Il nome del sestiere deriva da un'antica fortificazione posta sull'isolotto dell'Olivolo, oggi denominata isola di San Pietro di Castello. Sestiere Castello è il più esteso dei quartieri di Venezia e si sviluppa alle spalle del sestiere San Marco al quale è collegato tramite il ponte della Paglia. Lo sviluppo del sestiere fu in gran parte condizionato, fin dal XII secolo, dall'insediamento dell'Arsenale intorno al quale vennero costruite abitazioni per le maestranze, edifici di servizio come forni, granai e molte altre attività collaterali.
Situata nei pressi dell'arsenale la chiesa venne edificata intorno al VII secolo e dedicata ai santi bizantini Sergio e Bacco. In origine la chiesa fu sede vescovile e tra il 1451 e il 1807 rivestì il ruolo di cattedrale di Venezia. Nel 1120 la chiesa venne quasi completamente distrutta da un incendio, la basilica venne ricostruita con forme più maestose e con un attiguo battistero. Nel corso dei secoli subì numerosi rifacimenti e restauri i più significativi avvennero intorno al 1560 quando vi lavorò per due anni anche il Palladio, dopo la sua morte il lavoro venne portato a termine da altri architetti, tra i quali Francesco Smeraldi a cui si deve il rifacimento della facciata. L'interno della basilica, in stile barocco, è opera del Longhena, esso è ripartito in tre navate divise da arcate, nell'altare maggiore sono custodite le spoglie di San Lorenzo Giustiniani, primo patriarca di Venezia. Di fianco alla chiesa svetta il campanile costruito in pietra d'istria bianca nel 1482 dopo che il precedente venne danneggiato da un fulmine.
L'imponente facciata della chiesa domina sul ristretto spazio di campo San Zaccaria e sugli adiacenti edifici. Edificata presumibilmente nel IX secolo, per ospitare i resti di San Giovanni Battista, dono dell'imperatore bizantino, subì parecchie ricostruzioni riconoscibili anche dalla sovrapposizione di stili. Un primo importante rifacimento venne iniziato nel 1440 da Antonio Gambello, ma l'opera venne portata a termine solamente nel 1490 da Mario Condussi. E' al Condussi che si deve la facciata in marmo bianco d'Istria tripartita da colonne binate sulla quale si aprono numerose finestre e grande timpano ad arco sormontato dalla statua del Santo. L'interno a tre navate divise da alte colonne è comunque un armonioso intreccio di stili nel quale riconosciamo il gotico delle absidi e il rinascimentale nelle alte volte a crociera. La chiesa custodisce importanti opere tra le quali: la Vergine in trono con Bambino di Giovanni Bellini, la nascita del Battista di Tintoretto.
La facciata, di sobria eleganza, fa angolo retto con l'adiacente chiesa di San Giovanni e Paolo. Il progetto dell'edificio si deve a Pietro Lombardo, anche se venne portato a termine da Mauro Condussi. Considerato un prezioso gioiello rinascimentale, l'edificio si erge su due piani con una splendida facciata ornata da leoni, finte prospettive nei 4 pannelli ai lati delle porte ed un portale riccamente decorato, opera di Bartolomeo Bon. Oggi l'intero edificio è di proprietà dell'ASL 12 Veneziana, l'ingresso al pian terreno funge anche da ingresso per l'Ospedale Civile. All'interno della scuola si trovano il Museo della Storia della Medicina e la Biblioteca medico-storica.
