Anche se oggi l’espressione “fare il giro delle sette Chiese” ha acquistato una valenza negativa, sinonimo di perdere tempo, di non trovare nessuno disposto ad ascoltare o a dare una mano, un tempo il Giro delle Sette Chiese era un obbligo morale molto sentito per i pellegrini che giungevano a Roma.
Il numero sette era probabilmente collegato alle sette tappe della Passione di Gesù, ma anche ai sette sacramenti, alle sette opere di misericordia e così via ed era anche il numero di chiese ragionevolmente visitabili nell’arco di una giornata.
Nel XVI secolo questa antica tradizione fu recuperata da San Filippo Neri che ne fissò regole più precise.
Doveva essere un percorso da fare a piedi, non una processione, ma piuttosto una sorta di gita che alternasse momenti di preghiera a momenti di svago e ristoro.
Il percorso era organizzato ad anello; era lungo circa 20 Km e si poteva percorrere in uno o due giorni, toccando le quattro Basiliche Maggiori e tre tra le Basiliche Minori più importanti di Roma:
San Pietro in Vaticano
San Paolo fuori le mura
San Sebastiano
San Giovanni in Laterano
Santa Croce in Gerusalemme
San Lorenzo fuori le mura
Santa Maria Maggiore
In tempi più recenti, la tradizione romana del Giro delle Sette Chiese era più semplicemente una preghiera da recitarsi nei pressi del Cristo morto in sette diverse Basiliche nei giorni del Venerdì Santo o del Sabato Santo: un atto di devozione legato, quindi, alla Quaresima.
Attualmente questa tradizione viene mantenuta dalla Congregazione dell’Oratorio San Filippo Neri che la ripropone in forma collettiva, con partenza serale da Santa Maria in Vallicella e arrivo la mattina del giorno dopo alla Basilica di Santa Maria Maggiore.