Attorniata da ben tre laghi formati dal fiume Mincio nel suo lento scorrere verso il mare, la città di Mantova ha da sempre avuto un legame strettissimo con l'acqua, un legame che si denota anche dai numerosi ponti e dalle molteplici opere idrauliche costruite sul territorio. L'acqua del fiume, fonte di vita, è stata per Mantova, ed è tutt'ora, anche una fonte di ricchezza ed una comoda via di comunicazione, in passato però, prima della costruzione di ingegnosi sistemi di protezione è stata causa di morte e distruzione.
Molte sono le compagnie di navigazione che propongono ai turisti crociere sul Mincio, uno dei modi migliori per conoscere Mantova ed il suo territorio da una prospettiva del tutto particolare e privilegiata. Gli itinerari proposti vi faranno scoprire le bellezze artistiche della città ma anche gli angoli più reconditi e segreti del fiume, le sue bellezze naturali fatte di grandi distese fiorite di ninfee e fiori di loto, di canneti, di antichi approdi, pievi, monasteri e abbazie.
Alcune compagnie propongono itinerari che raggiungono i vicini borghi di San Benedetto Po, Grazie oppure la geniale ascensore sull'acqua progettata da Leonardo, sfortunatamente questi itinerari sono a senso unico quindi adatti a gruppi di turisti organizzati con autobus e autista al seguito.
Molte compagnie di navigazione propongono itinerari con partenze anche da Grazie o da San Benedetto Po, alcuni itinerari posso durare anche più giorni.
Diverse sono le compagnie che effettuano servizio sul fiume con battelli di varie dimensioni, noi abbiamo provato Navi Andes con partenza proprio di fronte al Palazzo Ducale, sul sito del Parco del Mincio potrete trovare tutte le compagnie che effettuano il servizio.
Dichiarata nel 2008, assieme alla vicina Mantova, Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO, in quanto considerata perfetto esempio di applicazione delle teorie rinascimentali su come deve essere progettata la città ideale. Sabbioneta venne fondata tra il 1554 e il 1591 da Vespasiano Gonzaga Colonna sul luogo in cui sorgevano i resti di un ben più antico insediamento. Posta in una zona strategica tra i fiumi Po e Oglio fu capitale di un piccolo stato indipendente e, grazie alla sua possente cinta muraria, roccaforte di Vespasiano Gonzaga. Sfortunatamente alla morte di Vespasino, dispute ereditarie, il dominio austriaco prima e napoleonico poi, privarono la città di importanti strutture e diedero il via ad un lungo ed inesorabile declino.
Il Palazzo Ducale
Il più antico tra gli edifici fatti costruire da Vespasiano Gonzaga, il palazzo venne edificato tra il 1568 e il 1577 occupando un intero lato di Piazza Ducale. Fulcro dell'organizzazione politica e amministrativa della città il palazzo si sviluppa su due piani con al centro una torretta. Al pian terreno si apre un bel loggiato a cinque archi bugnati sopra i quali si aprono altrettanti finestroni del primo piano. Al piano nobile di particolare bellezza sono i soffitti in legno dei saloni dorati, la Sala delle Aquile e la Galleria degli Antenati.
Il Palazzo del Giardino
Costruito tra il 1577 e il 1588 come residenza privata del principe. Posto in Piazza Castello, dispone di una facciata piuttosto spoglia anche se in passato era probabilmente affrescata, mentre spicca il cornicione in legno riccamente decorato. Nonostante diversi cambi di destinazione e un lungo periodo di incuria subiti nel tempo il palazzo conserva splendidi pavimenti in marmo e affreschi di pregio nei quali si denota l'intervento dello stesso principe. Di particolare bellezza la Galleria degli Antichi, lunga ben 97 metri illuminata da ampie finestre.
Teatro all’antica o teatro Olimpico
Costruito tra il 1588 e il 1590 su progetto dell'architetto Scamozzi, fu il primo teatro stabile in italia ad essere costruito per questo scopo senza il vincolo di strutture preesistenti. Dopo un lungo periodo di degrado negli anni 50 fu oggetto di pesanti restauri che lo riportarono agli antichi splendori. L'interno è a pianta rettangolare con loggia semicircolare mentre l'elegante l'esterno si presenta a due ordini con finestre e portale bugnati.
