modo a raggiungere una profondità di circa 3,5 metri. Sulla banchina venne scavato un portico, del quale rimangono ancora oggi alcuni archi, occupati da negozi. Nel 1770 l’intera struttura portuale venne rifatta su progetto del maggiore Winspeare, utilizzando come manodopera i carcerati presenti sull’isola.
Partendo da piazza Castello, si prosegue in discesa verso la piccola chiesa, di lì, proseguendo verso via Granili, si raggiunge il Belvedere dal quale si gode di una spettacolare vista su Cala Rossano e sul mare.
Posto sul promontorio e raggiungibile seguendo Via degli Ulivi, in direzione opposta all’abitato, il semaforo è una postazione antiaerea costruita durante la Seconda Guerra Mondiale. Attualmente, oltre a costituire un ottimo punto panoramico, ospita il “Museo della Migrazione”, primo Museo e Osservatorio Ornitologico in Italia e uno dei pochissimi esistenti a livello europeo. Il museo e l’osservatorio sono il risultato del lavoro svolto in oltre 20 anni da ricercatori e inanellatori volontari. Il percorso museale aiuta a comprendere i misteri della migrazione, permettendo di scoprire, ad esempio come fanno a raggiungere Ventotene dal Nordafrica uccelli del peso di pochi grammi, come fa una Sterna artica a migrare, nel corso della sua vita, per una distanza pari a due volte quella che separa la Terra dalla Luna, come fanno a orientarsi nella notte uccelli che vivono una vita diurna. Grazie a modelli a grandezza naturale, video e pannelli interattivi, vengono poi spiegate al pubblico le antiche tecniche di cattura degli uccelli. Il Semaforo viene anche utilizzato per osservare il volo di molti uccelli in quanto, Ventotene assieme a Santo Stefano, costituisce un punto di sosta per oltre 194 specie di uccelli migratori che si spostano dall’Europa all’Asia e viceversa.
Si tratta di enormi serbatoi, costruiti in epoca romana, che dovevano garantire il rifornimento idrico agli abitanti dell’isola. Poste a pochi minuti a piedi da piazza castello, le due cisterne “Villa Stefania” e “Dei Detenuti” sono visitabili tramite apposite visite organizzate dalle guide dell’isola. Le visite più suggestive sono quelle effettuate in notturna. Le due cisterne si estendono su una superficie rispettivamente di 700 metri quadrati e 1200 metri quadrati.
Trattandosi di un’sola di origine vulcanica, prevalentemente rocciosa, Ventotene dispone di poche spiagge, alcune delle quali raggiungibili solamente dal mare. Caratteristica di quasi tutte le spiagge è il colore scuro della soffice sabbia. Tra le spiagge principali:
Cala Nave: raggiungibile a piedi dal paese, in genere è la spiaggia più affollata dell’isola. Dalla spiaggia è possibile raggiungere la zona posta al di sotto del faro con scogli piatti piuttosto comodi
Cala Rossano: si tratta di una piccola cala che si affaccia direttamente sul porto. Qui hanno sede le due scuole di vela dell’isola
Parata Grande: La spiaggi è posta ad di fuori del centro abitato ed è raggiungibile tramite una scalinata con un centinaio di gradini
Parata della Postina: posta in direzione di capo dell’arco, la spiaggia, di sabbia mista a ciottoli, è protetta da un lungo scoglio piatto.
Cala Battaglia: raggiungibile tramite un sentiero piuttosto impervio
Se volete godervi appieno lo splendido mare dell'isola, il modo migliore è sicuramente quello di recarsi al porto ed effettuare una delle tante escursioni proposte. Generalmente le escursioni comprendono un giro dell’isola con varie soste bagno nei punti più belli, oppure una sosta all’isola di Santo Stefano con visita al carcere e bagno. Accordandosi con i barcaioli è possibile farsi accompagnare ad una caletta e farsi venire a prendere ad un’ora prestabilita. Non dimenticate di portare con voi maschera, boccaglio, acqua e crema solare.
Il 12 dicembre del 1997, il Ministero dell'Ambiente, ha istituito l’Area Naturale Marina Protetta "Isole di Ventotene e Santo Stefano". Come tutte le aree marine protette, anche quella di Ventotene e Santo Stefano, impone ai suoi ospiti regole di comportamento, limitazioni d’uso e di accesso. L’intera area è suddivisa in tre zone distinte, con diverse modalità di accesso e tutela ambientale:
- Riserva Integrale: si tratta di quella più interna, biologicamente intatta, che richiede maggiore protezione e difesa. L’accesso è consentito in maniera molto limitata e solamente a scopi scientifici. I visitatori sono accompagnati da personale specializzato, dopo aver ottenuto apposito permesso.
- Riserva generale: l’accesso ai visitatori è consentito in punti fissi ed in percorsi prestabiliti, previo rilascio di permessi da parte dell’Ente gestore del parco. E’ consentito l’accesso ai subacquei solo se accompagnati da apposite guide autorizzate.
- Riserva parziale: in quest’area è ammessa la presenza dell’uomo senza preventiva autorizzazione, sono permesse tutte le attività compatibili con la preservazione dell’ambiente.
L’area marina protetta ha come scopo quello di perseguire, tutelare e valorizzare le risorse biologiche e geomorfologiche della zona, diffondere e divulgare la conoscenza dell’ecologia e della biologia degli ambienti marini e costieri, realizzare programmi di studio e ricerca scientifica nei settori dell’ecologia, dalla biologia marina e della tutela dell’ambiente, sviluppare programmi di carattere educativo per migliorare la cultura dell’ecologia e della biologia marina.
