Un itinerario alla scoperta della riva bresciana del lago di Garda, ossia la parte più meridionale del lago, che si snoda tra dolci colline moreniche e antichi borghi. Si tratta di zone molto conosciute dal turismo di massa ma che continuano a mantenere inalterato il loro fascino e la loro bellezza. La loro posizione sul lago ne rende il clima mite con inverni tiepidi ed estati ventilate, adatti quindi ad essere visitati in ogni stagione. La primavera è sicuramente la stagione migliore per trascorrervi un week-end grazie anche all'esplosione di colori dovuta alla fioritura di camelie, rododendri e azalee che in queste zone crescono rigogliose. L'unico problema di questi luoghi sono i parcheggi, che visto l'enorme afflusso di persone non sono mai sufficienti.
La storia di questi luoghi parte da molto lontano, fondati in epoca romana con la caduta dell'impero hanno vissuto lunghi periodi fatti di lotte e intrighi per conquistare il dominio sul lago. Per questo motivo si tratta in genere di borghi fortificati ove, in genere, sono ancora visibili in tutto o in parte la cinta muraria e il castello. Di ottima qualità sono poi le strutture ricettive, soprattutto quelle intorno al lago, organizzate per ricevere una clientela di tipo internazionale.
Antico borgo della provincia Mantovana, posto a soli 25 chilometri da Verona, gode di un clima temperato grazie anche alla sua vicinanza al Lago di Garda. Di sicure origini Longobarde, ebbe assieme a Borghetto, un notevole sviluppo in epoca medioevale come dimostra l'antico castello a sette torri. Nel XI secolo divenne parte dei territori del Regno di Germania, mentre nel 1405 venne annoverato tra i domini della Repubblica Serenissima di Venezia. Bella la passeggiata, in salita, che da Borghetto porta ai ruderi dall'antico castello, dalla sommità della cui torre si gode di uno spettacolare panorama sulla piana circostante. Da vedere è anche la Chiesa di San Pietro in Cattedra e, a poca distanza il Parco Giardino di Sigurtà che con un'estensione di 60 ettari, 18 laghi, un milione di tulipani e 30.000 rose è considerato uno dei più bei giardini al mondo. Molto consigliata una visita durante la fioritura dei tulipani.
Conosciuto anche come il “villaggio dei mulini” Borghetto, annoverato tra i borghi più belli d’Italia, sorge nel punto in cui fin dall’antichità esisteva un guado sul Mincio. Posto a pochi assi dal famoso ponte-diga visconteo, Borghetto fu per secoli terreno di frontiera e di scontro tra gli eserciti delle signorie dei Gonzaga, degli Scaligeri, dei Visconti, della Serenissima di Venezia, dell’Austria e della Francia Napoleonica. Fanno parte del borgo solamente un pugno di case, perfettamente conservate, che si integrano armoniosamente con la bellezza della natura circostante fatta di acqua e di mille sfumature di colori.
Borghetto è un luogo senza tempo in cui perdersi tra le nebbie del mattino o tra le mille tonalità dei suoi tramonti sul fiume. Da vedere il Ponte Visconteo fatto edificare da Gian Galeazzo nel 1393, lungo 625 metri per una larghezza di 25 metri era parte integrante di un ben più vasto complesso fortificato che comprendeva anche il Castello Scaligero di Valeggio, del quale sono ancora visibili le torri merlate. Da non perdere una visita ad uno dei numerosi mulini ad acqua rimessi di recente in funzione. Se vi trovate a Borghetto durante l’ora di pranzo non mancate di assaggiare i famosi Tortellini di Valeggio o Nodi d’Amore e il luccio in salsa.