Cinta Muraria
Di forma esagonale, la cinta racchiude come uno scrigno la splendida città. Sei sono i baluardi che si ergono sui suoi vertici conferendo alla città l'inconfondibile pianta a stella. Due sono le porte principali che si aprono sull'intatto perimetro: la Porta Vittoria e la Porta Imperiale, interamente rivestita in marmo bianco. Entrambe le porte sono collegate da Via Vespasiano Gonzaga.
Chiesa dell’Incoronata
La chiesa venne costruita come tempio privato di Vespasiano tra il 1586 e il 1588 sul luogo ove sorgeva l'antica chiesa di San Nicolò. Di forma ottagonale, presenta all'interno un matroneo con due ordini di finestre binate mentre otto pilastri dividono altrettante cappelle, una di esse custodisce il monumento funebre di Vespasiano Gonzaga. La grande cupola, sorretta da pilastrini in cotto, è completamente affrescata.
Annoverato tra i borghi più belli d’Italia San Benedetto Po, deve la sua fama e il suo sviluppo all’abbazia del Polirone, sorta in epoca medioevale ad opera dei monaci cluniacensi. Fondato da Tedaldo di Canossa nel 1007 sull’isola formata dal fiume Po e un suo ramo ora scomparso. Fu proprio la famiglia Canossa a favorirne lo sviluppo ed a garantirne la protezione fino a quando Matilde, che alla sua morte volle essere seppellita proprio in questo luogo, donò ancora in vita l’abbazia al papa. Il papa a sua volta affidò la guida dell’abbazia a Ugo di Cluny, mentre a partire dal 1420 per intercessione della famiglia Gonzaga l’abbazia passò alla congregazione di Santa Giustina di Padova.
Oggi San Benedetto Po costituisce un luogo di grande interesse turistico al quale si accede tramite l’ingresso al monastero. Ad accogliere i turisti è la maestosa piazza sulla quale si affaccia la facciata della chiesa abbaziale che ospita al suo interno (tra il transetto e la sagrestia) le tomba di Matilde di Canossa, anche se le sue spoglie vennero trasferite nel 1633 nella Basilica di San Pietro a Roma, e ben 32 statue in terracotta che ornano le navate e l’ingresso. Tre sono i chiostri appartenenti alla struttura tra questi il Chiostro dei Secolari anticamente utilizzato per l’accoglienza dei pellegrini e il Chiostro di Sn Simeone nel quale si trova il Giardino dei Semplici. Parte integrante del complesso sono poi il refettorio, la Sala del Capitolo, l’infermeria e il museo civico, uno dei maggiori musei etnografici d’Italia.
Caratteristica dei territori intorno al borgo è la presenza di oratori, ville abbaziali, pievi matildiche, caseifici e corti agricole, il modo migliore per gustare questi luoghi è la bicicletta grazie anche alla presenza di numerose piste ciclabili.
Dal 2011 nei pressi del borgo è stata costruita un’area sosta camper in cui è presente un servizio gratuito di rifornimento e scarico idrico, con funzionamento automatico a fotocellula che permette ai turisti di sostare e provvedere alla fornitura dell’acqua. L’area sosta è collegata alle piste ciclabili presenti sul territorio.
Annoverato tra i borghi più belli d’Italia, la piccola frazione di Curtatone ruota intorno al Santuario della Beata Vergine delle Grazie, la cui chiesa è stata elevata a Basilica Minore. Posto su di una altura a circa nove chilometri da Mantova, il borgo è costituito da una manciata di casupole colorate che si affacciano sulla via che porta all’enorme sagrato del Santuario. Il Santuario, preceduto da un colonnato, ha fin dalle sue origini (1200) attirato a se folle di pellegrini e devoti alla Vergine Maria. Secondo la tradizione venne edificato su volere di Francesco Gonzaga come ringraziamento alla Vergine Maria per aver fatto cessare l’epidemia di peste che aveva colpito Mantova. L’originale stile gotico longobardo con il quale venne costruito fu con il tempo modificato dall’aggiunta di chiostri, cappelle ed altri edifici. L’interno a unica navata è in stile gotico con volte a crociera e riccamente decorato da motivi floreali. Dal soffitto della navata pende un coccodrillo imbalsamato sorretto da catene che nell’antichità al pari di serpi e draghi rappresentava il male. La particolare collocazione dell’animale dovrebbe servire secondo le antiche credenze a bloccare il male ad essere da monito agli umani a non cedere alle tentazioni. Altra particolarità della chiesa è la presenza di manichini a grandezza naturale costruiti in cartapesta.