Si tratta dell’isola più piccola di tutto l’arcipelago, con un perimetro che non raggiunge i 2 chilometri, di forma tondeggiante, è quasi priva di vegetazione. L’isola deve la sua fama al carcere che vi fece edificare Ferdinando IV di Borbone alla fine del ‘700. Il carcere venne utilizzato fino al 1965, quando venne definitivamente chiuso e lasciato in stato di abbandono. L’innovativa forma a ferro di cavallo, con cui venne progettato, rispondeva essenzialmente a due principi fondamentali: il primo era psicologico, le celle si aprivano solamente verso l’interno, dando l’impressione ai detenuti di trovarsi in un arroccamento completo, il secondo era di ordine pratico, consentiva di controllare tutte le celle utilizzando pochissimi sorveglianti. La particolare forma del carcere e la sua imponenza, suscitano un’impressione molto forte a tutti coloro che vi entrano, attraversando l'unico portone, sul quale è posta una lapide a ricordo della detenzione di Sandro Pertini. Al centro del carcere è posta una struttura, dove il cappellano celebrava la messa e dove venivano inflitte le punizioni corporali ai detenuti. Le 99 celle avevano mediamente una grandezza di 19 metri quadrati ed arrivarono ad ospitare fino a 9-10 uomini ciascuna. Le condizioni in cui venivano tenuti i prigionieri erano molto precarie, al punto che verso la metà del 1800, nel giro di 9 anni vi morirono ben 1250 detenuti, dei quali solo 200 per cause naturali. Nel 1892 le celle vennero divise a metà, venne aggiunto un anello esterno con altre 75 celle, e il cortile venne diviso in spicchi, per evitare il contatto tra detenuti politici e comuni. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, fino alla sua chiusura, il carcere venne utilizzato per la detenzione dei condannati all’ergastolo. Santo Stefano è raggiungibile tramite escursioni organizzate che partono dall’isola di Ventotene, mentre il carcere è raggiungibile solamente a piedi partendo dal punto di attracco delle imbarcazioni. Il sentiero che porta al carcere è piuttosto scosceso, vi sconsigliamo quindi di avventurarvi con ciabattine da spiaggia.
Ci troviamo nella piazza di Treviso più eclettica dal punto di vista architettonico; provate a mettervi nel mezzo e guardatevi attorno...4 lati quattro stli. In mezzo una splendida fontana!
Questa piazza è stata, attorno al 1930, al centro di molti progetti urbanistici: dal nuovo palazzo Littorio, al mercato della frutta e verdura, al rifacimento della pavimentazione. All’interno di questo programma si inserisce anche la nuova fontana, fortemente voluta dai commercianti della zona, che sostituì l’originale forse non dissimile dalla fontana di Piazza Pola.
Isola al centro del Cagnan Grande, fu creata all'epoca del governo austriaco, nel 1856, su alcuni isolotti naturali. Obiettivo era dare nuova sede al quotidiano mercato del pesce, prima situato nelle vicinanze della Piazza dei Signori.
La Pescheria di Treviso è uno dei luoghi più caratteristici del centro storico, circondata da edifici quali Ca’ dei Carraresi e Ca’ Brittoni da un lato e dall’altro edifici che un tempo facevano parte del Convento delle Monache Camaldolesi.
E' un'esempio di architettura urbana di eccezionale qualità ambientale.
La Casa sorge nel centro storico di Treviso, in area pedonale, tra via Palestro e il fiume Cagnan, con una facciata porticata in classico stile medioevale trevigiano che si affaccia sulla strada e l'altra direttamente sul fiume, la Casa dei Carraresi ospita al suo interno esposizioni d’arte di notevole pregio e notorietà a livello nazionale e internazionale.
Si raggiunge comodamente a piedi dai parcheggi situati appena fuori le mura o dalle stazioni dei treni e degli autobus.
Chiamato affettuosamente dai veneziani "El paròn de casa" il campanile dall'alto dei suoi 98,6 metri domina su Piazza San Marco e sulla città. Assieme all'omonima piazza ed alla basilica è sicuramente il monumento più noto e visitato della città. L'edificazione del campanile iniziò nel 888, esso doveva svolgere le funzioni di torre di avvistamento e faro. Pesantemente danneggiato da un fulmine nel 1489 e dal terremoto del 1511, furono necessari pesanti opere di consolidamento, il 14 Luglio del 1902 il campanile crollò improvvisamente, dal crollo si salvò miracolosamente la campana. Il consiglio comunale dell'epoca decise di ricostruire il campanile dove era e come era. L'opera di ricostruzione durò 10 anni. La struttura di 12 metri di lato si erge per 50 metri sopra i quali sorgono gli archi della cella campanaria, a sua volta sormontata da un piedistallo per la cuspide piramidale sulle cui facce sono raffigurati alternativamente due leoni e la giustizia. In cima alla cuspide è posta la statua dorata dell'arcangelo Gabriele. L'ingresso al campanile avviene tramite la Loggetta del Sansovino, la salita al campanile avviene in ascensore.
Costruita sui resti di un precedente edificio francescano, a basilica venne iniziata nel 1330 e terminata solamente nel 1396. Nel 1926 ricevette da papa Pio XI il titolo di Basilica Minore. La chiesa, lunga 102 metri e alta 28, è considerata uno dei migliori esempi di stile gotico veneziano. Completamente costruita in mattoni rossi e pietra d'Istria, dispone di una facciata piuttosto sobria ornata da un bel rosone centrale, accompagnato da due laterali e un portale fiorito sormontato da tre statue. Il portale permette l'accesso allinterno della basilica divisa in tre navate da 12 possenti colonne. E' appunto l'interno della basilica ha riservare le sorprese migliori grazie ai suoi 17 altari monumentali ed alle opere in essa conservate tra queste: L'Assunta di Tiziano che troneggia sull'altare maggiore, sempre di Tiziano la Madonna di Ca' Pesaro, una scultura linea di Donatello, il monumento a Antonio Canova opera di un suo allievo e la colossale "macchina macabra" opera di Baldassarre Longhena per il doge Giovanni Pesaro.
