Portogallo

Icona della cucina campana è sicuramente la pizza in particolare la Pizza Margherita, preparata con i colori della bandiera italiana pomodoro mozzarella e basilico in occasione della visita a Napoli della Regina Margherita. La tradizione della pizza nella regione è talmente radicata che si narra che re Ferdinando di Borbone facesse cuocere le pizze in grossi forni di Capodimonte per poi servirle ai suoi ospiti. a fianco alla pizza molti locali propongono anche il calzone fritto preparato con l'impasto della pizza ripieno di mozzarella e pomodoro e poi fritto in olio bollente. Altra icona della cucina campana è sicuramente la pasta, pensate che Napoli si contende con la Cina l'invenzione degli spaghetti, anticamente cotti nelle strade dentro grossi pentoloni e mangiati con le mani. La pasta viene oggi servita in una notevole variante di tipi dai maccheroni ai fusilli, dai rigatoni alle orecchiette e condita con sughi a base di carne, pesce oppure ortaggi. La cucina campana è comunque una cucina prettamente mediterranea anche se in seguito alle dominazioni ha subito una forte influenza greca. La Campania grazie al clima mite e al terreno molto fertile è conosciuta a livello internazionale per la produzione di limoni con i quali si producono liquori e prodotti di pasticceria, ulivi dalle cui olive si estrae un olio dal sapore molto equilibrato, i famosi pomodori San Marzano con i quali vengono preparati conserve e pelati e il famoso pereroncino immancabile sulle tavole dei campani. Tra i prodotti dell'industria casearia sicuramente il più famoso sono le mozzarelle preparate con latte di bufala e la ricotta ingrediente base per parecchi prodotti di pasticceria. Tra i piatti della cucina tradizionale segnaliamo tra i primi gli gnocchi alla sorrentina con sugo al pomodoro, basilico e mozzarella fusa, i fusilli alla napoletana con pomodoro, origano e pecorino, il timballo di maccheroni con melanzane, carne e mozzarella, lasagne ai carciofi di Paestum, cannelloni di ortaggi alla sorrentina e le famose melanzane alla parmigiana; tra i secondi assolutamente da assaggiare l'impepata di cozze, il polpo alla luciana, la caprese di mozzarella di bufala, i totani alla sorrentina, la tiella alla cilentana  e le alici alla scapece. E' nella produzione di dolci che la cucina  regionale esprime il meglio di se accostando sapientemente formaggi come la ricotta ad agrumi alla frutta secca oppure al cioccolato, tra i dolci tipici più noti citiamo la pastiera napoletana, i babà al rum, le sfogliatelle, le zeppole, la trota al limone, i semifreddi alla ricotta, cioccolato e pere oppure ai limoni di Sorrento.

Gli elementi principali della cucina Laziale sono i primi piatti, sia asciutti che di minestra, e il cosiddetto "quinto quarto" ovvero quel che rimane della bestia vaccina o ovina dopo che sono state vendute le parti pregiate. Si tratta dunque di tutto quanto è commestibile delle interiora: trippa, rognoni, cuore, fegato, milza, animelle e schienali, cervello e lingua.  La trippa costituisce un alimento tradizionale di molte regioni d'Italia. In particolare a Roma è considerata talmente emblematica che l'epiteto è divenuto una denominazione scherzosa. Il burro, nella cucina romana e laziale, non viene molto usato: per ingrassare e per friggere si usa lo strutto di maiale, ma il condimento essenziale è ovviamente l'olio, ancora presente tra le produzioni tipiche del Lazio. Gli spaghetti alla carbonara sono un piatto rustico caratteristico di Roma, famoso in tutto il mondo per la semplicità degli ingredienti impiegati. Il tipo di pasta più utilizzato sono gli spaghetti, anche se si prestano bene altri tipi di pasta lunga o alcuni tipi di pasta corta. In particolare a Roma è d'obbligo abbinarla ai rigatoni. Molto vasta nella pianura dell'Agropontino è la produzione di mozzarelle di bufala esportate in tutta Italia ma anche all'estero.

La cucina abruzzese è caratterizzata dall'attaccamento della sua gente alla propria terra e dallo stretto legame con i suoi prodotti naturali; ne risulta una cucina umile ed agreste, che impiega mezzi ed ingredienti tradizionali e che spesso ricorre alle ricette antiche.