Il 15 Agosto di ogni anno in occasione della festa della Madonna sul sagrato della chiesa si svolge il concorso internazionale dei madonnari, così a partire dalla mattina presto la piazza si riempie di tappeti fioriti di particolare bellezza e suggestione. Accanto al concorso si svolge anche una fiera di prodotti locali.
Nominata capitale italiana della cultura per l’anno 2016, l’antica città di Mantova è posta nella piana lombarda, incuneata nella profonda ansa creata dal fiume Mincio e dai tre laghi da esso formati. Una città dal grande passato, la cui storia è stata per secoli indissolubilmente legata a quella della famiglia Gonzaga, che le ha lasciato un'immensa eredità artistica e culturale.
La visita alla città non può che cominciare dal suo cuore pulsante, centro della vita sociale e politica cittadina. La piazza, solenne e suggestiva nelle sue dimensioni, costituì già in epoca medioevale il fulcro attorno al quale si svolgeva la vita quotidiana e, qui sorsero gli edifici più rappresentativi come il Duomo, il Palazzo Ducale, il Palazzo Vescovile e Palazzo Castiglioni.
Un immenso e spettacolare agglomerato del quale fanno parte ben tre palazzi per un totale di oltre 500 stanze, corridoi di collegamento, corti, giardini, piazze interne e chiese, talmente esteso da essere stato definito la “una città in forma di palazzo”. Da sempre simbolo del potere cittadino, il primo nucleo del palazzo venne costruito intorno al 1300 dalla famiglia Bonacolosi. Dopo la loro cacciata, avvenuta nel 1328, nel palazzo si stabilì la famiglia Gonzaga che vi rimase per ben 4 secoli, ampliandolo e arricchendolo nel tempo di arredi preziosi, quadri, arazzi e soprammobili. Dell’intero patrimonio artistico è però rimasto ben poco in quanto i Duchi versando ad un certo punto in gravi ristrettezze economiche alienarono parte del patrimonio a Carlo I d’Inghilterra, furono in seguito gli austriaci e Napoleone a spogliare il palazzo delle opere d’arte rimaste. Caduto per un lungo periodo in uno stato di degrado e abbandono con i grandi restauri avvenuti all’inizio del XX secolo tornò agli antichi splendori, dopo i restauri si cercò inoltre di riportarvi molti degli arredi e delle opere d’arte appartenute ai Gonzaga dislocate in altre residenze di famiglia.
La parte più antica del palazzo si affaccia su Piazza Sordello con la sua caratteristica merlatura e le sue 6 bifore gotiche. Da un atrio si accede invece al Palazzo del Capitano ed attraverso lo stupendo Scalone delle Dame si giunge al piano nobile ove spiccano il corridoio del Passerino e l’appartamento della Guastalla che fu la dimora di Anna Isabella Gonzaga di Guastalla, ultima duchessa di Mantova. Dal palazzo del Capitano si accede poi alla sala del Pisanello dove è possibile ammirare uno stupendo ciclo di affreschi opera del grande artista. Oltrepassata la corte vecchia si giunge alla Galleria Nova e all’appartamento degli Arazzi, antica dimora del duca Guglielmo Gonzaga, appartenne invece a Beatrice d’Este l’appartamento dell’Imperatrice.
Di grande effetto l’appartamento Grande ove si tenevano le feste ed i banchetti più importanti organizzati dalla famiglia. Nel Castello di San Giorgio troviamo invece la celeberrima Camera degli Sposi dipinta dal Mantegna.