Affascinate borgo medioevale annoverato tra i borghi più belli d’Italia e, bandiera arancione del Touring. Racchiuso tra possenti mura medioevali, che si specchiano in un romantico laghetto morenico, fu fondato tra il XI e il XII secolo dagli Scaligeri, venne citato per la prima volta in un documento ufficiale da papa Eugenio III nel 1145. Dalla sua fondazione passò sotto vari domini tra questi quello dei Visconti, dei Gonzaga ed infine della Serenissima Repubblica di Venezia. Da vedere la cinta Muraria, la torre campanaria, i resti dell’antico castello e la chiesa. A poca distanza dal Borgo si trova il sito palafitticolo di Fondo Tacoli, dal 2011 inserito tra i siti Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.
Posta in provincia di Verona, Peschiera del Garda ha sin dall'antichità giocato un ruolo strategico importantissimo grazie alla sua posizione tra l'area alpina e la pianura padana. Oggi importante luogo di villeggiatura, fu in epoca romana un aggregato di case poste lungo la via Gallica, mentre durante il governo della Serenissima vi venne costruita una fortificazione, che ancora oggi racchiude un centro storico ricco di negozi, bar e ristoranti. Da vedere è il Museo Militare posto nella palazzina del Comando del Presidio e la Piazza d'armi ove si trova il vecchio carcere militare e la parrocchiale di San Martino. In estate le rive del lago di Peschiera si trasformano in attrezzatissime spiagge ove è possibile rilassarsi al sole o bagnarsi nelle acque del lago.
Molto suggestiva la Festa dei Voltoni che vi si tiene ogni anno l'11 Novembre, giorno in cui si festeggia il Santo Patrono.
Ufficio Accoglienza Turistica: Via Marconi, 6
Sito informativo del Comune
Considerato una delle perle del lago di Garda il posto è posto all'estremità della lingua di terra che si protende sul lago. Di sicure origini romane, come dimostrano alcuni ritrovamenti e i versi che ad esso dedica Caullo. Sirmione è meta prediletta del turismo di massa e centro termale di prim'ordine nel panorama internazionale. Nel medioevo il borgo o castrum svolse funzioni di controllo sul basso lago. Per saperne di più clicca qui
Notissima località di villeggiatura sviluppatasi sotto il dominio della Serenissima, quando ogni settimana vi si teneva il Mercato delle Granaglie, il cui prezzo veniva osservato in tutta la repubblica oltre che in Emilia Romagna e nella Germania del Sud.
Da Vedere
Costruito in epoca medioevale, probabilmente sul luogo ove sorgeva un castrum romano, ebbe funzioni difensive e di controllo del territorio. Nel 1400 dopo un ampliamento servì anche da rifugio per la popolazione. In estate ospita mostre e spettacoli. Bella la zona medioevale circostante il castello costruita in più fasi.
La piazza, da sempre centro storico cittadino, sorse nel 1500 ad opera dell'architetto bresciano Giulio Todeschini. Su di esso si affacciano il Palazzo del Comune ed il Palazzo del Provveditore e il Duomo, mentre verso il lago si trova un suggestivo porticciolo.
Costruito durante la dominazione della Serenissima, il porticciolo serviva principalmente per il carico e lo scarico di derrate alimentari e altre merci. Inizialmente venne chiuso da un ponte levatoio poi sostituito da un ponte veneziano, oggi uno dei luoghi più fotografati della città.
Costruito alla fine del 1500 su progetto di Giulio Todeschi, il duomo venne dedicato a Santa Maria Maddalena. L'esterno si presenta in stile barocco mentre all'interno conserva un'Ultima Cena di G.B. Tiepolo.
Il museo, ospitato nel chiostro della chiesa di S. Maria di Senioribus, conserva importanti reperti dell'età del bronzo e un aratro risalente al 2000 a.C.
Posta nel centro cittadino, la villa venne costruita nel I secolo a.C. e scoperta nel 1921 durante gli scavi per la costruzione delle fondamenta di una casa. Nell'Antiquarium della villa sono esposte monete, pitture, statue e altri oggetti ritrovati all'interno della stessa.