Tra i prodotti abruzzesi più noti troviamo i tipici confetti della città di Sulmona, lo zafferano coltivato principalmente nell'altopiano di Navelli, gli arrosticini di pecora, gli spaghetti alla chitarra e il prestigioso vino Montepulciano d'Abruzzo.

La cucina marchigiana è molto varia e ricca di ingredienti genuini grazie al territorio molto fertile, al clima e al mare che hanno permesso l'abbinamento di pescato con materie prime come legumi, cereali, tartufi e verdure. Le Marche sono da sempre rinomate per la loro cucina che assume differenti sfumature, nell'entroterra dominano piatti dai sapori forti a base di carne come la porchetta, la corata d'agnello, l'anello marinato o la più semplice frittata con la mentuccia, mentre sulla costa i piatti assumono sapori più delicati a base di pescato come il brodetto di pesce, le sarde all'ancona o il baccalà nelle sue varianti. Da assaggiare sono sicuramente le zuppe come quella di Cicerchia e i quadrotti con le patate o le fave, genere utilizzando materie prime locali con ingredienti che variano dalla stagionalità. Assolutamente da non perdere, anche solo per un aperitivo, le Olive all’Ascolana, grosse olive ripiene di tre tipi di carne macinata, pane, formaggio grana, impanate e fritte nell'olio bollente. I primi sono alla base della cucina marchigiana tra questi  i Vincisgrassi capostipiti delle più note Lasagne al Forno oppure le Pecianelle specie di grossi spaghetti lievitati e conditi con salsa di pomodoro, oppure i Frescarelli grumi di farina cotti nell'acqua bollente e conditi con aglio e pecorino.  Per uno spuntino veloce da non perdere una piadina ripiena di stracchino e rucola, oppure un panino con la porchetta. La produzione di vini, grazie al territorio collinare dell'entroterra, è di notevole qualità vi suggeriamo di assaporare il Verdicchio, il Rosso del Conero oppure la Pergola o ancora la Vernaccia di Serrapetrona. 

Il primo prodotto della cucina toscana è il pane, caratterizzato dalla mancanza di sale. Pare che l'usanza risalga al XII secolo quando i pisani ne bloccarono il commercio. Il piatto simbolo della Maremma è l'acquacotta, piatto unico fatto di niente (di qui l'ironia del nome); si prepara con acqua, sale, pane, un filo d'olio, insalate di stagione, uova o funghi e una manciata di pecorino. Per iniziare un pranzo alla maniera toscana è indispensabile un antipasto a base di salumi (tra i quali spicca il prosciutto) e di crostini. Tra le prime portate merita la citazione la "pappa col pomodoro", piatto povero a base di pomodoro cucinato con olio, aglio, basilico e pepe. Tra i secondi, il piatto simbolo è la bistecca alla fiorentina, che per essere "doc" deve provenire dai bovini allevati in Val di Chiana. Essa consiste di una lombata intera, assai spessa, che non può superare i 700 grammi di peso e che deve stare sulla brace senza subire alterazioni; vietato rigirarla spesso o bucherellarla. Una volta pronta, può essere salata, insaporita con olio e pepe e servita accompagnata da spicchi di limone. Tra i secondi ricordiamo l'anatra all'arancia, anatra arrosto spruzzata d'acquavite e bagnata alla fine della cottura con succo d'arancia, la cui paternità è rivendicata anche dai francesi. Tra i salumi, vanno citate le salsicce di cinghiale e la finocchiona, grosso salame morbido insaporito con semi di finocchio. Da assaggiare, il lardo di Colonnata, una prelibatezza per intenditori. La sua preparazione prevede la stagionatura per otto mesi in una salamoia speziata. La zuppa di pesce ha un nome conosciuto in tutta Italia: è il cacciucco, piatto simbolo di Livorno. Secondo la tradizione, per far un buon cacciucco bisogna impiegare 5 qualità di pesce, ma i livornesi hanno imparato ad usarne molte di più. Infine grande spazio ai dolci, tra cui spiccano quelli senesi come il panforte, la zuppa del duca (tiramisu), la torta di Cecco.

