La crostata allo sciroppo d’acero o Tarte au sirop d'érale è un dolce tipico del Québec, ragione famosa per essere il maggior produttore di sciroppo d’acero del mondo: è una pasta frolla, che racchiude un ripieno cremoso dolce dall’inconfondibile profumo.
La ricetta originale ci è sembrata eccessivamente dolce per i nostri gusti: abbiamo ridimensionato la quantità di zucchero, ma abbiamo lasciato tra parentesi la dose da cui ci siamo allontanati. Abbiamo anche ridotto la quantità di panna ed eliminato il burro.
I risultati ci sembrano eccellenti: vi invitiamo a provarla, soprattutto se avete modo di procurarvi uno sciroppo d’acero di qualità. Quello che abbiamo acquistato in Canada è puro al 100/100, ben diverso da quelli che frequentemente si trovano nei nostri supermercati.
Ci sembra importante ricordare che lo sciroppo d’acero si ottiene facendo bollire la linfa raccolta a primavera dagli aceri neri e dagli aceri da zucchero, procedimento per cui da 40 litri di linfa si ottiene un solo litro di sciroppo! Il risultato è un composto calorico (250 calorie per 100 grammi, rispetto alle 392 dello zucchero, alle 304 del miele e alle 400 dell’aspartame), ricco di sali minerali e vitamine, con proprietà depurative ed energizzanti.
Per la pasta frolla:
350 gr di farina per torte non lievitata
125 gr di burro freddo di frigorifero
2 uova intere
175 gr di zucchero
Per il ripieno:
3 uova intere
100 gr di zucchero di canna molto fine (350 gr nella ricetta originale)
130 gr panna fresca non montata (180 nella ricetta originale)
150 gr di sciroppo d’acero
10-15 noci pecan sgusciate (e/o mandorle sgusciate e/o uvetta)
(3 cucchiaini di burro fuso, nella ricetta originale)
Impastate rapidamente gli ingredienti della pasta frolla, poi mettetela a riposare in frigo per almeno 30 minuti, avvolta nella pellicola da cucina. Se utilizzate l’uvetta, mettetela a rinvenire in un po’ di liquore. Lavorate a lungo con le fruste elettriche le uova con lo zucchero di canna, fino ad ottenere una crema spumosa. Aggiungete gli altri ingredienti e lavorate ancora l’impasto con le fruste. Imburrate e infarinate la teglia. Rivestite la teglia con la pasta frolla, avendo l’accortezza predisporre un bordo molto alto per contenere il ripieno che risulterà liquido e di lasciare poco meno di metà della pasta per le strisce decorative. Incorporate l’uvetta al composto, poi versatelo nella teglia. Aiutandovi con un po’ di farina, fate dei rotolini con la pasta avanzata e disporli sul composto. Ripiegate i bordi della pasta a bloccare le strisce. Inserite una noce pecan o una mandorla nei riquadri della crostata. Mettete la teglia in forno preriscaldato a temperatura moderata(circa 140° a forno ventilato e 170° a forno statico) per circa 45 minuti: la pasta frolla sarà dorata, mentre il ripieno avrà una crosticina più scura e (a seconda della consistenza del composto) potrebbe aver ricoperto del tutto o in parte le strisce di pasta frolla.
Lasciate raffreddare, poi mettete la torta in frigo fino al momento di servire. Potete, se volete, spolverarla di zucchero a velo. In Québec la torta viene servita accompagnata da panna montata non zuccherata, ma è ottima anche da sola.
Tutti noi ci siamo chiesti almeno una volta nella vita che cosa fare per far sì che l'anno nuovo sia migliore del precedente. C'è chi spera che l'anno nuovo gli doni più salute, chi un nuovo lavoro, chi più soldi e chi semplicemente un po' di pace e serenità, bene in molti di questi casi i cibi potranno esservi d'aiuto. Sempre che in ognuno di voi ci sia un animo predisposto e un minimo di superstizione!
Ecco quindi un alenco di cibi che adeguatamente utilizzati potranno aiutarvi nella realizzazione dei vostri desideri, se poi non sarà così potrete sempre dire di averci provato!
Per noi italiani rappresentano il cibo portafortuna per eccellenza. La loro forma piatta ed arrotondata le fa assomigliare a delle monetine, quindi chi mangia questo legume a capodanno si assicura prosperità e soldi per l'anno a venire. Pensate che questa usanza era già in essere ai tempi dei romani e lo è tutt'ora anche in Brasile.
Anche i chicchi di riso come le lenticchie secondo la credenza assicurerebbero abondanza e prosperità per l'anno nuovo. Il riso può essere cucinato o semplicemente messo a decorazione della tavola del cenone di capodanno. Molti usano mettere in sacchetti di panno verde sette chicchi di riso e sette chicchi di melagano, anche in questo caso i sacchetti possono essere messi come decorazione della tavola oppure portati in tasca.
Molti sono i popoli che nel cenone di capodanno inseriscono verdure a foglia larga come la bietola e il cavolo. Questo è dovuto al colore verde scuro delle loro foglie simile al colore dei soldi.
I mandarini, come tutti gli agrumi di forma tondeggiante, proprio per la loro forma sferica sono simbolo di eternità e quindi un auspicio di lunga vita. In Cina il mandarino è considerato un portafortuna anche grazie al suo colore brillante che ricorda l'oro e quindi la ricchezza.
Mangiare 12 chiichi d'uva allo scoccar della mezzanotte è una tradizione tipica delle Marche ma, anche della Spagna. Secondo la tradizione marchigiana ogni acino corrisponde ad un mese dell'anno mentre per gli spagnoli ogni acino rappresenta un rintocco delle campane e, in questo caso, perchè l'espediente funzioni ne va mangiato uno ad ogni rintocco. Anche l'uva è sinonimo di abbondanza e prosperità tanto che un antico proverbio cita: "chi mangia uva a capodanno conta quattrini tutto l'anno".
L'antico frutto è presente già nella mitologia greca dove viene considerato la pianta sacra a Giunone e Venere. Simbolo quindi della fertilità e dell'abbondanza può essere preparato in una miriade di modi, nella macedonia, nelle insalate o come condimento a risotti. Se poi volete essere proprio certi che la fortuna non vi abbandoni potete comperare una pianta da tenere in terrazzo.
Utilizzati in moltissime parti del mondo, non solo a capodanno ma in tutti i periodi dell'anno, per scacciare il malocchio. La loro fama di portafortuna deriverebbe dal loro colore rosso e dalla loro forma appuntita. Secondo molti fin dal medioevo il peperoncino veniva utilizzato per scacciare il malocchio, per riconquistare l'infedeltà di un coniuge oppure per donare potenza e fertilità, spargendo manciate di polvere di peperoncino in casa oppure portando con se peperoncini essicati o ancora mettondolo sotto il cuscino.
Tutti i cibi rotondi dalla frutta alle ciambelle alle polpettine grazie alla loro forma sferica sono simbolo di lunga vita. Molto popolari sono le ciambelline dolci che con la loro forma a cerchio sono ben auguranti per l'anno che verrà.
L'aringa, è uno dei cibi principe dei cenoni di capodanno nei paesi del Nord Europa. La sua carne piuttosto grassa è simbolo di prosperità e abbondanza. Attenzione: anche l'aringa va mangiata allo scoccare della mezzanotte! In generale però tutti i pesci portano fortuna e ricchezza per via delle loro squame che assomigliano a piccole monete e per il fatto di nuotare in avanti, quindi essere rivolti al futuro e al progresso. Ricordatevi però di non mangiare aragosta o granchi a capodanno perchè portano sfortuna in quanto tendono a camminare all'indietro.
Secondo molti la pasta di mandorle serve ad attirrare su colui che la mangia ricchezza, questo grazie al suo nome che deriva dall'arabo mauthaban e significa moneta.
In Italia le tagliatelle in Asia particolari spaghetti di grano saraceno sono un augurio di lunga vita, l'importane è non tagliarle mai ma succhiarle fino all'ultimo.
Anche il maiale è sinonimo di prosperità grazie alle sue carni piuttosto grasse e al fatto che del maiale non si butta proprio nulla. Il maiale poi con il suo naso allungato è sempre proteso in avanti, per molti questa postura simboleggia il futuro e il progresso. Nella nostra tradizione cotechini e zamponi di maiale vengono serviti accompagnati da lenticchie.
Si tratta di un dolce tipico delle feste Natalizie, la cui tradizione è diffusa in moltissime regioni del Nord e Centro Europa. L'origine di questo particolare dolce è da ricercarsi addirittura ai tempi degli antichi greci, i quali ne erano molto ghiotti. Il mix di spezie utilizzato a quei tempi non è giunto fino a noi si sa per certo però che la diffusione nel Nord Europa è da attribuirsi a San Gregorio, vescovo d'Armenia. Il vescovo era solito offrire ai suoi ospiti questo particolare dolce, con la sua fuga in Francia non perse comunque le sue abitudini iniziando così la diffusione del pan di spezie. Durante il periodo natalizio le bancarelle dei mercatini, le vetrine di forni e pasticcerie sono piene di questo dolce dalle forme più svariate, in Ungheria è tradizione farlo a forma di cuore con uno specchio al centro, gli uomini lo regalano in segno di amore alla loro donna.
250 gr di farina tipo 00
200 gr di miele piuttosto fluido
60 gr di zucchero di canna
1 bustina di lievito
2 uova
60 gr di burro
100 ml di latte
la scorza grattugiata di 1 arancia (non trattata)
1 cucchiaino di noce moscata
1 cucchiaino di cannella
1 cucchiaino di zenzero macinato
1 cucchiaino di semi di anice pestati
6 chiodi di garofano
1 pzzico di sale
1 pizzico di pepe
Mettere il latte in un pentolino con la scorza d'arancia grattugiata e i chiodi di garofano per almeno 1/2 ora, poi mettere il pentolino su fuoco e sciogliervi il miele, lo zucchero e il burro, lasciare intiepidire e passare il composto in un colino in modo da depurarlo dalla scorza d'arancia e dai chiodi di garofano. In una ciotola capiente mettere la farina, le uova, versarvi il composto, aggiungere le spezie e il lievito, mescolare bene fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo. Preriscaldare il forno a 170° poi versare il composto in uno stampo da plumcake precedentemente imburrato e infornare. Lasciare quocere per circa 45 minuti. Sfornatelo, lasciatelo raffreddare e consumatelo possibilmente il giorno seguente. Avvolto nella carta stagnola il pan di spezie si conserva anche una decina di giorni.
E' possibile servire il pandispezie come antipsto guarito con fettine di salmone o con gorgonzola morbido.
Variante: volendo potete pestare i chiodi di garofano e non passare al colino il composto.
La Paella è un piatto tradizionale della cucina Valenciana, talmente buono da essersi diffuso in tutti i paesi del Mediterraneo ma, anche d'oltre oceano. Il suo nome deriva dal nome del recipiente in cui viene preparata proveniente dal latino patella, si tratta di una padella in ferro piuttosto larga, dai bordi bassi e con due impugnature ai lati. Anticamente questo tipo di padella veniva utilizzata dai valenciani per cucinare piatti a base di pesce, pasta o riso. L'enorme successo e diffusione del piatto ha fatto si che con il passare del tempo la ricetta si sia modificata assumendo modi di preparazioni e ingredienti differenti da zona a zona. Anche le mutate abitudini alimentari hanno contribuito a modificare la ricetta originale che prevedeva ad esempio tra gli ingredienti l'utilizzo delle lumache. Originariamente era un tipico piatto della tradizione contadina ma, a partire dal XIX secolo il piatto iniziò ad essere proposto da ristoranti ed osterie di Valencia e delle zone limitrofe fino a diffondersi in tutto il mondo. Al contrario di quanto viene proposto in alcune ricette la vera paella valenciana non prevedere l'utilizzo di pesci o crostacei ma, solamente di carne, verdure e riso.
450 gr di polpa di pollo tagliata a tocchetti
450 gr di polpa di coniglio tagliata a tocchetti
200 gr di taccole oppure fagiolini
200 gr di fagioli bianchi
150 gr di peperone, possibilmente rosso
200 ml di passata di pomodoro
2 bustine di zafferano
400 gr di riso
1 pizzico di peperoncino
1 pizzico di paprica (a piacimento)
mezzo bicchiere di vino bianco
1,3 lt di brodo vegetale q.b.
sale q.b.
olio
In una padella larga e capiente mettere un filo d'olio, quando avrà raggiunto la giusta temperatura mettervi a rosolare la carne di pollo e coniglio, sfumare la carne con il vino bianco. Aggiungere un po di brodo e successivamente il peperone precedentemente lavato, pulito e tagliato in falde, aggiungete le taccole tagliate a tocchi, i fagioli e lasciate cuocere mescolando di tanto in tanto e aggiungendo il brodo. Dopo una decina di minuti aggiungete la salsa di pomodoro, la paprica e il peperoncino, fate cuoce per un altro po' di minuti poi aggiungete il riso, lo zafferano e il brodo restante. Lasciate cuocere cercando di mescolare il meno possibile fino a quando il riso sarà al dente.
Si tratta di una rivisitazione in versione Halloween del molto più classico cheesecake, tipico dolce Newyorkese. La torta si adatta ad essere decorata nella maniera più horror e paurosa che desiderate.
200 gr di zucchero di canna
1/2 bicchierino di Marsala o altro liquore
3 uova intere
1 cucchiaino di cannella in polvere
250 gr di polpa di zucca
500 gr di formaggio fresco spalmabile possibilmente Philadelphia
1 pizzico di sale
250 gr di biscotti digestive
30 gr di acqua
200 gr di burro
Base: ridurre in polvere i biscotti con un mixer oppure con un mortaio, in un pentolino sciogliere il burro e poi incorporarlo alla polvere di biscotti. Versare il composto in uno stampo e pressare bene in modo che si formi una base omogenea e compatta. Per appiattire i biscotti aiutatevi con i 30 gr di acqua, dove immergerete il cucchiaio.
Crema: lavare e privare la zucca della crosta poi metterla in una casseruola con l'acqua e farla bollire per almeno 20 minuti. Quando sarà cotta sgocciolarla e lasciarla raffreddare. Mettere nel mixer la zucca, le uova, lo zucche, il formaggio e la panna. Azionate il mixer fino ad aver ottenuto un composto cremoso, incorporatevi il limone e la cannella poi versate la crema sulla base di biscotti. Invornate a forno già preriscaldato a 190° per circa 50 minuti. Consiglio: per evitare che il dolce si sgonfi fatelo raffreddare in forno. Decorate la tora a piacimento.
Difficoltà: Facile