Costruito nel 1225 da Giacomo Palmieri, capostipite della dinastia Pesaro, nel 1381 passò di proprietà della Serenissima Repubblica di Venezia che ne fece dono a Nicolò V D'Este per il suo appoggio durante la Guerra contro la città di Chioggia. Nel 1509 il Palazzo venne sequestrato dalla Repubblica di Venezia alla famiglia d'Este per farne dono a Papa Giulio II. Dopo vari passaggi di proprietà nel 1621 l'edificio venne convertito in sede dei mercanti turchi con magazzini, lavatoi, stanze e servizi. Con il diradarsi dei commerci con l'oriente l'edificio venne lentamente abbandonato fino a quando nel 1732 si verificò un crollo interno. Nel 1860 venne acquistato dal comune di Venezia che dopo lunghi, impegnativi e per alcuni versi disastrosi restauri lo destinò a sede museale. Attualmente il palazzo ospita il Museo di Storia Naturale.
Appena giungerete a Venezia vi renderete subito conto della strana atmosfera che vi regna ma anche di quanto la città sia diversa da tutte le altre. Le principali vie di comunicazione sono costituite dai canali e dai rii, non esistono macchine ma solamente vaporetti, gondole ed imbarcazioni private e quasi tutte le attività si svolgono sull'acqua. Le piazze vengono chiamate "Campi" le state "Calle" ognuna con le proprie caratteristiche e funzionalità
Si tratta di grandi corsi d'acqua, navigabili, sui quali transitano vaporetti, gondole ed imbarcazioni private. I tre canali principali sono: Il Canal Grande, il Canale della Giudecca e Cannarego.
Canal Grande: Definito "la più bella strada del mondo" il Canal Grande è la principale arteria di collegamento cittadino, in esso transitano vaporetti, motoscafi, imbarcazioni private e le caratteristiche gondole. Il Canale parte nei pressi della stazione di Piazzale Roma per giungere fino a piazza San Marco. durante il suo percorso, che ricorda i tratti di una S rovesciata, alimenta con le sue acque altri 45 rii minori. Fu intorno al Canal Grande che nacque e si sviluppò la Repubblica della Serenissima, con i suoi proficui commerci e fu proprio sulle sponde del placido corso d'acqua che le famiglie più importanti avevano i loro magnifici palazzi. Assolutamente da non perdere un giro in barca sul Canal Grande all'imbrunire quando il cielo, le acque e i palazzi assumono una particolare colorazione tendente al rosa.
Piccoli canali che attraversano la città, generalmente piuttosto stretti navigabili solamente con piccole imbarcazioni a motore o gondole. Sui vari rii si aprono portoni di abitazioni quasi tutte dotati di piccoli attracchi per le imbarcazioni, molti di essi sono attraversati da piccoli e caratteristici ponticelli.
Questa denominazione si rifà all'origine della città quando essa era ancora separata in varie insule ognuna delle quali autonoma rispetto all'altra. Il campo rivestiva la funzione di piazza principale, luogo in cui in genere si svolgeva il mercato e vi sorgeva la chiesa con la sua parrocchia. In genere è situato vicino ad un canale proprio per facilitare il trasporto delle merci e il contatto con le altre genti.
Si tratta di piccoli slarghi dove in genere aveva sede un pozzo per l'acqua potabile, in molti campielli sono ancora visibili. I pozzi venivano costruiti con una tecnica molto particolare in modo da evitare che l'acqua potabile entrasse in contatto con l'acqua salmastra della laguna.
Si tratta di spazi aperti semi privati tramite i quali si accede alle case. Spesso si trovano in posizione rialzata.
Si tratta di strette viuzze che attraversano le varie insule, sulle quali si aprono ingressi di abitazioni, negozi e botteghe artigiane. In origine erano in terra battura.
Si tratta di strade più ampie che in origine erano, al contrario delle calli, lastricate in pietra. Erano e sono strade di grande passaggio.
Si tratta di strade che costeggiano i canali, in genere erano lastricate e piuttosto ampie. Su di esse si affacciavano i palazzi e le case delle famiglie più facoltose in quanto creavano aree aperte e luminose.
È sicuramente la più grande e sontuosa villa della città. anche se non fu mai censita tra i Rolli, perché si trovava all’esterno delle mura. È un luogo di grande fascino, appena offuscato dall’inevitabilità dell’avanzare della città moderna, che si è nel tempo frapposta tra la villa e il mare. La villa fu edificata per volere di Andrea Doria (l’unico principe che Genova si vanta di aver avuto) a partire dal 1529. Luogo di riposo e gioie familiari per il grande ammiraglio, ospitò una fastosa corte rinascimentale e lo stesso imperatore Carlo V. Molti gli artisti dell’epoca chiamati ad impreziosirla con le loro opere. Le stanze perfettamente arredate, i loggiati affrescati, gli spettacolari arazzi ed il bel giardino all’italiana riservano una vera emozione ai visitatori. Agli Scout interesserà sapere che proprio nel giardino di Palazzo Principe si svolse la cerimonia della Promessa del primo gruppo italiano, il 28 maggio 1916.