La visita del Palazzo è libera mentre la visita alla famosissima Camera degli Sposi è contingentata si consiglia quindi la prenotazione
Costruita nel 1473 dal Luca Fancelli su richiesta del marchese Ludovico, la torre, di forma rettangolare, espone sulla facciata un orologio astronomico di particolare bellezza e complessità, tutt’ora funzionante. L’orologio progettato dal matematico e astrologo Bartolomeo Manfredi indica i mesi, le ore e la posizione degli astri. La salita alla torre è abbastanza agevole e particolarmente consigliata per il panorama che si gode dalla sua sommità. Durante la visita si possono ammirare gli ingranaggi e alcuni dei pezzi che sono stati nel tempo sostituiti come la quattrocentesca lancetta, i segni zodiacali in rame sbalzato ecc.
Uno degli edifici religiosi più antichi della città del quale non si conosce esattamente l’origine, ma si sa per certo che era già presente nel XI secolo, di quell’epoca rimane oggi solamente il campanile. Dedicata a San Pietro apostolo, nel corso dei secoli subì numerosi ampliamenti e trasformazioni, tra i più significativi quello avvenuto nel 1545 in seguito ad un incendio che costrinse ad un totale rifacimento della parte interna. Tra il 1756 e il 1761 fu rifatta l'intera facciata su volere di Francesco I Gonzaga, il progetto venne affidato a Jacobello e Pierpaolo delle Masegne. L’interno si presenta austero e al contempo solenne con ben cinque navate divise da colonne corinzie. Nella navata sinistra un corridoio porta al Santuario dell’Incoronata costruito nel 1480 su volere di Ludovico II Gonzaga.
L’edificio venne fatto costruire su volere di Matilde di Canossa alla fine dell’XI secolo sul modello del tempio del Santo Sepolcro di Gerusalemme. A partire dal XVI secolo la Rotonda venne inglobata nel ghetto ebraico e parzialmente demolita, solamente agli inizi del XX secolo, con l’abbattimento del ghetto, l’edificio tornò alla luce. Dopo lunghi ed attenti restauri la chiesa tornò al suo antico splendore e nel 1926 venne riutilizzata per lo svolgimento dei culti cristiani. Molto bello il matroneo, che si erge al di sopra del grande spazio circolare, con affreschi databili tra XI e il XII secolo. Da notare la sua posizione di circa 150 cm sotto il livello stradale, questo fa presupporre che l’edificio venne costruito sui resti di un antico tempio romano, come suggeriscono anche alcuni particolari costruttivi.
Commissionata da Ludovico III Gonzaga, la costruzione della chiesa ebbe inizio nel 1472 su disegno di Leon Battista Alberti nel luogo ove sorgeva una chiesa di origini medioevali. Considerata uno dei massimi esempi di architettura rinascimentale ha dignità di Basilica Minore. Nella sua cripta sono conservati due reliquiari che secondo la tradizione contengono terra intrisa del sangue di Cristo, portata fino a noi dal soldato romano Longino. Tutti gli anni durante il Venerdì Santo la reliquia viene portata in processione per le vie cittadine. L’interno dall’aspetto solenne è a unica navata e su di ogni lato si aprono 3 cappelle di forma quadrata, nella prima di sinistra si trova la tomba di Andrea Mantegna.
Posto nel chiostro maggiore del monastero di gotico di Sant’Agnese, a poche decine di metri dal Palazzo Ducale e dalla Cattedrale, il museo è stato inaugurato nel 1983 ed annovera a se diverse tipologie di reperti appartenenti a varie epoche. Di particolare importanza è la collezione di armature tardo gotiche, considerata a livello mondiale la più completa per numero e tipologia di armature esposte. Amplissima la collezione di smalti di Limonges come pure la collezione di oreficerie appartenenti ai Gonzaga. Tra gli oggetti esposti troviamo anche di tele di epoca rinascimentale e il tesoro della cattedrale in cui spiccano i reliquari.
Considerata uno dei massimi esempi architettonici del manierismo italiano, il Palazzo del The venne edificato su volere di Federico II Gonzaga tra il 1525 e il 1526 su progetto di Giulio Romano, anche se le decorazioni interne si conclusero circa un decennio più tardi. La villa sorse come luogo di svago della famiglia su una delle isole formate dal Mincio al tempo denominata Tejeto. Negli anni venne utilizzata dalla per feste, ricevimenti e per accogliere ospiti illustri come avvenne in occasione delle visite di Carlo V ed Enrico III re di Francia. Quattro sono i corpi che compongono il palazzo e che si sviluppano intorno ad un cortile centrale. L’ingresso principale venne concepito rispettando i canoni dell’ antico atrium della domus romana. Tra le numerose sale spiccano la Sala della Prische e la Sala dei Giganti. Attraversando il giardino si raggiunge l’Appartamento della Grotta anticamente ornato di conchiglie, affreschi e giochi d’acqua.
