Nonostante il nome, non si tratta di sardine essiccate bensì di Agoni, tipici pesci dei laghi prealpini del Nord Italia, tra questi anche il lago di Iseo. Il nome sardina deriva dalla forma lunga e stretta del pesce che generalmente raggiunge una lunghezza di circa 20 centimetri, ha un dorso verdastro con piccole macchie nere. L'Agone viene pescato tutto l'anno tranne che in primavera, periodo di riproduzione, utilizzando reti di profondità chiamate sardene. Dopo la pesca il pesce viene lavato, squamato, ripulito delle interiora e messo per almeno 48 ore sotto sale. Trascorso il periodo di salatura viene infilzato per la testa e messo ad essiccare all'aria aperta, per un periodo che va dai 30 ai 40 giorni. Trascorso il periodo di essiccatura i pesci vengono messi in recipienti di forma circolare in acciaio o legno e sottoposti ad una pressatura con speciali torchi, per far fuoriuscire il grasso ancora presente, che viene immediatamente eliminato. Successivamente vengono ricoperti con olio di oliva, arrivando così a conservarsi per anche due anni. Questa tecnica di conservazione pare sia vecchia di almeno 1000 anni e si diffuse nella zona in seguito agli enormi quantitativi di pesce che i pescatori dovevano consegnare al monastero di San Giulia di Brescia. La sardina essiccata vine consumata cotta alla brace oppure assieme alla polenta condita con olio, prezzemolo e sale. Questo di di prodotto fa oggi parte dei presidi slow-food in quanto a causa della scarsa redditività del prodotto e della scarsità di pesce autoctono oggi arrivare pesce da altre zone d'Italia e vengono utilizzati metodi di essiccazione più industriali, il presidio promuove la produzione locale e l'antica tecnica di essiccazione.