Secondo una leggenda, il punto dove sorge la cattedrale di San lorenzo è quello in cui sorgeva la casa che ospitò il Santo e papa Sisto II durante il loro viaggio in Spagna. Proprio lì, dopo il loro martirio, sarebbe sorta dapprima una cappella e poi una chiesa. In effetti i reperti archeologici hanno dimostrato l’esistenza di un insediamento cristiano stabile a partire dalla metà del III secolo. La prima basilica fu sicuramente eretta intorno al V-VI secolo, per poi esser più volte ampliata e modificata nel corso dei secoli successivi. Con tutta probabilità, dall’XI secolo sostituì gradualmente nella funzione di cattedrale la basilica dei Dodici Apostoli, dedicata a San Siro, vescovo di Genova. Intorno alla chiesa si andò così costituendo il centro della vita cittadina. Nel 1118 fu consacrata a San Lorenzo, anche se i lavori, che le conferirono un aspetto romanico, non erano ancora terminati. Dopo l’incendio del 1296, l’edificio venne restaurato introducendo lo stile gotico e fu affrescata la sua controfacciata. Molti altari e cappelle risalgono invece al XIV e al XV secolo. È di questo periodo anche la cappella, nella navata sinistra, che accoglie le ceneri di San Giovanni Battista, arrivate a Genova alla fine della Prima Crociata. Nel 1550 fu iniziata un’opera di ricostruzione, su progetto dell’architetto perugino Galeazzo Alessi. L’opera, rimasta parziale, si concluse nel XVII: è in questa fase che l’abside fu decorata con le storie di San Lorenzo da Lazzaro Tavarone. L’aspetto attuale è il risultato di un ulteriore restauro, effettuato tra il 1894 e il 1900, che recuperò e valorizzò le parti medioevali della struttura. È interessante notare che il sagrato della Chiesa fu per molti secoli l’unico spazio pubblico della città: Genova, con la sua singolare urbanistica, era infatti una città priva di piazze e priva anche di una sede del potere laico. Splendida la sua facciata con i tre portali gotici del XIII secolo e l’alternanza delle fasce bianche e nere che, nella Genova del medioevo, erano simbolo di nobiltà.I due grandi leoni posti ai lati della scalinata, opera dello scultore Carlo Rubatto, risalgono al 1840. Inizialmente il progetto prevedeva due torri campanarie, ma quella di sinistra non fu mai portata a termine e, nella prima metà del 1400, vi fu costruita una loggia. L’interno presenta tre navate. Splendidi i capitelli trecenteschi delle colonne che le dividono; splendidi anche gli affreschi in stile bizantino del Giudizio Universale e della Glorificazione della vergine, sopra la porta mediana, che risalgono alla fine del XIII secolo. Molte le sculture romaniche, gotiche e neo classiche presenti nel duomo. Anche il Museo del Tesoro e il Museo Diocesano (rispettivamente all’interno e nelle immediate vicinanze della Cattedrale di San Lorenzo) meritano sicuramente una visita.
È uno dei simboli della città, residenza dei dogi a partire dal 1339. La sua costruzione risale al 1298 e parte dell’edificio medioevale è tuttora visibile insieme alla Torre del popolo, detta la Grimaldina. Tra il XIV e il XV secolo al nucleo originale si aggiunsero altre costruzione, mentre alla fine del XVI secolo fu incaricato l’architetto ticinese Andrea Ceresola, detto il Vannone, di ricostruire il palazzo. La costruzione diventò così un vero e proprio complesso monumentale, caratterizzato da un grandioso atrio fiancheggiato da due cortili porticati, con uno scalone che conduce al piano nobile, dove si trovavano gli ambienti di rappresentanza, la cappella e gli appartamenti del doge. Tutte le decorazioni degli interni vennero studiate per celebrare le glorie della repubblica di Genova. Colpito da un incendio nel 1777, Palazzo Ducale fu restaurato in chiave neoclassica da Simone Cantoni, anch’esso ticinese. Restaurato e modificato più volte nel corso dei secoli successivi, il Palazzo è stato riportato al progetto originale con un’opera di attento restauro, conclusasi nel 1992. Oggi è un frequentatissimo luogo di incontro, sede di vari centri culturali e attività commerciali, con spazi dedicati a grandi eventi, mostre e convegni.
Per informazioni sugli orari aggiornati delle visite guidate agli ambienti storici di Palazzo Ducale (che comprendono anche la Torre e le Carceri) e per il calendario degli eventi in corso e in programma si veda il sito
È la piazza principale, centro commerciale, finanziario ed economico di Genova, punto di riferimento per tutti gli avvenimenti importanti della città. È dedicata a Raffaele de Ferrari, duca di Galliera, banchiere, uomo politico e filantropo, vissuto nel XIX secolo. Ha una forma decisamente irregolare per tutti gli interventi urbanistici che si sono succeduti nel tempo e che hanno accorpato aree contigue, molto diverse tra loro dal punto di vista architettonico. L’Accademia Ligustica di Belle Arti e il Teatro Carlo Felice, edifici neoclassici realizzati da Carlo Barabino nella prima metà dell’800 fronteggiano, infatti, i quattro grandi palazzi in stile eclettico sedi di aziende ed istituzioni, edificati nel primo ventennio del 1900, mentre in direzione del centro storico si affacciano sulla piazza due edifici storici del XVI secolo e il prospetto laterale dello stesso Palazzo Ducale. Proprio davanti al Teatro Carlo Felice si innalza la statua equestre di Giuseppe Garibaldi, opera dello scultore Augusto Rivalta. Al centro della Piazza vi è una grande fontana, realizzata in bronzo su progetto dell’architetto Giuseppe Crosa di Vergagni nel 1936.
Piazza de Ferrari non soltanto è il naturale luogo di incontri, comizi, manifestazioni e concerti, ma è anche il punto da cui vengono misurate le distanze tra Genova e le altre località.
La Milano da bere, la Milano del Glamour, la Milano della moda, la Milano della cultura, la Milano di Mani Pulite, la Milano degli scandali, la Milano del calcio e ora la Milano dell’EXPO. Mille sono i motivi per cui, nel corso degli anni, la città padana è riuscita a far parlare di se.