Ufficio del Turismo: Piazza Mantegna, 6
Preferibilmente da maggio a settembre quando il fiume e i laghi che circondano la città si riempiono dei colori della fioritura delle ninfee e dei fiori di loto che vi crescono spontanei
Per visitare la città e il suo territorio bastano 2-3 giorni
Mantova dispone di un centro storico molto raccolto che consente di essere tranquillamente visitato a piedi, se la struttura alberghiera che avete scelto si trova distante dal centro potrete tranquillamente muovervi in bicicletta. Infatti la città e i suoi dintorni sono ricchi di bellissime piste ciclabili, parcheggi per biciclette, e strutture per noleggiare il mezzo. Scarseggiano invece i parcheggi per le automobili vi consigliamo quindi di cercare parcheggio al di fuori dal centro storico, molto bello il parcheggio del Campo Canoa (utilizzato anche dai camper), collegato al centro (nei giorni festivi) da un servizio di navetta gratuita e da una bellissima pista ciclabile, splendida la vista che si gode sul Castello Ducale. Clicca qui per avere un elenco dei parcheggi cittadini.
In città e nei suoi immediati dintorni sono presenti numerose piste ciclabili, alcune di esse costeggiano il Mincio e i suoi tre laghi altre si sperdono per le campagne Mantovane, un ottimo modo per visitare il territorio rilassandosi. Diversi sono i percorsi proposti dal Comune di Mantova, che per favorire la mobilità ciclabile si è dotato di Biciplan, un innovativo piano strategico per la mobilità ciclistica dentro e fuori la città e lo sviluppo di una rete ciclabile efficiente e sicura che connetta i luoghi dell'abitare con quelli di interesse turistico, naturalistico e sociale. I percorsi proposti si sviluppano su di un territorio pianeggiante alla scoperta di antiche pievi e idilliaci paesaggi campestri o lacustri, alcuni di essi sono piuttosto brevi adatti anche alle persone non allenate, mentre altri sono po' più impegnativi. Per maggiori dettagli clicca qui
In città non vi sono molti alberghi, in compenso nelle splendide campagne circostanti si trovano diversi B&B e agriturismi di buon livello, soprattutto se desiderate visitare Mantova durante i ponti primaverili vi consigliamo di prenotare in anticipo. Noi abbiamo avuto la fortuna di soggiornare all'agriturismo Fenilnovo, posto a Porto Mantovano, a pochi chilometri dal centro cittadino. Si tratta di una vecchia stalla con annesso fienile appartenuto ad una nobile famiglia e splendidamente ristrutturato dagli attuali proprietari. Molto curato è l'arredamento delle 5 camere come pure quello della splendida sala ristorante, i gestori sono molto cortesi e disponibili, buona la prima colazione a buffet con torte e marmellate fatte in casa.<br> Clicca qui per cercare la sistemazione più adatta alle tue esigenze.
Se viaggiate in camper cliccate qui per avere l'elenco completo delle aree sosta camper in zona.
In città non è difficile trovare un posto ove gustare qualche specialità gastronomica locale come i famosi tortelli di zucca, il riso alla pilota o la torta sbrisolona, meno facile è trovare posto, soprattutto durante le festività, vi consigliamo anche in questo caso di prenotare. Piazza Broletto e piazza delle Erbe pullulano di ristoranti turistici ove è possibile gustare primi piatti, spuntini o menù turistici, anche se i prezzi non sono molto contenuti. Se volete assaggiare piatti tipici della tradizione locale in un ambiente confortevole e rilassante vi consigliamo di provare l'Osteria ai Ranari oppure l'Osteria della Fragoletta. A Porto Mantovano vi consigliamo invece la Trattoria Stella oppure Le Scuderie, antiche scuderie ora trasformate in un ristorante-pizzeria con una clientela variegata ed un'ambientazione moderna ed informale.