500 gr di fusilli freschi
200 gr di polpa di vitello
150 gr di agnello
2 salsicce
100 ml vino rosso
600 gr pomodori pelati
Pecorino grattugiato
1 gambo di sedano
1 cipolla
1 spicchio di aglio
1 carota
Prezzemolo
Peperoncino piccante
80 ml di olio extravergine di oliva
Sale
Preparate il ragù facendo soffriggere nell’olio caldo un battuto di aglio, carota, cipolla, carota e sedano per circa 10 minuti, poi aggiungete le carni e la salsiccia tagliate a pezzettini. Quando la carne si sarà colorita, annaffiate il tutto con il vino e lasciatelo evaporare. Unite i pomodori pelati a pezzetti, il sale, mettete il coperchio in modo che lasci un piccolo spiraglio e lasciate cuocere il ragù a fuoco basso per almeno 2 ore, mescolando di tanto in tanto. Lessare al momento i fusilli in acqua salata bollente, scolateli al dente, trasferiteli in una terrina e conditeli con il ragù. Aggiungete pecorino grattugiato e prezzemolo tritato finemente. Serviteli molto caldi con peperoncino piccante a disposizione.
4 fette di petto di tacchino o pollo
1 cucchiaio di farina
50 gr di burro
200 ml latte intero fresco
200 ml vino bianco secco
2 tuorli d’uovo
1 bicchierino di vino marsala
½ limone
Erba cipollina
Sale
Pepe
Rosolate le fettine di carne nel burro caldo, poi eliminate il grasso dal tegame e unite il vino, lasciandolo evaporare a fuoco vivo. Stemperate la farina nel latte e aggiungete la alla carne. Coprite il tegame e cuocete per circa 20 minuti, verificando di tanto in tanto. A fine cottura, unite i tuorli sbattuti, il succo di mezzo limone e il marsala e lasciate insaporire sul fuoco per qualche minuto. Cospargete le fettine con l’erba cipollina tagliuzzata e servite.
Per la pasta:
200 gr farina bianca
50 gr di strutto (o burro)
1 uovo intero
succo di 1 limone
sale
per il ripieno:
50 gr prosciutto crudo
200 gr di ricotta di pecora
50 gr di scamorza
1 tuorlo d’uovo
1 ciuffo di prezzemolo
Sale
Pepe
Olio di arachide o mais per friggere
Preparate la pasta con la farina, l’uovo, lo strutto, il sale e il succo di limone. Impastate a lungo, fino ad ottenere una massa omogenea, poi stendetela in una sfoglia sottile. Tritate finemente e amalgamate gli ingredienti del ripieno, poi distribuitelo in mucchietti distanziati su metà della pasta. Ricoprite i mucchietti con l’altra metà della sfoglia, premendo bene. Tagliate la pasta aiutandovi con un bicchiere o con uno stampino.
Friggete i calcioni in abbondante olio caldo, scolateli e asciugateli bene e servite.
1 kg di cicoria di campo
2 piccole scamorze
3 uova
3-4 fette di prosciutto crudo
40 gr di pecorino
3-4 pomodori pelati
olio extra vergine di oliva
sale
Pulite la cicoria, lavatela e lessatela in abbondante acqua salata, poi strizzatela il più possibile per evitare che rilasci acqua durante la successiva cottura nel forno.
Ungete una teglia o foderate con la carta da forno uno stampo. Spennellate con olio la carta da forno e disponetevi un terzo della cicoria in modo che formi uno strato omogeneo. Cospargete la strato di verdura con la scamorza tagliata a dadini. Aggiungete un secondo strato di cicoria e cospargetelo di prosciutto e pomodori pelati tagliati entrambi a listerelle sottili. Unite anche il terzo starto di cicoria e cospargetelo di pecorino grattugiato.