Seconda città italiana per numero di abitanti e tredicesima d’Europa, venne fondata all’inizio del VI secolo a.C. dagli Insubri, per poi essere conquistata dai romani nel 222 a.C., che la ribattezzarono in Mediolanum. La città andò via via aumentando la sua importanza fino a divenire capitale dell’Impero Romano d’Occidente, successivamente capitale del Ducato di Milano e durante il periodo napoleonico capitale del Regno d’Italia.
Molti sono i primati che Milano si è conquistata nel corso dei secoli, a partire dal rinascimento quando fu patria di artisti quali il Bramante e Leonardo, dalla metà del XIX secolo divenne la capitale economica d’Italia formando assieme a Torino e Genova il famoso triangolo industriale, alla fine del XX secolo divenne capitale italiana dell’editoria e dell’informazione, oltre che capitale mondiale della moda assieme a Parigi, Londra e New York. Ora, agli inizi del XXI secolo, grazie all’Expo vuole giocare un ruolo fondamentale per la ripresa economica nazionale, ma anche e soprattutto, vuole essere portavoce nel mondo di un tema fondamentale per il futuro dell’intero pianeta: IL CIBO
La vostra visita alla città non può che cominciare da Piazza Duomo, da oltre sette secoli, centro geometrico e commerciale cittadino, luogo di incontro per festeggiamenti sportivi, concerti, comizi e manifestazioni. La piazza di forma rettangolare, è dominata dall’imponente sagoma del Duomo, mentre al centro è decorata dalla statua equestre dedicata a Vittorio Emanuele II. Ai lati è delimitata da portici simmetrici mentre di fronte al Duomo è delimitata da Palazzo Carminati. Il suo assetto attuale è dovuto ad un rifacimento avvenuto tra il 1865 e il 1873 ad opera dell’architetto Giuseppe Mengoni. Sulla destra della Cattedrale si apre Piazza Reale con il suo Palazzo.
Monumento simbolo della città, è la terza cattedrale al mondo per dimensioni dopo San Pietro e la cattedrale di Siviglia. La cattedrale è dedicata a Santa Maria Nescente, della quale domina la statua dorata sulla guglia più alta del Duomo. Impressionanti sono i suoi numeri essa è infatti lunga 158,5 metri, larga 67,90 metri, e alta (da terra alla cima della madonnina) 108,50 metri, dispone di ben 3.400 statue, 135 guglie, senza contare le mezze figure, i 96 giganti sui doccioni e svariate centinaia di figure in altorilievo. Alla costruzione del Duomo hanno collaborato maestri tedeschi, boemi, francesi, toscani e veneti. L’imponente facciata in stile gotico, venne cominciata nel 1590 e portata a termine solamente nel 1813 dopo pesanti sollecitazioni da parte di Napoleone. Da notare il finestrone centrale ornato ai lati dalle statue della Legge mosaica e della Legge di Cristo, che secondo alcuni studiosi fu da ispirazione per la realizzazione della ben più celebre Statua della Libertà. Da notare anche gli enormi portoni in bronzo realizzate ai primi del novecento. Imponenti sono le 52 colonne altre 24 metri con un diametro di 3,40 metri che separano le tre navate, il transetto e l’abside, con monumentali capitelli a nicchie ornati da statue di Santi e Profeti. A spiccare per bellezza e luminosità nel buio della chiesa sono le enormi vetrate, anche se non tutte sono d’epoca, tra le quali la vetrata rappresentante le storie di San Giuseppe Evangelista e la vetrata con storie del Vecchio Testamento. Tra i principali monumenti funerari posti all’interno della cattedrale troviamo il monumento a Gian Giacomo Medici, mentre nella cripta sono conservate le spoglie di San Carlo Borromeo, a fianco il Tesoro del Duomo. Di particolare importanza per il Duomo stesso è la Veneranda Fabbrica del Duomo, un organismo che da ben sei secoli ne gestisce il cantiere. Un cantiere proverbialmente interminabile tanto da aver dato origine al detto “essere come la fabbrica del Duomo” un opera cioè che non termina mai. Grazie all’ascensore è possibile salire sui terrazzi dai quali si ammirano da vicino le guglie e si gode di una splendida vista sulla città di Milano.
Se avete un po di tempo a disposizione vale la pena una visita al nuovo Museo del Duomo
Edificato tra il 1776 ei il 1778 su progetto di Giuseppe Piermarini, la Scala occupa il luogo in cui in precedenza sorgeva una chiesa voluta da Beatrice Regina della Scala, moglie di Bernabò Visconti. La facciata, piuttosto semplice, racchiude una delle più belle e sontuose sale teatrali d’Europa, con quattro ordini di palchi, due gallerie e un palcoscenico tra i più grandi d’Italia. Tecnicamente all’avanguardia al momento della sua costruzione, tanto da divenire, sin dall’inizio, tempio mondiale della lirica. Semi distrutto durante i bombardamenti della II Guerra Mondiale venne rifatto identico. La riapertura del teatro venne salutata da un concerto di Arturo Toscanini. Nel teatro si sono nel tempo esibiti i migliori artisti sia nel campo della lirica che del balletto, oltre che i migliori direttori d'orchestra.
All’interno del teatro è stato allestito il Museo della Scala che ospita documenti e cimeli della storia lirica, strumenti musicali tra i quali liuti, lira-chitarra, salterio e il fortepiano appartenuto a Verdi, dipinti e ceramiche.
Il museo ospitato nel Palazzo dell’Arengario, è parte del polo museale milanese, espone 400 opere dedicate all’arte italiana del XX secolo, selezionate tra le oltre 4.000 di proprietà delle Civiche Raccolte d'Arte milanesi. Inaugurato nel 2010, nasce con lo scopo di presentare al pubblico un percorso dedicato alla pittura e alla scultura italiana del XX secolo. L’esigenza di avere a Milano un museo del genere nacque dopo la chiusura definitiva, avvenuta nel 1998, del CIMAC (Civico Museo di Arte Contemporanea) con sede all’interno di Palazzo Reale.
