fu costruito fra il 1562 il 1563 per dare una sede unitaria alle discipline universitarie e rimase sede dell’Università fino al 1800. Si affaccia su Via dell’Archiginnasio, uno dei portici più famosi ed eleganti di Bologna, che costeggia il lato est della Basilica di San Petronio. È caratterizzato all’esterno da un lungo portico, mentre all’interno si articola in due piani intorno ad un cortile centrale a doppio ordine di logge. Le pareti sono decorate con iscrizioni e monumenti dedicati ai maestri. Molti anche gli stemmi e i nomi degli allievi. Dal 1838 è sede della Biblioteca. Due scaloni conducono a 10 aule (oggi intercomunicanti, ma in origine con accesso indipendente dal loggiato) e 2 aule magne: una per gli Artisti (oggi sala di lettura della biblioteca) e una per i Legisti. Quest’ultima è chiamata Sala dello Stabat Mater perché ospitò la prima esecuzione, nel marzo del 1842, dello Stabat Mater di Gioacchino Rossini, diretta da Gaetano Donizetti. Molto interessante anche il Teatro Anatomico, opera dell’architetto Antonio Paolucci, detto Il Levanti, per le lezioni di anatomia. Nonostante i gravissimi danni subiti in un bombardamento del gennaio 1944, la sala è magnifica, con le sue sculture lignee originali, le due splendide cattedre e il soffitto a cassettoni del XVII secolo, raffigurante Apollo, protettore della medicina, circondato da quattordici costellazioni.
È un insieme di edifici che si sono raccolti intorno al nucleo più antico, acquisito dal Comune già nel 1200, nel quale si trovava l’abitazione di Accursio, giurista e maestro di diritto. Nella prima metà del 1400 fu ampliato e rinnovato dall’architetto Fioravante Fioravanti, e arricchito da un orologio nella torre, con carosello di automi di legno, raffigurante la Madonna con il Bambino ed il Corteo dei Magi, che furono rimossi alla fine del 1700 (ne restano alcuni al secondo piano, nella Collezione Comunale d’Arte). Sul portale di ingresso si erige la statua in bronzo di Papa Gregorio XIII, bolognese e riformatore del calendario. Sulla facciata si nota la splendida Madonna col Bambino di Nicolò dell’Arca. Dal cortile al suo interno, salendo lungo la scala attribuita al Bramante, si arriva al piano nobile e alle sale visitabili. In corrispondenza di Piazza Nettuno vi è l’accesso alla Sala Borsa, che sorge nell’area occupata dall’orto botanico creato nel 1568 da Ulisse Aldrovandi. Dal 2001 ospita la Civica Biblioteca Multimediale, spazio culturale particolarmente ricco e stimolante al suo interno, nella Piazza coperta, parti del pavimento in cristallo consentono di ammirare gli antichi scavi sottostanti, mentre un percorso sotterraneo consente di raggiungere la Bononia romana, le fondazioni, il basolato augusteo e i resti delle costruzioni medioevali. L’ultimo piano ospita le Collezioni d’Arte Comunali.
E' lo spettacolare nucleo trecentesco della città. La sua storia risale al 1200, quando il Comune espropriò case e chiese per costruire la piazza ed edifici pubblici: il Palazzo del Podestà, di Re Enzo e del Capitano del popolo.
