Posto nei pressi della bella città di Agrigento, il parco con i suoi 70.000 metri quadrati di superficie, rappresenta un'oasi di relax e divertimento per grandi e piccini. Punto forte del parco sono le piscine, si va da quella dei cavalloni con oltre 1000 mq di superficie alla laguna con i suoi 800 metri quadrati, è inoltre a disposizione degli ospiti una piscina con 20 posti idromassaggio, scivoli, giochi d'acqua e fontane.
All'interno del parco è presente un campo da beach volley ed un servizio di ristorazione con self-service, rosticceria, gelateria, bar e chioschi posti nei pressi delle numerose aree relax.
Posto nel suggestivo bosco di Soprano, il parco avventura si sviluppa in una serie di percorsi acrobatici realizzati mediante passaggi aerei tra gli alberi, posti a varie altezze, grazie a piattaforme in legno sospese ed elementi di percorso come, ponti tibetani, teleferiche su carrucole, corde reti e passerelle, che permettono il passaggio da un albero all'altro in assoluta sicurezza. Il parco dispone di ben 9 percorsi da quello più facile adatto a bambini dai 2 ai cinque anni di età, fino a quello nero con passaggi piuttosto impegnativi adatto a persone esperte e comunque che abbiano compiuto i 16 anni. Tutti i percorsi devono essere svolti in piena autonomia ma sotto la costante supervisione degli istruttori del parco.
Posto nell'incantevole cornice della Valle dei Templi, tra il tempio dei Dioscuri ed il tempio di Vulcano, la Kolymbetra rappresenta un autentico gioiello architettonico e paesaggistico tornato alla luce dopo decenni di abbandono. Le origini del giardino, in concessione al FAI dalla Regione Sicilia per un periodo di 25 anni, risalgono al tempo della colonizzazione greca in Sicilia, mentre il suo sviluppo è legato alla città di Akragas. Secondo quanto narrato da Diodoro Siculo, il tiranno Terone affidò all'architetto Feace il compito di realizzare un sistema idrico in grado di soddisfare le esigenze della città, parte di questo grande sistema si concludeva appunto nel bacino di Kolymbetra. La rigogliosità e la bellezza del giardino ricco di agrumi, tamerici, salici e pioppi si fondono magnificamente con i reperti archeologici in esso contenuti come gli "acquedotti Feaci", unici visitabili in tutta la valle.
La Chiesa fu progettata nella seconda metà del XV secolo su commissione di Angelo Amadi per dare una degna cornice ad un suo dipinto della Vergine con Bambino tra due Santi ritenuto miracoloso. Furono l’architetto Pietro Lombardo e i suoi due figli Tullio ed Antonio a costruirla in stile Rinascimentale tra il 1481 e il 1489, affondando il suo lato sinistro nell’acqua di un canale. La facciata armonizza magnificamente l’amore per la geometria, caratteristica dello stile rinascimentale fiorentino, con il cromatismo delle decorazioni, di gusto tipicamente veneziano. L’interno prosegue il progetto di policromia marmorea in modo coerente con l’esterno e sull’altare si trova tutt’ora il quadro ritenuto miracoloso, opera di Zanino di Pietro del XV secolo. Imponente la volta a botte con cassettoni lignei r riquadri riproducesti Profeti e Patriarchi. Il coro ligneo originale era collegato al convento delle suore tramite un passaggio sopraelevato, non più esistente. La cupola, decorata con i quattro Evangelisti, è probabilmente opera dello stesso Pietro Lombardo, come la transenna a trafori del presbiterio. Da notarsi i bassi rilievi con tritoni e sirene, insoliti in un luogo di culto.
A differenza di quasi tutte le altre Chiese veneziane, non soltanto è stata progettata, costruita e decorata da un unico artista e dalla sua bottega, ma è giunta ai nostri giorni praticamente intatta. Un attento restauro si è concluso nel 1997.
Sorge in una delle zone di Venezia che fu tra le prime ad essere colonizzata. La leggenda narra che fu eretta da San Magno, vescovo di Oderzo a cui i dodici Apostoli avevano ordinato di costruire una Chiesa dove avesse trovato dodici gru.
Si ritiene che la prima Chiesa esistesse già nel IX secolo, mentre è documentata una ricostruzione avvenuta nel 1021. Nel 1400 l’architetto Mauro Codussi apportò molto modifiche alla costruzione, tra cui il porticato, la facciata laterale, la sacrestia e la cappella della nobile famiglia Corner. Originariamente questa sontuosa cappella con cupola, magnifico esempio di architettura rinascimentale veneziana, doveva servire come sepolcro per la regina di Cipro Caterina Corner, che fu poi in realtà sepolta nella Chiesa di San Salvador. Sono invece sepolti nella cappella Marco e Giorgio Corner, padre e figlio di Caterina. Nel 1575 la Chiesa fu ricostruita quasi ex novo da Alessandro Vittoria, che riutilizzò i soli muri portanti e salvò una parte degli affreschi e la cappella Corner. All’interno, nella splendida cappella Corner, c’è il bellissimo altare con la Comunione di Santa Lucia di Giambattista Tiepolo, del 1748. Notevoli anche La nascita della Vergine del 1599 di Giovanni Contarini, l’Ultima Cena di Cesare da Conegliano del 1583 e la Caduta della Manna, attribuita a Paolo Veronese.