Sbattete le uova con un pizzico di sale e versatelo sul timballo. Rifinite la superfice con un filo d’olio e cuocete in forno caldo fino a quando non si sarà formata una crosticina dorata (circa 30 minuti a 180 gradi). Lasciate riposare il timballo fuori del forno per almeno 5 minuti, poi trasferitelo sul piatto di portata e servitelo.
Lattuga romana ½ cespo
6 ovetti di quaglia
150 gr di fagiolini
3 pomodori rossi maturi e sodi
1 mango
basilico qualche foglia
1 limone
olio extravergine di oliva 4 cucchiai
sale
pepe
Mondate, lavate e lessate i fagiolini in acqua bollente salata. Lasciateli freddare, poi tagliateli a dadini. Cuocete le uova in acqua bollente per circa 4/5 minuti dal momento in cui inizia il bollore. Mondate e lavate la lattuga, asciugatela e tagliatela a pezzi. Sbucciate il mango, togliete il nocciolo centrale e tagliate la polpa a dadini. Lavate e fate a spicchi i pomodori. In una ciotola mettete verdure e frutta preparate e unite qualche foglietta di basilico. Mescolate delicatamente il tutto. Sbucciate le uova, tagliatele a metà e mettetele sull’insalata. Battete a lungo in una ciotolina il succo di limone con quattro cucchiai di olio, sale e pepe q.b. Servite l’insalata con la salsina a parte. Volendo si possono aggiungere noci tritate.
Se, come noi, pensate che la cucina abbia una relazione con la creatività e che la poesia sia un viaggio attraverso le parole, le emozioni, i ricordi e le esperienze, non vi stupirete nel leggere queste poesie nella rubrica dedicata alle ricette, in un sito dedicato ai viaggi.
Quello di Giovanna Nosarti ci sembra, infatti, un affascinante viaggio poetico nel quale i ricordi della sua terra di origine, la Puglia, e dei “sapienti e pazienti gesti femminili” legati alla sua infanzia confluiscono, in modo armonico, nel suo sentire presente e nella sua capacità di guardare al futuro.
Il risultato, come in una bella ricetta, o come in un itinerario perfetto, sono i suoi versi, che hanno lo spessore delle radici profonde, l’intensità della vita spesa in luoghi diversi, l’energia vitale dei grandi affetti e quella saggezza e quell’ironia che solo il continuo rapporto con le nuove generazioni può assicurare.
Giovanna Nosarti è nata ad Ostuni (BR). Ha vissuto ad Ivrea (TO) e Bari. Vive da molti anni a Roma, dove insegna Lettere in un Liceo Artistico.
Le sue poesie e i suoi racconti sono presenti in varie antologie.
“Lo strappo nel cielo di carta” e “Soffriggono allegramente i fiaschetti” sono i suoi due libri di poesie, pubblicati da Manni Editori nel 2013 e nel 2015.
Una parmigiana di melanzane
è il rimedio taumaturgico
per esorcizzare il malumore
che mi possiede.
Ho affettato con geometrica
precisione il viola lucido
della tenera polpa,
che offriva alla lama sicura
la sua innocenza.
Dopo ore di riposo nel sale
ho strizzato le fette
ormai molli,
privandole dei succhi amari.
Nel bianco puro della farina
ho avvolto le morbide pagine
per trasformarle in una delizia,
quindi le ho fritte,
sicura,
nell’olio impaziente.
Dorate e croccanti,
le ho adagiate sul piatto
della nonna che conserva
la memoria di sapienti
e pazienti gesti femminili.
Mentre i pensieri già
si alleggerivano
delle ossessioni ricorrenti,
ho preparato un letto
di fresca rossa polpa
in cui ho amorevolmente
deposto la croccante frittura,
ricoprendola di gustosi dadini
di filante podolica
scamorza.
Ho teneramente irrorato
di sanguigno pomodoro
il gustoso preparato
e l’ho offerto al calore del forno
con l’animo già più lieve.