Il palazzo, che per molti secoli fu il simbolo del potere politico cittadino, oggi è un’importante sede museale che ospita mostre temporanee e permanenti. Parzialmente distrutto durante i bombardamenti della II Guerra Mondiale, e lasciato in stato di abbandono per ben due anni, deve la sua forma al rifacimento avvenuto tra il 1772 e il 1778 da Giuseppe Piermarini. Preceduto da una piccola piazza “Piazzetta Reale” posta proprio di fianco al duomo, il palazzo fu sede gel governo del Sacro Romano Impero, del Ducato di Milano, residenza di Ferrante Gonzaga fino ad essere sede del governo degli Asburgo. Con l’arrivo di Napoleone Bonaparte il palazzo prende il nome di Palazzo Nazionale divenendo sede dei principali organi di governo. Con la proclamazione del Regno d’Italia diviene di proprietà della famiglia Savoia, i cui membri lo utilizzeranno per brevissimi periodi fino all’11 Ottobre 1919, quando verrà venduto allo Stato Italiano. Inizia da questo momento un lungo periodo di degrado e di scempi. All’interno del palazzo è stato negli ultimi anni aperto “Il Museo della Reggia” il cui progetto prevedeva, dopo lunghi lavori di restauro, di portare agli originali splendori diverse sale del Palazzo tra queste lo scalone di accesso, la Grande Anticamera, la Sala degli Arazzi, la Sala della Lanterna e la più celebre fra tutte La Sala delle Cariatidi, ex salone da ballo.
Per l’elenco delle mostre e gli orari val al sito dell’Ufficio del Turismo di Milano
Secondo simbolo cittadino dopo il Duomo, il castello venne fatto edificare da Francesco Sforza nel XV secolo sui resti di una precedente fortificazione, divenendo tra il ’500 e il ‘600 una delle principali cittadelle militari d’Europa. Alla morte di Francesco Sforza i lavori vennero continuati dal figlio Galeazzo, che ne affidò la direzione all’architetto Benedetto Ferrini. Fu però Ludovico il Moro a trasformare il castello in una delle più sontuose e ricche corti europee, chiamando a lavorare artisti come Leonardo da Vinci e il Bramante. Il castello subì parecchi danni durante i bombardamenti della II Guerra Mondiale, i quali richiesero parecchi e impegnativi restauri. Negli anni novanta davanti al castello venne costruita una fontana ispirata a quella precedentemente istallata sul luogo. L’impianto di forma quadrata, con mura spesse circa 7 metri e lunghe 200 metri con agli angoli 4 possenti torri è tutt’ora uno dei più grandi castelli d’Europa. Ad accogliere i turisti è la Torre del Filarete (che prende il nome dal suo costruttore), rifatta dopo il 1521 in quanto l’originale venne distrutta nello stesso anno da uno scoppio. Si entra in una vasta corte detta Piazza delle Armi, passata la piazza si entra nella Corte Ducale di forma rettangolare sulla quale su due lati si apre un loggiato rinascimentale a due livelli mentre sulla parete di fondo si apre il Portico dell’Elefante, chiamato così in quanto vi sono dipinti animali esotici. Sul 4 lato si apre la Rocchetta, che costituì per secoli la parte più inespugnabile della fortezza. La Rocchetta dispone di una corte quadrata e permette l’accesso all’Archivio Storico Civico e alla Biblioteca Trivulziana che conserva il famoso Codice Trivulziano di Leonardo da Vinci. Suggestivo è il passaggio coperto, riaperto nel 2008, un cunicolo lungo 500 metri a forma di ferro di cavallo fatto costruire da Francesco Sforza che percorre il perimetro difensivo della Ghirlanda.
Il castello ospita al suo interno i Musei del Castello che comprendono:
- Pinacoteca del Castello Sforzesco: con una ricchissima collezione di dipinti tra i quali opere di Filippo Lippi, Antonello da Messina, Andrea Mantegna, (madonna e i Santi) Canaletto (La Riva degli Schiavoni), Correggio, Tiepolo, Bellini (Madonna con il Bambino e Poeta Laureato) Tintoretto (Ritratto Soranzo)
- Museo della Preistoria
- Museo egizio
- Museo d'arte antica, con l'ultima statua di Michelangelo, la Pietà Rondanini.
- Museo degli strumenti musicali
- Museo del Mobile
- Civiche Raccolte d'Arte Applicata
- Archivio Fotografico
- Biblioteca d'Arte del Castello Sforzesco
- Civica raccolta delle stampe Achille Bertarelli
- Libreria del Castello
Nel sito del Comune di Gubbio sono evidenziati tutti i principali monumenti e le chiese della città e una mappa consente di localizzarli con facilità. In base al tempo che si ha a disposizione, può essere utile acquistare la Turisticard, che offre una serie di servizi, facilitazioni e sconti sugli ingressi di Musei e monumenti, come viene descritto nel sito.
Il disegno di questa splendida e ariosa piazza risale al 1321, quando si decise di costruire due nuovi palazzi pubblici, in sostituzione dell’antica residenza comunale. Venne scelto per l’occasione un luogo dominante e centrale rispetto ai quattro quartieri di S.Andrea, S. Giuliano, S. Martino e S. Pietro e si progettò una grande piazza pensile tra il Palazzo dei Consoli e quello del Podestà. La direzione dei lavori venne affidata all’architetto Angelo da Orvieto e i lavori si protrassero fino alla metà del 1300 e completati solo alla fine del secolo successivo. La piazza, da una parte aperta sulla città e sulla vallata, è chiusa dall’altra da Palazzo Ranghiasci, unica costruzione in stile neoclassico di Gubbio, edificata sull’area precedentemente occupata dal Palazzo Galeotti e dalla Zecca di Gubbio.
