La piazza della Cattedrale sorge su di un terrazzamento artificiale di epoca romana. Su di essa si affacciano: Casa Fabricolosi, il sarcofago ornato da scene di caccia trasformato in fontana, la casa dell’opera del Duomo, il teatro Caio Melisso e la chiesa di Santa Maria della Manna d’oro oltre che il sontuoso Duomo. Il Duomo sorge su una preesistente chiesa intitolata a Santa Maria in Vescovado costruita tra VIII e il IX secolo. L’attuale edificio venne edificato a partire dal 1155 in seguito alle devastazioni operate da Federico Barbarossa. Nel corso dei secoli la chiesa subì numerosi rimaneggiamenti e abbellimenti sia all’interno che all’'esterno.
Il Duomo è fiancheggiato da un campanile in stile romanico come la facciata, ornata da un bel portico in stile rinascimentale. Cinque rosoni di diverse dimensioni sormontano il portico e racchiudono un mosaico del 1207 in stile bizantineggiante. Attraverso un magnifico portale si accede all'interno della chiesa a tre navate. Da notare il pavimento della navata centrale in stile cosmatesco, nelle navate laterali affreschi di Pinturicchio e Giovanni da Spoleto mentre il presbiterio è ornato da affreschi di Filippo Lippi. Nella canonica ha sede l’archivio Capitolare che custodisce pergamene e codici di notevole valore.
Una delle relazioni particolari tra S. Francesco e la città di Spoleto è la celebre lettera autografa scritta dal Santo a frate Leone, che costituisce uno dei cimeli più importanti dalla città, conservato nella basilica cattedrale.
Non c’è dubbio infatti che, dopo le sacre spoglie custodite e venerate nella cripta della basilica di S. Francesco in Assisi, le reliquie più preziose di Francesco siano i suoi autografi, documenti di inestimabile valore anche per la loro rarità; sono infatti soltanto due. Il primo autografo è la cosiddetta «chartula», un foglietto scritto subito dopo la stigmatizzazione sul monte della Verna, nel settembre del 1224, e conservato nella cappella delle reliquie della basilica di S. Francesco in Assisi. Contiene, da un lato, il testo delle «Lodi di Dio Altissimo» e, dall’altro, la «Benedizione a frate Leone».
Il secondo autografo è appunto la «Lettera a frate Leone», conservata originariamente nella chiesa minoritica di S. Simone a Spoleto, salvata per fortuna dopo varie peripezie cui andò incontro tra la fine del secolo scorso e gli inizi di questo, e oggi esposta nella cappella delle reliquie della cattedrale spoletina.
Si tratta di un piccolo foglietto rettangolare di pergamena, tratta da pelle di capra, che misura cm 13x6; è formato da diciannove righe complessive e perfettamente conservato. La lettura più accreditata della lettera di Spoleto è quella che accentua il segno di fraterna tenerezza che Francesco ha voluto manifestare a Leone. Questi era in crisi e, nonostante il colloquio avuto da poco con Francesco mentre erano in cammino, voleva di nuovo andare da lui per consultarlo su qualche punto della sequela di Cristo e dell’osservanza regolare, soprattutto in tema di povertà.