Nella metà del XII secolo fu costruito un ospedale, gestito dai frati Crociferi, ordine fondato nel XIII secolo e soppresso nella metà del XVII secolo. L’edificio era destinato all’assistenza dei pellegrini e dei crociati diretti verso la Terrasanta. Nel tempo divenne un ospizio, funzione che svolge tutt’ora con il nome di Renier Zen, il doge che nel 1268 lasciò ai frati una ricca eredità. Nel XVI secolo, in occasione di una ristrutturazione voluta dal doge Pasquale Cicogna, l’oratorio fu affrescato da Jacopo da Palma il Giovane, che, tra il 1583 e il 1592, illustrò in otto teleri che coprono interamente le pareti, le vicende della tradizione cristiana e della storia dell’ospedale. Molto bello anche il soffitto dell’oratorio, opera in cassettoni lignei con un coro di angeli che circonda la Vergine Assunta, a cui era dedicata la Chiesa.
L’oratorio presenta una facciata gotica molto semplice ed è collegato da un passaggio aereo al palazzo degli Zen, mecenati dei Crociferi.
È la chiesa di Santa Maria Assunta, vicino alle Fondamenta Nuove, e deve il suo nome al fatto che fa parte degli stabili acquistati dai religiosi della Compagnia di Gesù (i Gesuiti, appunto) e precedentemente appartenuti ai Crociferi.
La Chiesa, consacrata nel 1728, fu progettata dal ticinese Domenico Rossi e finanziata dalla famiglia Manin.
Dell’edificio dei Crociferi, del XII secolo, resta solo il campanile, la cui cella campanaria è, però, settecentesca e il convento nel campo omonimo.
La bella facciata invita a convergere lo sguardo verso l’Assunzione della Vergine Maria, opera di Giuseppe Torretti, collocata nel timpano.
Lateralmente è visibile lo stemma della famiglia Manin.
L’interno, molto luminoso e ricchissimo di stucchi e marmi, è a croce latina. Da notare i corretti disposti lungo il corridoio della navata, grate che consentivano agli ospiti del convento di affacciarsi.
I soffitti sono interamente affrescati. La Chiesa e la Sacrestia ospitano importanti opere, tra cui Il Martirio di San Lorenzo di Tiziano, L’Assunzione di Maria del Tintoretto e Il Martirio di San Giovanni Battista fra San Lanfranco e San Liberio di Jacopo Palma il Giovane.
È uno dei palazzi più eleganti ed eccentrici di Venezia ed è considerato uno degli esempi più significativi di Rinascimento Veneziano. Affacciato sul Canal Grande, risale con tutta probabilità al 1481, quando Andrea Loredan incaricò Mauro Codussi dell’ambizioso progetto. Le decorazioni interne (andate perdute) furono affidate al Giorgione. Nel salone del primo piano sono conservate opere del ‘500 di Palma il Giovane. Sulla fascia di basamento esterna del Palazzo è incisa l’iscrizione della Bibbia (e motto dei Cavalieri Templari) non nobis, sed nomini tuo da gloriam (non a noi, o Signore, ma al tuo nome dà gloria), in segno di umiltà. Attraverso varie eredità, il palazzo passò ai Calergi e ai Vendramin, Suoi proprietari nel tempo furono anche Guglielmo Gonzaga, la duchessa Carolina di Borbone e la famiglia Lucchesi Palli che ebbero come affittuario Richard Wagner che morì proprio in questo palazzo nel 1883.
Nel 1946 il palazzo fu acquisito al Comune di Venezia che lo ha adibito a Casinò Municipale.
Un tempo la facciata di questa bellissimo palazzo gotico affacciato sul Canal Grande era decorata con pitture policrome e oro, ma anche ora che le resta solo il nome di questo fastoso passato, la costruzione, nonostante la sua asimmetria, o forse proprio per questo, è uno delle costruzioni più belle della città. Ca’ d’Oro, di proprietà del mercante Marino Contarini, fu edificata nella prima metà del 1400, ristrutturando una costruzione preesistente. Vi lavorarono numerosi artisti dell’epoca, coordinati dallo stesso Contarini: a Matteo Raverti si deve il traforo della loggia del primo piano, a Jean Charlier la decorazione della facciata e a Giovanni e Bartolomeo Bon gli intagli delle colonne della loggia superiore. Molto bella anche la fascia merlata, che corona il palazzo. Dopo secoli in cui Ca’ d’oro, passando di eredità in eredità, attraversò periodi bui e fu oggetto di disastrose ristrutturazioni, nel 1894 fu acquistata dal barone Giorgio Franchetti che la riportò all’antico splendore con un restauro filologico con l’intento di riportare Ca’ d’Oro al suo spetto originario e farne una galleria per le proprie oper d’arte, aperta al pubblico.