E' considerata una delle maggiori chiese del mondo, la sesta in Europa e la quarta in Italia per l’esattezza, nonostante sia vistosamente incompiuta. Fu costruita tra il XIV e il XVII secolo, su progetto dell’architetto Antonio di Vincenzo ed è l’ultima grande opera tardo gotica d’Italia. È dedicata a San Petronio, santo patrono di Bologna. Michelangelo realizzò la statua in bronzo di Papa Giulio II posta nel 1508 sulla facciata. Ma Bologna non gradì che la Basilica, creata per volontà popolare, venisse, con questo gesto, definita di pertinenza papale e la statua fu distrutta nel 1511 dai seguaci della famiglia Bentivoglio. Il suo bronzo servi ad Alfonso I d’Este, duca di Ferrara, per fabbricare una cannone, detto “la Giulia”, utilizzato proprio contro l’esercito papale. Qualche anno dopo, nel 1530, mentre ancora proseguivano i lavori di San Petronio, vi fu incoronato Carlo V Imperatore del Sacro Romano Impero da papa Clemente VII: un altro tentativo di imporre il volere papale alla libera città di Bologna. Quando la Basilica rischiò di superare la stessa chiesa di san Pietro a Roma, papa Pio IV bloccò di fatto i pogetti facendo realizzare tutt’intorno altri edifici, a cominciare dall’Archiginnasio, che quasi si sovrappose a San Petronio. I cantieri successivi furono, quindi, soltanto mirati al completamento delle opere rimaste incompiute. La Basilica, voluta e costruita dal Comune di Bologna, fu trasferita alla diocesi solo nel 1929 e consacrata nel 1954. Dal 2000 ospita le reliquie di San Petronio, fino ad allora conservate nella Basilica di Santo Stefano. La facciata è rivestita soltanto in basso di specchiature di marmo, realizzate tra il XIVe il XVI secolo. Tutta la parte superiore della facciata mostra materiale laterizio a vista, sfaccettato per l’ancoraggio del rivestimento decorativo, rimasto incompiuto. Splendidi i bassorilievi di Jacopo della Quercia che ornano il portale centrale. Anche la Madonna col Bambino e i Santi Petronio e Ambrogio posti nella lunetta sono opera di Jacopo della Quercia. Michelangelo la definì “la più bella Madonna del Quattrocento”. L’interno ha dipinti di Giovanni da Modena, Jacopo di Paolo, Lorenzo Costa, Amico Aspertini… All’ingresso della Chiesa, sulla sinistra, una interessante meridiana, opera dell’astronomo Giovanni Domenico Cassini, che risale al 1655, prende luce da un piccolo foro gnomonico sul soffitto (un punto di luce brillante posto a 27,07 metri di altezza) e proietta sul pavimento l’immagine del sole rovesciata, come in una macchina oscura. La meridiana fu utilizzata nel corso dei secoli per importanti studi di astronomia; la sua eccezionale lunghezza di 66,8 metri, ne fanno tutt’ora la meridiana più grande al mondo.
Costruito nel XIII secolo, era la sede del Podestà, massima autorità cittadina. Nel 1484 Giovanni II Bentivoglio lo restaurò in stile rinascimentale, ma i lavori rimasero incompiuti a causa della sua cacciata dalla città. L’aspetto attuale non si discosta molto dall’originale: la torre campanaria (probabilmente lignea in origine) serviva per chiamare a raccolta la popolazione; sotto il portico erano poste botteghe artigiane e sotto le scale di accesso al primo piano i notai stipulavano atti e contratti. L’ampio salone del Podestà, al piano nobile del palazzo, è mirabilmente affrescato con episodi della storia di Bologna. L’opera è di Adolfo de Carolis e della sua scuola e risale al primo decennio del XX secolo.
Il Palazzo è visitabile solo in occasione di mostre ed eventi.
La sua destinazione a Palazzo dei Notai è ben visibile nello stemma sulla facciata: tre calamai con penne d’oca. Il suo nucleo originale risale al 1287, con ampliamenti e rifacimenti successivi, a partire dal 1442. L’ultimo restauro risale al 1908, quando A. Rubbiani ripristina le due bifore in gotico fiammeggiante ed elimina una sopraelevazione aggiunta nel 1700, mentre all’interno Achille Casanova riporta la decorazione del soffitto a cassettoni a quella presente nelle fonti documentarie.
Il Palazzo è visitabile solo in occasione di mostre ed eventi.
La Chiesa venne edificata nel 910 e ricostruita nel 1131, dopo essere stata distrutta da un incendio. In quell’occasione fu aggiunto il campanile. Fu seriamente danneggiata anche da un terremoto nel 1222. La struttura attuale risale al 1605 e fu progettata dall’architetto milanese Giovanni Ambrogio Magenta, che rinunciò in quell’occasione all’impianto romano-gotico originario. La facciata, disegnata dall’architetto Alfonso Torreggiani, risale al 1743 e fu ancora modificata nel 1776. Nel 1582 papa Gregorio XIII le conferì il titolo di cattedrale metropolitana. L’interno custodisce dipinti di Prospero Fontana e Ludovico Carracci. Splendido anche il Compianto sul Cristo morto, opera in terracotta di Alfonso Lombardi, realizzata tra il 1522 e il 1526. Il gruppo è costituito di figure a grandezza naturale, in origine policrome, e rappresenta il momento intermedio tra la Deposizione e la Sepoltura del Cristo morto, come viene descritto nei Vangeli Apocrifi.