E' una speciale carta che consente di accedere grtuitamente, saltando le code, a otto punti di interesse turistico cittadino. La carta è acquistabile presso uno qualsiasi degli otto punti convenzionati oppure on-line (è però necessaria la validazione in-loco):
- Museo civico di Palazzo del Te
- Palazzo San Sebastiano
- Museo Dicoesano
- Museo di Palazzo Ducale
- Museo Tazio Nuvolari
- Palazzo della Ragione e campanile dell'orologio
- Chiesa di San Sebastiano
- Teatro Bibiena
Un itinerario che vi condurrà alla scoperta di una delle provincie più antiche della Lombardia dal glorioso passato fatto di fasti ma anche di sanguinose battaglie. Un territorio, quello Mantovano, ricco di storia e di cultura che ha saputo mantenere vivo nel tempo il suo legame con la terra e con l’acqua del grande fiume, il Mincio, che da sempre condiziona la sua storia e la vita quotidiana della sua gente. Un itinerario da compiersi in due massimo tre giorni preferibilmente in primavera o fine estate, quando sulle acque del Mincio sbocciano migliaia di ninfee e fiori di loto creando uno scenario di particolare bellezza. Un itinerario adatto agli amanti della natura, delle lunghe pedalate in bicicletta e dell’arte in un territorio dominato per secoli dalla ricca famiglia Gonzaga, dai suoi intrighi di corte e dalle sue lotte di potere.
La città e il suo territorio sono entrati prepotentemente nei circuiti del turismo internazionale, ma non sono ancora pienamente preparati a ricevere un grande afflusso di turisti per questo motivo vi consigliamo di prenotare con un po' di anticipo il vostro soggiorno in città come pure i ristoranti in cui cenare o le vostre visite nei palazzi cittadini.
Tipici dolci natalizi della tradizione pugliese, le cartellate (o carteddate) simboleggiano le fasce con cui fu avvolto il bambino Gesù nella mangiatoia. Sono infatti formate da sottili strisce di pasta, che viene poi fritta. Il loro nome ha origine greca e sta per cesto a forma puntuta. È difficile risalire alla ricetta originale, perché ognuno le fa a suo modo. Il dato comune è la loro forma, con le strisce di pasta attorcigliate e “pizzicate”tra di loro e il fatto che vengono innaffiate di vin cotto o miele.
500 gr di farina doppio zero
100 gr di olio extravergine di oliva
1 pizzico di sale
100 gr di vino bianco dolce
Olio per friggere (mais o arachide)
Vin cotto di vino o di fichi
Confettini colorati e zucchero a velo o cannella
Disponete la farina a fontana e mettete nel centro l’olio e il sale. Se il vino non è molto dolce, aggiungete qualche cucchiaio di zucchero. Con una forchetta iniziate ad amalgamare, unendo poco a poco il vino fino ad ottenere un impasto consistente, liscio e vellutato. Ricavate dall’impasto una sfoglia sottile (3-4 mm) che taglierete con una rotella a lama ondulata a striscioline larghe 1,5-2 centimetri. Prendete le singole strisce e pizzicate insieme gli estremi superiori ed inferiori ad intervalli regolari di 1,5-2 centimetri. Poi arrotolate le striscioline in modo da ottenere una specie di fiore.
Disponete le cartellate su un foglio di carta da forno e lasciatele riposare per 5-6 ore per evitare che si aprano durante la cottura. Scaldate l’olio in una padella e friggete le cartellate, girandole, fino a che siano dorate su entrambi i lati. Poi scolatele bene e lasciatele asciugare su carta assorbente da cucina. A questo punto immergetele una alla volta nel vin cotto caldo.
Disponete le cartellate su un piatto e decoratele con i confettini o con la cannella e lo zucchero a velo.
Come dicevamo, di questa ricetta esistono tantissime varianti. Le cartellate possono essere anche cotte al forno, invece che fritte. Possono avere uova, lievito di birra e la buccia grattugiata di 1 arancia o di 1 limone nell’impasto. Possono essere immerse nel miele caldo o nel cioccolato fuso invece che nel vin cotto e possono alla fine essere decorate anche con scaglie di cioccolato, con mandorle o altra frutta secca, tagliata a listerelle sottili.
Noi stiamo cercando di provarle tutte e vi suggeriamo di fare altrettanto!