Nel 1916 fu stipulato un accordo tra Franchetti, che si impegnò a cedere il palazzo alla conclusione dei lavori e lo Stato Italiano che ne garantì la copertura finanziaria.
Nel 1927 fu inaugurata la Galleria Giorgio Franchetti, dedicata al mecenate scomparso nel 1922, che ospita opere importanti tra cui quelle di Mantegna, Tiziano e Giorgione.
Si trova nella parte nord del sestiere di Cannaregio. Risale alla metà del XIV secolo e deve il suo nome ad una storia popolare che attribuiva bagliori miracolosi ad una statua di Madonna dello scultore Giovanni De Santi, lasciata incompiuta nell’orto di casa. Per evitare forme improprie di culto, la Chiesa acquistò la statua e concesse al suo autore di essere sepolto davanti alla sua Madonna (ovunque fosse stata collocata) e una messa perpetua a suo suffragio. È del 1414 il nome ufficiale di Chiesa della Madonna dell’Orto.
Rappresenta uno dei migliori esempi di gotico veneziano e i suoi interni vantano dipinti di Cima da Conegliano e dieci famose tele del Tintoretto, che viveva e lavorava nel vicino Campo dei Mori e che fu poi sepolto in questa chiesa nel 1594.
Il campanile sormontato dalla statua del Redentore di Pietro Lombardo, con i suoi 56 metri di altezza, domina la città ed è uno dei primi che si scorgono arrivando a Venezia.
Nel 1516 il governatore della Repubblica di Venezia decise che gli ebrei, che gradualmente, partire dal XIV secolo si era stabiliti in città e che vi erano ritornati dopo un decreto di espulsione del 1394, potevano abitare solo in un’area, una piccola isola detta del Ghetto Nuovo dal getto dei metalli fusi delle fonderie che vi sorgevano. Solo nel 1797, con l’avvento delle truppe napoleoniche, gli ebrei ebbero lo stesso grado di libertà degli altri cittadini. Durante la II guerra mondiale, il ghetto non fu risparmiato: 200 persone furono deportate e uccise nei campi di concentramento nazisti.
Il ghetto si divide in Ghetto Nuovo, del 1516; Ghetto Vecchio del 1541 e Ghetto Nuovissimo del 1633.
Quello che colpisce in quest’area, sono le 5 sinagoghe a rappresentare le diverse etnie che si stabilirono nella laguna nel corso dei secoli. Molto interessante anche il Museo d’arte ebraica, che ospita argenteria e preziosi manufatti tessili provenienti dalle sinagoghe, antichi documenti, tra cui molti contratti matrimoniali, oltre a donazioni private.
La chiesa di San Giobbe si trova nei pressi del Ponte dei tre Archi, nel Sestiere Cannaregio, ha origini molto antiche: nel 1378 Giovanni Contarini costruì un oratorio dedicato a San Giobbe profeta e un ospizio su un’area di sua proprietà. La proprietà fu poi donata ai Frati Minori Osservanti che continuarono a dedicarsi all’assistenza dei poveri e,tra la metà del 1400 e l’inizio del 1500 vi fu edificata l’attuale chiesa, tra i primi esempi di architettura rinascimentale della città, per volontà del doge Cristoforo Moro e di San Bernardino da Siena. L’opera fu affidata agli architetti Antonio Gambello e Lorenzo di Gian Francesco, mentre gli interni furono decorati dall’architetto Pietro lombardo. Attualmente la Cappella Contarini corrisponde all’oratorio del 1300.
Bellissimi il soffitto della cappella Martini con una rappresentazione del Signore e dei Quattro Evangelisti in maiolica invetriata, opera attribuita a Luca della Robbia; il trittico dell’Annunciazione di Antonio Vivarini; gli armadi e il soffitto a cassettoni, originali, della Sacrestia e il portone d’ingresso volto a rappresentare lo spirito francescano, innovativo grazie alla fede, voluto dal doge Cristoforo Moro, che volle essere sepolto in questa chiesa.
Il grande palazzo, costruito alla fine del XVII secolo dai Labia, famiglia di ricchi mercanti catalani, si erge a fianco della Chiesa di San Geremia, proprio alla confluenza del Canale di Cannaregio nel Canal Grande. Il palazzo in stile barocco, una delle più fastose dimore private del settecento, è famoso per gli affreschi di Giambattista Tiepolo che ospita al suo interno, fra i quali anche il ciclo dedicato alle Storie di Antonio e Cleopatra, considerato uno dei suoi capolavori.
Attualmente Palazzo Labia è sede della RAI regionale.
Si affaccia sul Canal Grande e risale al XIII secolo. L’aspetto attuale lo si deve al rifacimento della metà del 1700. Il suo campanile romanico in cotto è uno dei più antichi di Venezia. Al suo interno riposano le spoglie di Santa Lucia di Siracusa in una cappella costruita con materiali dell’antica chiesa di santa Lucia, abbattuta nel 1861 e al cui posto sorge ora la stazione.
Una iscrizione all’esterno recita:“Lucia Vergine di Siracusa in questo tempio riposa. All’Italia e al Mondo ispiri luce e pace”.