La piazza prende nome dalla splendida fontana del Nettuno, chiamata “il gigante” dai bolognesi, che ne occupa il centro. La fontana risale al 1564: voluta dal Cardinale di Bologna Carlo Borromeo, fu progettata dall’architetto e pittore napoletano Tommaso Laureti. L’imponente bronzo del dio Nettuno è opera di Jean de Boulogne di Douay nelle Fiandre, detto il Giambalogna. Per fare spazio alla fontana fu abbattuto un intero isolato e la statua fu posta esattamente all’incrocio tra il cardo e il decumano dell’antica viabilità romana. Sono ben 90 i zampilli dei giochi d’acqua della fontana.
Fu eretto nel 1244 per ampliare gli edifici comunali e, per distinguerlo dal Palazzo del Podestà, venne indicato come “palazzo nuovo”. Il suo nome è legato alla figura del Re svevo Enzo di Sardegna, figlio di Federico II, che vi fu rinchiuso per 23 anni, dopo essere stato sconfitto nella battaglia di Fossalta del 1249. Nel 1905 un ciclo di restauri su progetto di Alfonso Rubbiani ha ripristinato l’aspetto gotico dell’edificio, con la ricostruzione delle merlature, delle arcate del pianterreno e della scala che risale al XV secolo.
Il Palazzo di Re Enzo è visitabile solo in occasione di mostre ed eventi.
La Torre degli Asinelli (la più alta) e la Torre Garisenda, veri simboli della città, svettano all’incrocio tra le vie che portavano alle cinque porte dell’antica cerchia di mura. Entrambe i nomi derivano probabilmente dalle famiglie a cui si attribuisce la loro costruzione, che risale all’inizio del XII secolo. Originariamente erano circondate da costruzioni lignee e ponti aerei che li collegavano ad un sistema di un centinaio di torri, di cui soltanto una ventina sono quelle sopravvissute.
La Torre degli Asinelli fu eretta all’ingresso della città, dalla parte della via Emilia, a scopo di avvistamento e difesa di Bologna. La loggia che circonda il basamento quadrato, detta “rocchetta” fu aggiunta nel 1488 per ospitare i soldati di guardia. E’ alta 97,2 metri, con uno strapiombo di 2,23 metri, ma la sua struttura farebbe pensare alla possibilità che in origine fosse ben più alta. Il Comune ne divenne proprietario nel XIV secolo, quando la adibì a prigione. In quel periodo una passerella aerea in legno, posta a 30 metri da terra, la collegava alla Torre Garisenda. Subì spesso danni e incendi causati da fulmini fino al 1824, quando fu dotata di un parafulmine. Nel XVII e nel XVIII secolo fu utilizzata rispettivamente dagli scienziati Giovanni Battista Riccioli e Giovanni Battista Guglielmini per esperimenti sulla caduta dei pesi e la rotazione della terra. Durante la II guerra mondiale fu utilizzata come torre di avvistamento. Salendo i 498 gradini delle sue antichissime e irregolari scale, tra botole e scalette di legno, si gode di una spettacolare vista di Bologna e della zona collinare circostante.
La Torre Garisenda, contemporanea a quella degli Asinelli, è alta 48 metri con uno strapiombo di 3,22 metri che la rende la torre più pendente d’Italia. In origine la sua altezza era di circa 60 metri, ma nel 1351 perse la sua sommità a causa di un terremoto. Dante la vide integra e ce ne parla nei versi 136-141 del XXXI canto dell’Inferno, dove la vista di Anteo, il gigante figlio di Nettuno e della Terra, chinato verso di lui gli rammenta proprio l’imponenza della torre che sembra inchinarsi al visitatore. A partire dal XV secolo, la Garisenda appartenne alla corporazione dei Drappieri, fino al 1800, quando anch’essa diventò di proprietà comunale. Il rivestimento in bugne di selenite alla sua base risale alla fine del XIX secolo.
La Torre Garisenda non è visitabile.
Recentemente proprio davanti alle due Torri è stata ricollocata la statua di San Petronio, opera di Gabriele Brunelli del 1670, che era stata rimossa nel 1871 per motivi legati al traffico.
Si apre accanto alle due Torri e prende il nome dal bellissimo palazzo caratterizzato dall’alto portico con archi ogivali, sovrastato da un baldacchino cuspidale. Il palazzo fu costruito sulla preesistente vecchia Dogana, detta Gabella. Ospitava la sede della corporazione dei cambiatori, il foro dei mercanti ed il tribunale preposto a ricomporre le controversie dei mercanti stessi. La loggia, detta del Carrobbio o dei Mercanti, è attribuita ad Antonio di Vincenzo (l’architetto della Basilica di San Petronio) e a Lorenzo da Bagnomarino. Il balconcino di marmo, che risale al 1384, veniva utilizzato per leggere pubblicamente le decisioni del tribunale. Durante la II guerra mondiale, una bomba cadde senza esplodere ai piedi del palazzo. Fu l’intervento di genieri tedeschi a farla esplodere, provocando il crollo dell’arcata sinistra del palazzo, che fu ricostruita successivamente. Dal 1797 è sede della Camera di Commercio.