Erano in origine uno dei piatti poveri dei contadini pugliesi, a base di pane raffermo e formaggio avanzato. Oggi è un delizioso antipasto, croccante fuori e morbido all’interno, da farcire in tanti modi diversi e da cuocere al forno o nel sugo di pomodoro, oltre che da friggere come vuole la tradizione.
500 gr pane casareccio raffermo
Sale
Pepe
4 uova
100 gr di formaggio grattugiato (pecorino, parmigiano)
Latte 250 gr circa
Aglio 1 spicchio 1 ciuffettino di prezzemolo
Olio di mais o arachide per friggere
100 gr circa di mozzarella
Lasciate ammorbidire il pane raffermo, privato della crosta e tagliato in pezzi, nel latte per circa 1 ora, poi strizzatelo bene con le mani e sbriciolatelo in una ciotola. Aggiungete le uova, il formaggio grattugiato, la mozzarella a dadini (meglio se del giorno prima, perché tiene meglio la cottura), il prezzemolo e l’aglio tritati. Lavorate a lungo l’impasto che deve risultare ben amalgamato e regolate sale e pepe.
Formate delle piccole polpette di circa 2 cm di diametro e lasciatele riposare in frigorifero per un paio d’ore, prima di friggerle in olio caldo ma non bollente, girandole spesso, fino a che risultino dorate. Scolate bene le polpette, asciugatele su un foglio di carta assorbente e gustatele calde o tiepide, leggermente spolverate di sale o ripassatele nel sugo di pomodoro prima di servirle. Una possibile variante è quella di aggiungere all’impasto ½ cucchiaino di bicarbonato di sodio per rendere le polpette più soffici e leggere. C’è anche chi lascia riposare l’impasto (coperto con la pellicola trasparente) in frigorifero per un paio di ore prima di fare le polpette e chi si aiuta con due cucchiaini per dar loro la forma o con due cucchiai per farle più grandi.
È uno dei piatti tipici della cucina pugliese di più genuina origine contadina, che accosta il sapore tipico delle fave a quello leggermente amarognolo delle cicorie di campo.
È un piatto sostanzioso, composto da ingredienti poveri e di facile realizzazione. Con il suo alto valore proteico, si presta bene come piatto unico. È originariamente una ricetta tipica della primavera, fatta con fave fresche da sgranare, che viene ormai cucinata durante tutto l’anno, utilizzando le fave secche.
gr. 350 di fave secche decorticate (o 400 gr di fave fresche sgranate, pari a circa 1,6 Kg da fave da sgranare)
cicorie (possibilmente selvatiche) o catalogna 400 gr 3 cucchiai di olio extravergine di olivaSale
Se utilizzate le fave secche, lasciatele in ammollo per almeno 12 ore, altrimenti sgranate e lavate le fave al momento. Poi scolatele e lessatele in acqua leggermente salata a fuoco moderato finché non sono ben cotte.
Scolatele, regolate il sale, aggiungete un filo di olio e riducetele il tutto in purè con un cucchiaio di legno, come vuole la tradizione pugliese, o con un passaverdure. Nel frattempo avrete pulito e lessato le cicorie in abbondante acqua salata. Disponete le cicorie nei piatti, adagiatevi al centro il purè di fave e condite con un filo di olio.
Una variante interessante è quella di aggiungere un paio di patate tagliate a piccoli pezzi all’acqua di cottura delle fave: daranno al purè una consistenza più cremosa. Al tutto si può aggiungere una spolverata finale di pepe o qualche goccia di olio al peperoncino.
Le orecchiette, la pasta più tipica della regione Puglia, prende il nome dalla sua forma, rotonda e concava, simile a piccoli orecchi. Hanno origini molto antiche. Alcuni sostengono che siano nate in Francia, dove dischi di pasta spessa, con una concavità che ne favoriva l’essicazione, venivano conservati per i tempi di carestia ed imbarcati sulle navi che affrontavano lunghi viaggi per mare. Sarebbero stati proprio questi viaggi a diffonderne l’utilizzo in altri Paesi. Secondo altri, la loro forma richiamerebbe invece dolci tipici della tradizione ebraica.Quello che è certo è che le orecchiette si diffusero a Bari tra il XII e il XIII secolo, e di lì, in poco tempo, anche nelle zone circostanti.