La chiesa venne iniziata dai Domenicani nel 1333, secondo la leggenda nel luogo connesso ad una visione del doge Jacopo Tiepolo, ma terminata solamente nel 1430. Fin da subito divenne luogo dei solenni funerali dei Dogi, rivaleggiando in bellezza e grandiosità con Santa Maria dei Frari. L'alta facciata in cotto è ornata da un ampio rosone centrale e da due laterali. Il grande portale in marmo bianco, finemente decorato, è opera dei maestri Bartolomeo Bono e Domenico Fiorentino, ai suoi lati si aprono sei profonde arcate cieche. Nella parte posteriore spiccano le absidi con alte finestre gotiche, mentre la cupola a doppia calotta venne aggiunta presumibilmente verso la fine del '400. L'imponente interno è composto da un'ampia navata centrale, da due navate laterali divise da slanciati archi con pilastri cilindrici e da 5 cappelle absidali. Il pavimento a scacchi bianchi e rossi è uno dei tanti elementi che la chiesa ha in comune con Santa Maria dei Frari. La chiesa conserva le spoglie di ben 25 dogi, alcuni sepolcri hanno un eccezzionale valore artistico tra questi il monumento al doge Pietro Mocenigo, al doge Andrea Verdamin, al doge Marco Corner, al doge Tomaso Mocenigo e al doge Nicolò Marcello. Nella cappella del rosario sono invece custodite alcune tele del Veronese
La chiesa venne completamente ricostruita nel 1492 da Mauro Condussi nel luogo in cui esisteva già un precedente edificio di culto costruito probabilmente nel VII secolo. Secondo la leggenda il luogo scelto per l'edificazione fu quello in cui apparve la Vergine, in tutta la sua bellezza di donna, a San Magno di Oderzo. La chiesa dispone di ben due facciate: la primo, in stile classico si apre sul rio, la seconda, in stile barocco, si apre sul campo, ad essa si affianca il campanile costruito nel 1688. Caratteristica è la testa grottesca sulla porta del campanile, messa per tenere lontano il diavolo tentato dal suono delle campane. L'interno a tre navate con grandi cappelle laterali conserva alcune importanti opere tra le quali: il Trittico della Misericordia di Bartolomeo Vivarini, i dipinti di Santa Barbara e 4 Santi opera di Palma il Vecchio, Madonna in Pietà e San Francesco opera di Palma il Giovane, Madonna con Bambino e San Domenico del Tiepolo, un indumento copto dell'VIII secolo proveniente dall'Egitto che alcuni identificano come il velo di Santa Marina.
La grandiosa struttura, sorta nel 1104, occupa circa 46 ettari di terreno e all'apice della sua attività ospitava 16.000 operai, 300 società di navigazione ed un'intera flotta navale di riserva. Delimitato da alte mura merlate, in quanto l'attività che vi si svolgeva all'interno era segretissima, l'antico arsenale è un susseguirsi di cantieri, officine e depositi dai quali per secoli uscirono le imbarcazioni della gloriosa flotta della Serenissima. Fu all'interno dell'arsenale che gli "arsenaloti", al pari degli attuali operai specializzati, sperimentarono, ancora prima dell'avvento dell'era industriale, le prime vere e proprie catene di montaggio. Qui l'attività si svolgeva ad un ritmo frenetico senza pari in tutta Europa ed ogni arsenaloto aveva il suo particolare incarico. La struttura si sviluppò man mano intorno al vecchio arsenale dove veniva custodito il "Bucintoro" cioè la galea da cerimonia del Doge. L'ingresso pedonale avviene tramite il monumentale portale sormontato dal Leone di San Marco, edificato nel 1460, in epoche successive il piccolo ponticello di accesso venne sostituito da una terrazza con cancellata decorata da statue allegoriche. Due leoni marmorei, preda di guerra di Francesco Morosini dal porto del Piero, sono state collocate ai lati dell'ingresso. L'ingresso via mare è invece segnalato da due alte torri. Con la decadenza della Repubblica Marinara l'Arsenale venne via via abbandonato volgendo in stato di degrado. Attualmente parte della struttura è di proprietà della Marina Militare, mentre altre parti vengono utilizzate dalla Biennale. E' in corso un vasto progetto di recupero dell'intera area volto a creare moderne aree di manutenzione navale, ristoranti, negozi e spazi espositivi.
Il museo si sviluppa negli spazi di un antico granaio, della ex chiesa di San Biagio e del Padiglione delle Navi situato nell'antica officina dei remi dell'Arsenale. La visita al museo è un modo per ripercorrere la storia navale italiana ed europea grazie ad antiche mappe, documenti navali, dipinti, oggetti, modelli di antiche imbarcazioni veneziane, tra le quali il Bucintoro, triremi, navi da guerra, transatlantici e armi, soprattutto cannoni.