Già la vista di Palazzo dei Consoli, con la sua ampia piazza circostante e lo splendido affaccio che offre meritano una visita a Gubbio. Il Palazzo risale al XIV secolo, a testimonianza della grandezza raggiunta dalla città. È una magnifica, grandiosa architettura gotica e si erge per più di sessanta metri, dominando la città. Molto interessanti anche gli interni, con la vasta sala dell’Arengo, caratterizzata dalla volta a botte, la Cappella Palatina e il piano nobile, interamente affrescato e arricchito da arredi lignei. Dal 1909 il Palazzo dei Consoli è sede del Museo Civico e ospita collezioni di reperti e manufatti dell’intera zona, dalla preistoria al XX secolo, comprese le Tavole Eugubine in bronzo (III-I secolo a.C.), considerate il più importante testo in lingua umbra. Le tavole sono ritenute di importanza fondamentale perché hanno contribuito a fare luce sull’ordinamento e sulla ritualità dell’antica città-stato. Il Museo ospita anche una pinacoteca con dipinti di scuola umbra databili dal Duecento all’Ottocento, una splendida raccolta di ceramiche d’arte e una collezione di antiche monete, comprese quelle papali, coniate nella zecca di Gubbio.
Sul sito delComune sono disponibili informazioni su mostre temporanee, eventi culturali e visite guidate e si possono consultare orari e costi aggiornati.
Fa parte anch’esso della splendida Piazza Grande, e si trova proprio di fronte al Palazzo dei Consoli. La sua costruzione iniziò nel 1349 e si protrasse fino al XVII secolo, senza mai arrivare alla conclusione del progetto. È la sede dell’Amministrazione Comunale di Gubbio.
Esempio di elegante architettura gotica, si trova nella via dei Consoli e risale ai primi anni del 1300. Secondo la tradizione, era la residenza del capo della polizia locale (il Bargello). Molto particolare è la cosiddetta “porta del morto”, posta accanto all’ingresso principale, con la soglia rialzata rispetto al piano stradale. Secondo un’usanza medioevale era il passaggio, di solito murato, attraverso il quale venivano fatte passare le bare dei defunti della casa, in occasione dei loro funerali. Un altro elemento di curiosità è la fontana, detta Fontana dei Matti, posta in Largo del Bargello, proprio davanti al Palazzo omonimo. Costruita nel 1500 e rifatta nel 1862, è denominata la Fontana dei Matti. La tradizione vuole che sia concessa la cittadinanza ed il titolo di Matto d’Agobbio (in cui Matto sta per bizzarro, mattacchione), a chiunque compia tre giri di corsa della fontana, mentre qualcuno lo bagni con l’acqua della fontana stessa. Attualmente ospita il Museo della Balestra e la società degli Sbandieratori. Il Museo della Balestra celebra la secolare tradizione del Palio della Balestra che si svolge ogni anno, nell’ultima domenica di maggio, e ospita una collezione di meravigliosi costumi, riprodotti da antichi modelli. Sul sito del Museo sono disponibili orari aggiornati e informazioni su eventi ed appuntamenti culturali.
Fu costruito a partire dal 1476 per volere di Federico da Montefeltro, duca di Urbino. La sua architettura rinascimentale fu progettata da Francesco di Giorgio Martini, architetto ed artista senese. Al suo interno si apre un bellissimo cortile, in corrispondenza dell’antica piazza del Comune. Il Palazzo Ducale ospita il MAD (Museo d’Arte a Palazzo Ducale). Sono visitabili: le sale del piano terreno, caratterizzate da antichi camini e ornamenti architettonici d’epoca; la copia dello studiolo di Federico da Montefeltro (il cui originale è esposto dal 1939 al MET (The Metropolitan Museum di New York), realizzato tra il 1479 e il 1482, e dei sotterranei, nei quali sono esposti interessanti reperti di scavo. Altre sale vengono aperte al pubblico in occasione di mostre temporanee.
Come spesso accade nell’architettura religiosa, anche il Duomo di Gubbio fu edificato in stile gotico a partire dalla fine del XII secolo su una precedente chiesa romanica, che risaliva a prima dell’anno 1000. Fu voluto dal vescovo Bentivoglio e, anche se la costruzione fu più volte modificata fino al XVIII secolo, la sua struttura era già evidente nel 1241. Un attento restauro effettuato tra 1913 e il 1918 ha riportato il Duomo a quello che doveva essere il suo aspetto originale, eliminando tutte le sovrastrutture aggiunte nel corso dei secoli, fino a quelle di epoca tardo- barocca. Molto severo l’esterno, caratterizzato dal portale a sesto acuto e dal rosone con cinque bassorilievi del XIII secolo, raffiguranti i simboli dei quattro evangelisti e l’Agnus Dei, proveniente dalla primitiva cattedrale. Il Duomo è dedicato ai Santi Mariano e Giacomo martiri, le cui reliquie si trovano sotto l’altare centrale in quello che era l’altare originario: un sarcofago di epoca romana, abbellito con colonnine di marmo rosa durante il medioevo, rinvenuto durante recenti lavori di restauro. Sull’altare vi è un prezioso Crocifisso in legno del XIII secolo. Anche se alcune decorazioni sono decisamente recenti, come quelle dell’abside e dell’arco trionfale (opera di Augusto Stoppoloni che le eseguì tra il 1916 e il 1918), la Chiesa è impreziosita da pitture ed affreschi cinquecenteschi di importanti artisti dell’epoca, come Dono Doni, Antonio Gherardi e Giuliano Presutti. È bene anche tener presente che molte opere d’arte ed oggetti di culto sono esposte nel Museo del Duomo. Da notare anche i due organi del XVI secolo e la pavimentazione originale, che risale anch’essa al XVI secolo.