E' giunta ormai alla sua 33esima edizione la "1000 Miglia" corsa automobilistica d'auto d'epoca rievocativa della corsa della famosa Freccia Rossa. Grazie alla presenza di ben 430 auto d'epoca con 1.600 persone tra partecipanti e seguiti, la gara può essere considerata un vero e proprio museo itinerante. Leggi Tutto

L'allevamento del bacco da seta venne introdotto nel Comasco a partire dal 1400 grazie soprattutto alla lungimiranza di Federico il Moro, che intuì le potenzialità di questa coltura obbligando i contadini ha piantare gli alberi di gelso nelle campagne e nei loro giardini,  le foglie del gelso erano, e sono tutt'ora, infatti l'unico alimento del bacco da seta Fu proprio in seguito a questa decisione che Ludovico venne successivamente chiamato il Moro in quanto nel dialetto locale il gelso veniva chiamato "murun". Nella stagione primaverile, quasi tutti i contadini della zona si trasformavano in bachicoltori, riuscendo così ad integrare i magri profitti dei lavori nei campi. Era compito delle donne e dei bambini raccogliere le foglie di gelso, sminuzzarle ed in questo modo fornire nutrimento ai bachi da seta. Una volta che il bozzolo era matura, e prima che il baco si trasformasse in farfalla, i bozzolo veniva "svolto" ottenendo un sottilissimo filo che poteva arrivare anche a 1500 metri di lunghezza. Unito ad altri fili e debitamente lavorato, si ottenevano così pregiate pezze di seta, che durante il medioevo fecero a ricchezza di commercianti ed artigiani, elevando Como ad uno dei maggiori centri mondiali per la produzione del pregiato tessuto. Abbandonato l'allevamento dei bachi da seta, oggi il filo grezzo viene importato da Cina e Giappone, la tradizione tessile è tutto'ora molto viva nella zona, Como è infatti considerato uno dei maggiori centri mondiali per la produzione di foular, cravatte, abiti e accessori in seta caratterizzati dall'altissima qualità dei tessuti e dal raffinato design. 

A testimonianza dell'enorme importanza che l'allevamento dei bachi da seta, ma soprattutto della tessitura ebbe in questa zona è interessante visitare alcuni musei:
- Il Museo Didattico della Seta di Como che custodisce ed espone macchine, oggetti, documenti, campionari e strumenti di lavoro provenienti dalle lavorazioni tessili.
- Il Museo Studio del Tessuto di Como (Fondazione Antonio Ratti) che rappresenta l'atto finale di un lavoro di anni nella ricerca, raccolta, catalogazione a fini professionali di tessili antichi. 
- Il Centro di Gelsibachicoltura di Cassina: centro di bachicoltura sperimentale affidato dal 1995 alla Cooperativa Sociolario che si occupa d’integrazione sociale
- Il Civico Museo Setificio Monti: nell'antico setificio Monti ora sorge un museo dell'arte della tessitura, una biblioteca e laboratori per i ragazzi

A Cantù, piccola cittadina della Brianza posta in provincia di Como, a partire dal lontano 1500 si è sviluppata, e via via perfezionata, l'arte del tombolo e fusello per pizzi e merletti. Ai nostri giorni quest'arte si è talmente perfezionata e radicata nel territorio da essere stata candidata per essere inserita nella Lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Unesco. La prima ad introdurre e diffondere l'arte nel territorio fu suor Agnese di Borgogna, una monaca benedettina del monastero cluniacense di Santa Maria di Cantù. Inizialmente utilizzati per impreziosire abiti, paramenti sacri e altari, ben presto pizzi e merletti si diffusero nell'abbigliamento laico e nell'arredo di abitazioni nobiliari. Il pizzo di Cantù è un merletto realizzato tramite l'intreccio di fili, in genere cotone, lino e seta, che vengono avvolti su fuselli; l'intreccio si crea su una base di appoggio, il tombolo, costituita da un cuscino imbottito di paglia di forma cilindrica, viene appoggiato su un cavalletto e mantenuto inclinato tramite un'assicella di legno. Il prodotto che si realizza viene via via fissato al cuscino per mezzo di spilli, in alcuni passaggi sono d'aiuto un uncinetto e una forbice. Il merletto viene costruito seguendo un sottostante disegno tracciato su un cartoncino forato, lungo i contorni del motivo. La realizzazione del pizzo prevede più figure professionali: la disegnatrice che crea il progetto grafico seguendo procedure tecnico-stilistiche di disegno per merletto definite, la spuntatrice che organizza i fori sul cartone disegnato per la realizzazione esecutiva del merletto, la merlettaia che esegue sul tombolo il merletto. Anticamente veniva definita merlettaia colei che imparava l'arte fin da bambina grazie all'insegnamento di nonne e madri, poi completava la sua formazione in scuole d'arte ed infine praticava l'attività a domicilio o alle dipendenze di laboratori.
Nel Pizzo di Cantù, così chiamato in quanto qui veniva riuita tutta la produzione locale per la vendita, ci sono diverse lavorazioni che permettono di realizzare merletti molto diversi e naturalmente alcune sono più difficili di altre. A grandi linee possiamo riassumerle così:

- Serpentina: è la più semplice e la prima ad essere insegnata ai principianti
- Fiori: in genere margherite, rose, roselline, tulipani, calle affiancate da fogliame
- Mimosa:  si tratta di una specie di nastrino affiancato da fori
- Mezzo Punto: nastro dall'effetto traforato della grandezza di circa 1 centimetro
- Punto Venezia: caratterizzato da una serie di riccioli, stelline e bandierine, è solitamente conosciuto con il termine di Cantù Classico. Questo tipo di lavorazone è considerata piuttosto difficile e necessita di parecchia pratica
- Rosalin: costituita da margherite, rose, roselline, tulipani, calle è sicuramente la più pregiata tra le lavorazioni eseguite, richiede però mani abili ed esperte, pazienza, tempo e un filato molto sottile

Purtroppo con l'andare degli anni, vista la fama raggiunta da questi manufatti, si sono via via diffuse imitazioni e produzioni industriali che non hanno nulla a che vedere con la bellezza e la finezza di quelli fatti manualmente dalle donne di Cantù che si tramandano i segreti di generazione in generazione. Oggi accanto a botteghe e laboratori artigiani vi è una diffusa produzione amatoriale e parecchie scuole che tendono a recuperare ed insegnare quest'antica arte utilizzando vecchie cartine.

Tra i laboratori più conosciuti citiamo le manifatture Giorgio Galbiati e la la Cooperativa Produzione Merletti. 

La fisarmonica, lo strumento musicale più utilizzato nelle feste folcloristiche italiane, ha uno dei suoi principali centri di produzione a Stradella, città dell'Oltrepo Pavese. La produzione di fisarmoniche approdò a Stradella nel 1876 ed è strettamente legata al nome del trentino Mariano Dallapè, che intento a riparare il suo organetto, grazie ad una geniale intuizione, lo trasformò in una più complessa fisarmonica a cassetta. Nel 1871 costruì il primo prototipo e nel 1876 avviò la sua piccola bottega che si ampliò nel tempo fino a divenire una vera e propria azienda. Ben presto furono 38 i centri di produzione di fisarmoniche in città per un totale di 1200 persone impegnate nella produzione. Stradella divenne un centro noto a livello internazionale al punto da essere definita "la patria della fisarmonica moderna". Con la fine della guerra mondiale la produzione cadde però in declino a causa della nuova situazione economica e soprattutto del mutamento dei gusti musicali del pubblico, la maggior parte dei laboratori chiusero, ad oggi rimangono operative solamente 5 aziende: Beltrami Fisarmoniche, Maga Fisarmoniche, Fisarmoniche Stocco, l'antica Fabbrica Armoniche Mariano Dallapè & Figlio. In essi lavorano ancora i famosi armonicisti stradellini, che continuano nella loro opera di ricerca tecnica e di perfezionamento del suono, nell'utilizzo di materiali sempre più innovativi, nel miglioramento della meccanica, del supporto e delle dimensioni della cassa in modo soddisfare al meglio le richieste di un mercato sempre più esigente e globalizzato. Previa prenotazione è possibile fare visita ai loro laboratori.

A Stradella nel 1999, in omaggio allo strumento che ha reso la città famosa nel mondo, è stato aperto il Museo Civico della Fisarmonica, intitolato a "Mariano Dellapè". Visitando le sue sale è possibile scoprire la storia, i segreti, e le curiosità dello strumento musicale che più di ogni altro ha nel tempo allietato le feste folcloristiche e le serate di personaggi illustri e semplici cittadini. Grazie ad acquisti effettuati dal museo stesso e a donazioni private, al suo interno è possibile ammirare il prototipo di fisarmonica moderna, gli strumenti di lavoro necessari e la loro evoluzione, i materiali utilizzati e una serie di modelli che permettono di capirne l'evoluzione sia tecnica che estetica.

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