Il loro nome in dialetto barese è “l strasc’nat” (le strascinate), dal movimento che si fa trascinando con il pollice i dischetti di pasta sul tavolo infarinato per ottenere la loro tipica forma.
A Bari l’antica tradizione prevedeva le orecchiette cotte con le cime di rapa o con altre verdure, come cavolfiori o broccoli, durante la settimana. La domenica il piatto tipico erano invece orecchiette più piccole, per le quali occorreva più tempo di preparazione, condite con ragù rosso.Molte le possibili varianti, a cominciare dalla presenza o meno di peperoncino nel soffritto d’alici o nella spolverata di pepe finale. C’è anche chi vi grattugia ricotta salata, dopo aver disposto le orecchiette nei piatti.
300 gr di orecchiette fresche
1 kg di cime di rapa
3-4 filetti di acciughe sott’olio
3 spicchi di aglio
4-5 cucchiai di olio extravergine d’oliva
Sale
Lavate le rape ed eliminate le foglie più esterne e i gambi più grandi. Decorticate i gambi e tagliateli a listerelle; tagliate le foglie in piccoli pezzi. Portate a bollore l’acqua per la pasta, salate e tuffatevi dentro le rape così preparate, lasciandole cuocere per cinque minuti. Aggiungete le orecchiette e portatele ad una cottura molto al dente (6’ circa).
Nel frattempo in una padella capiente scaldate l’olio con l’aglio pestato e unite le acciughe. Quando le alici saranno disciolte, eliminate l’aglio, aggiungete le orecchiette e le cime di rapa scolate insieme. Mescolate e lasciate insaporire il tutto per un paio di minuti, poi e servite.
Dolce tipico della tradizione Toscana, ma diffuso in tutta Italia, al quale il borgo di Montefiorvalle dedica addirittura una Sagra. Secondo la tradizione le origini del dolce sono molto antiche, risalirebbero addirittura al periodo della fuga di San Giuseppe, Maria e Gesù in terra straniera. Durante questo periodo San Giuseppe per mantenere la famiglia si vide costretto a vendere le frittelle. Siccome la tradizione della preparazione delle Frittelle di San Giuseppe è diffusa in tutta la penisola non esiste una sola ricetta ma tantissime varianti, caratteristica comune è però la loro frittura in abbondante olio bollente.
250 ml di acqua
250 ml di latte
100 gr di riso
un pizzico di sale
4 cucchiai di zucchero
un pizzico di semi di vaniglia
un pizzico di cannella
50 gr di ricotta
1 uovo intero
100 gr di farina 00
2 cucchiaini di lievito per dolci
la scorza di un limone
olio per friggere
In una pentola mettere l'acqua, il latte, lo zucchero ed un pizzico di sale, portare il composto ad ebollizione poi versarvi il riso. Lasciare cuocere per almeno 30 minuti e comunque fino a quando il riso non avrà assorbito tutto il liquido. Spostare il riso su di una spianatoia e lasciarlo raffreddare. Successivamente mettere il riso in una ciotola ed incorporarvi l'uovo, la ricotta, la scorza di limone, la cannella e la vaniglia. Quando il composto sarà ben amalgamato dividetelo in tante palline poi friggetele in olio bollente. Per evitare che si appiccichino l'una all'altra friggetene poche alla volta. Lasciatele fino a quando si formerà una bella crosticina dorata poi asciugatele dall'olio in eccesso e spolveratele di zucchero a velo.
Difficoltà: Media
Inizialmente accampamento romano, poi colonia romana, importante centro del ducato Longobardo e sotto la dinastia dei Savoia prima capitale del Regno di Sardegna e nel 1861 prima capitale del Regno d'Italia. Lunghissima è la storia di Torino come pure i primati che nel corso dei secoli è riuscita a conquistare conservando però il suo carattere di città schiva e riservata, per alcuni aspetti un po' snob. Per anni capitale dell'industria italiana ha scoperto la sua vocazione turistica a partire dal 2004, anno in cui vi si sono svolte le Olimpiadi invernali. Da allora la città ha subito una tale riqualificazione urbana da essere stata citata dal New York Times come una delle 52 città del mondo da visitare nel 2016.
La 10 cose da vedere in alcune delle città più belle selezionate da Girolando: