Immersa nel silenzio della Gola di Frasassi, custodita e protetta da un anfiteatro di montagne, l'abbazia di San Vittore delle Chiuse è un luogo di grande spiritualità, silenzio e preghiera. Posta nel piccolo borgo fortificato di San Vittore, frazione del comune di Genga, l'abbazia venne edificata intorno al 1060-1080 inglobando una più antica chiesa conventuale benedettina. Si giunge all'antico borgo oltrepassando una quadrangolare torre fortificata posta alla fine di un bellissimo ponte romano che attraversa il fiume Sentino. Entrando nel borgo, perfettamente conservato, si inizia ad avvertire il profondo senso di pace e spiritualità emanato dal luogo, per giungere infine ai piedi all'imponente abbazia in stile romanico. La bellezza austera dell'edificio è esaltata dalle incontaminate montagne, dai boschi e dalla distesa verde che le fanno da cornice.
L'abbazia fu per secoli un luogo di lavoro e grande spiritualità, dedito alla diffusione della cristianità. I vari ordini monastici che vi si susseguirono, in particolare i benedettini, oltre a coltivare i terreni circostanti, copiare antichi testi, erano dediti alla cura delle anime ed alla istituzione di nuovi monasteri e conventi, tanto che tra l'XI e il XII secolo dipendevano da San Vittore ben 42 chiese e i territori di ben 13 castelli. L'anno 1212 segna però l'inizio di una lenta ma inesorabile decadenza dell'abbazia e dei suoi territori. In quell'anno infatti l'abate Morico III fu costretto a consegnare Castel Petroso al comune di Fabriano dando così l'inizio ad un periodo di decadenza che si concluderà nel XV secolo quando l'abbazia fu soppressa e consegnata al monastero di Santa Caterina di Fabriano.
Nonostante i pesanti lavori di ristrutturazione subiti all'inizio del '900 l'intera struttura conserva ancora i suoi tratti e la sua volumetria originale. Costruita in pietra calcarea bianca e rosata, l'abbazia si presenta con una pianta a croce greca iscritta in un quadrato, con quattro colonne che dividono la chiesa in nove campate ricoperte da volte ogivali, la cupola centrale di forma ottagonale poggia su pesanti colonne tramite arconi e pennacchi. L'interno è privo di decorazioni tranne una specie di otto o simbolo dell'infinito posto nei pressi della porta sinistra dell'altare, al quale non è ancora stato attribuito un preciso significato. L'austerità e la purezza degli interni conferiscono all'abbazia un senso di pace, stimolando la meditazione e la preghiera. Nonostante la volumetria e le ridotte dimensione delle finestre l'interno dell'abbazia si presenta piuttosto chiaro e luminoso. La facciata anch'essa molto semplice è caratterizzata dalla presenza di una torretta circolare e da un torrione quadrangolare.
La particolare forma dell'abbazia la accomuna ad altre tre presenti nel territorio marchigiano e precisamente la chiesa di San Claudio al Chienti, l'abbazia di Santa Maria delle Moie e la chiesa di Santa Croce di Sassoferrato.
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