La sua costruzione, nel fondaco della famiglia Spadalonga che, secondo la tradizione, avrebbe accolto San Francesco d’Assisi dopo il suo abbandono della casa paterna, risale al XIII secolo, e fu probabilmente opera dell’architetto frà Bevignate da Perugia. Di epoca successiva, XV secolo, è invece il campanile ottagonale. Nella parte alta dell’abside due affreschi di scuola umbra del XIII secolo ricordano la Rinuncia di S. Francesco agli averi e il Sogno del Laterano cadente. Molto bella l’Immacolata Concezione dipinta da Antonio Ghirardi da Rieti sulla pala del primo altare a destra. Sulle pareti della cappella di sinistra c’è, invece un bellissimo affresco di Ottaviano Nelli sulle storie di Maria, considerato uno dei cicli tardogotici più importanti dell’Umbria. Da non perdere anche i chiostri, la sala capitolare con resti di antichi affreschi e il refettorio.
Fu costruita nella prima metà del XVII secolo dall’Università dei Muratori, una delle più antiche corporazioni medioevali, nel luogo in cui, secondo la tradizione, si trovava la grotta dove il lupo, reso mansueto da San Francesco, visse per molti anni, in pace con gli uomini. All’interno della Chiesa di trovano anche la pietra, su cui si narra che avvenne il patto tra il Santo e il lupo e il coperchio del sarcofago in pietra dove sembra sia stato sepolto il corpo dell’animale, alla sua morte. In questa stessa chiesa sono conservati i ceri mezzani (utilizzati nella Corsa dei Ceri riservata agli adolescenti) e le statuette dei Santi Ubaldo, Giorgio e Antonio che vengono collocate sulla cima dei Ceri nella festa del 15 maggio.
Anche questa chiesetta, costruita su una precedente costruzione costruita a sua volta, sembra, nel IX secolo come ringraziamento per una vittoria degli eugubini sui saraceni, è legata alla tradizione francescana. Sorge, infatti, abbastanza lontano dalle mura antiche della città, nel luogo dove si narra che Francesco abbia incontrato e ammansito il lupo. Fu la prima dimora fissa dei frati, concessa loro dal vescovo di allora, il Beato Villano. La chiesa, il cui interno è quasi interamente affrescato da pittori di scuola eugobina del XVI secolo, ospitò spesso nel suo piccolo cenobio San Francesco e altri uomini santi come il Beato Pietro di Assisi e il Beato Benvenuto. Dal 1999 segna il suggestivo inizio del Sentiero Francescano della Pace.
Questa chiesa,dalla bella facciata gotica e dal campanile romanico, fu costruita tra il XIII e il XIV secolo nello stesso luogo del più antico Duomo di San Mariano. Tradizionalmente utilizzata per il Battesimo, disponeva al suo interno di una grande vasca, rimossa nel 1848, in cui le persone da battezzare venivano immerse completamente. Si trova in una delle piazze più caratteristiche di Gubbio, che fino al 1870 ospitava anche un antichissimo molino. Al suo interno oggi è possibile ammirare soltanto i frammenti dei suoi preziosi affreschi, andati perduti nel tempo.
Fu fondata dai Domenicani all’inizio del XIV secolo, su una chiesa preesistente del XII secolo. Fu modificata più volte nel corso dei secoli e la sua facciata è rimasta incompiuta. Vi fu sepolto Mastro Giorgio Andreoli, artigiano ed artista vissuto tra il 1470 e il 1555, famoso per aver inventato la tecnica del lustro (oro e rubino) per i vasi di ceramica.
Si trova sulla cima del monte Ingino, a 827 metri s.l.m. ed è dedicata al Santo patrono di Gubbio, di cui custodisce le spoglie. La costruzione attuale, eretta su una piccola chiesa preesistente, dedicata anch’essa a Sant’Ubaldo, risale al 1513 e fu voluta da Elisabetta ed Eleonora Gonzaga, duchesse di Urbino e da papa Giulio II. Bello e sobrio l’esterno, con un portale che introduce ad un chiostro, con tracce di affreschi cinquecenteschi. Originali i battenti delle porte in legno intagliato. L’interno è suddiviso in cinque navate, dominate dall’altare maggiore, realizzato nel 1884 in stile neogotico. I dipinti che ornano le pareti furono eseguiti tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII, da importanti artisti dell’epoca, come Felice Damiani, Giovanni aria Baldassini, Francesco Allegrini…Nella basilica sono custoditi i ceri, le grandi strutture lignee che la prima domenica di maggio vengono trasferiti ed esposti nel Palazzo dei Consoli e poi riportati in processione attraverso Gubbio e poi nella Basilica di Sant’Ubaldo, con la corsa del 15 maggio.
In vicinanza delle mura romane, in un bella area verde, si trovano i resti di un teatro costruito tra il 55 e il 27 a.C.. Costruito in blocchi di calcare, rifiniti a bugnato, poteva ospitare nella cavea circa 7.000 spettatori ed era impreziosito da pregevoli mosaici, riportati alla luce durante le campagne di scavo che si sono succedute nel tempo. Era probabilmente diviso in due ordini di gradinate, con un podio che divideva l’orchestra dal proscenio. Attualmente ospita spettacoli classici durante i mesi di luglio e agosto.
Gubbio è stata fino al 2013 la location principale delle riprese di una delle più note serie televisive: Don Matteo, prodotta dalla Lux Vide e da Rai Fiction, con protagonista Terence Hill.