È considerata il miglior esemplare di Barocco bolognese. È stata riaperta al pubblico, soltanto nel 2010, dopo un lungo ciclo di restauro. La sua grande cupola, alta ben 52 metri, fu disegnata da Antonio Galli Bibiena. Assolutamente da non perdere è il “Compianto sul Cristo morto” di Niccolò dell’Arca, che Gabriele D’Annunzio definì “urlo pietrificato” per la sua intensa e terribile drammaticità. L’opera, composta da sette figure in terracotta a grandezza naturale, in origine policrome, si pensa sia stata realizzata tra il 1463 e il 1490, ma non se ne conosce né il committente né l’esatta disposizione delle statue. Il gruppo è stato per molto tempo ospitato nella Pinacoteca Nazionale di Bologna e solo negli anni ’90 è stato collocato nella prima cappella a destra di Santa Maria della Vita. Nell’oratorio, che fu edificato nel 1600 su una struttura preesistente, si può ammirare il Transito della Vergine di Alfonso Lombardi, splendido gruppo marmoreo del 1522. Interessante anche la visita al Museo della Sanità, situato nell’antico Ospedale di Santa Maria della Vita, attivo fin dal XIII secolo
È conosciuto come le Sette Chiese di Bologna, per l’alto numero di edifici (chiese, cappelle, cortili, chiostri…), costruiti in stili diversi, che lo compongono. Anche se in realtà non si raggiunge il numero di sette (scelto probabilmente per il suo alto valore simbolico), Santo Stefano è sicuramente uno dei luoghi più suggestivi di Bologna. Sorge all’interno della più esterna cerchia di mura medioevali ed è uno dei monumenti più antichi di Bologna, citato con il nome di Sancta Hierusalem in atti notarili antecedenti all’anno 1000. Con tutta probabilità risale agli inizi dell’era cristiana, anche se la tradizione ne attribuisce la fondazione a San Petronio, vescovo di Bologna tra il 431 e il 450, che vi fu sepolto. Nel loro insieme formano una ricostruzione simbolica dei luoghi della Passione di Cristo, compresa una riproduzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Nel 727 si instaurò nella zona un presidio longobardo: traccia del loro passaggio è in una iscrizione posta sul Catino di Pilato, grande vaso di pietra al centro del cortile interno, dono dei re Liutprando e Ilprando. Più volte la chiesa fu spogliata di arredi e reliquie per evitare saccheggi. Alcune sacre reliquie furono ritrovate dopo che del loro nascondiglio si era persa memoria, come accadde all’abate Martino nel 1019 o più tardi, nel XII secolo. Nel corso dei secoli il complesso di Santo Stefano è stato più volte modificato, ampliato e ricostruito. Nel 1920 ebbe inizio una campagna di scavi archeologici, finalizzata a conoscere e datare gli aspetti più antichi del complesso. Altri scavi furono promossi nel 1984 nella piazza antistante la Chiesa.
Lo splendido Santuario di San Luca si trova sul Colle della Guardia, a sud ovest di Bologna, ad una altezza di circa 300 metri. È considerato una dei simboli di Bologna, meta di pellegrinaggio per la venerazione dell’icona della Vergine col Bambino, che la tradizione attribuisce a Luca Evangelista e che sarebbe giunta dalla basilica di Santa Sofia a Costantinopoli, grazie ad un pellegrino eremita greco. Fu edificato da Carlo Francesco Dotti tra il 1723 e il 1757, su una chiesa preesistente, del 1400. Le tribune esterne sono opera del figlio, Giovanni Giacomo, che le realizzò nel 1774. Sobria nell’aspetto esterno, ha interni a croce greca che ospitano splendide opere di Guido Reni, Donato Creti, Giuseppe Mazza e, nella Sacrestia maggiore, Guercino. Il suo splendido e lunghissimo portico (3796 metri) conta 666 arcate e 12 cappelle. Una tradizione che risale al 1433 è la processione che ogni anno per l’Ascensione porta la Madonna bizantina col Bambino fino alla Cattedrale di San Pietro, dove resta esposte per una settimana, per poi essere di nuovo accompagnata in processione fino al santuario di San Luca.