Quando l’aria della casa
si è saturata del sapore
della pietanza cotta a puntino,
ho spento il forno
e ho acceso il mio desiderio,
preparandomi ad accogliere
il signore della collera
al rientro dalla sua trincea.
Ho pregustato il momento in cui,
deposta l’armatura
delle sue pervicaci
e imponenti preoccupazioni,
si sarebbe deliziato del
sensuale pasto di benvenuto.
Giovanna Nosarti, Lo strappo nel cielo di carta, Manni Editori, 2013
Soffriggono allegramente i fiaschetti,
rossa dolcezza dell’orto di Torre Guaceto,
sul fuoco che suggerisce una risposta
al nostro vivace appetito.
Si gonfiano, si ammorbidiscono,
e grinzosi di succulento liquore
si rompono nell’olio caldo.
Arrivano i capperi e le olive baresane
a insaporire l’amore
che ti servirò tra qualche minuto
sugli spaghetti di grano duro.
Mentre spengo il fornello
sotto il tuo sguardo ingordo
di maschio affamato,
il basilico cesella la beatitudine
e si fonde col suo aroma
al condimento dell’estate.
Che profumo! È la felicità?
Porto in tavola, fiera come una vestale,
il suggello della tua pace
che echeggerà dopo pranzo
nella frescura delle antiche volte appena
imbiancate,
quando satollo riposerai.
Giovanna Nosarti, Soffriggono allegramente i fiaschetti, Manni Editori, 2015
Abbiamo litigato,
soffro per la tua incapacità di accogliermi,
fuggo dalla palude limacciosa del tuo umore,
che spegne i miei entusiasmi…
approdo in cucina, mi trincero in una ricetta di famiglia.
In attesa che l’infelicità si risolva, preparerò i panzerotti.
Affetto sottilmente i pomodori maturi, mentre ripasso
mentalmente quello che avrei voluto dirti per chiarire,
e li faccio appassire per qualche minuto insieme al mio risentimento
in tre cucchiai di olio extravergine.
Nel frattempo verso la farina integrale di grano duro
sulla spianatoia, ricavo con le mani un incavo
nel centro e vi verso il lievito sciolto in un bicchiere di acqua tiepida.
Impasto bene fino alla fuga del dispiacere dal mio cuore
che batte solo per dispensare amore.
Finalmente in pace,
lavoro la pasta lievitata fino a modellare
delle pizzette del diametro di dieci centimetri,
grandi come vecchi quarantacinque giri di vinile
e metto nel centro di ogni disco un po’ di pomodori
e una fettina di scamorza fresca, non di mozzarella, “Perché”, sosteneva
mia madre, “la scamorza non cola!”
Ripiego la pasta, premo i bordi tutt’attorno,
affinché
il ripieno non fuoriesca e friggo i panzerotti
pochi per volta,
aspettando le tue scuse come una panacea.
Quando ti affacci attirato dal profumo e dal desìo,
hai già in mano un bicchiere di birra gelata per brindare
alla riconciliazione, voracemente suggerita dall’appetito.
Giovanna Nosarti, Soffriggono allegramente i fiaschetti, Manni Editori, 2015
Le fave a bollire nella pignatta
con un dito d’acqua a coprire
una gialla patata mezzo sepolta,
mentre borbottano
non so che frasi magiche alla cicoria
che piano si cuoce nella pentola accanto,
prima d’esser ripassata nell’olio caldo
con l’aglio dell’orto
coltivato con amore e sudore.
Intanto sul desco il corredo
che accoglierà festoso
il purè di fave si è impinguato:
peperoni verdi fritti
cipolle agrodolci olive leccine
uva dagli acini piccoli scrocchianti
nera dolcezza
zucchine trifolate alla menta,
col retrogusto leggero dell’aceto
evaporato lento nella cottura,
mentre d’incanto si dissolvevano
nubi di pensieri neri
che ammorbavano la giornata.
Giovanna Nosarti, Soffriggono allegramente i fiaschetti, Manni Editori, 2015