Costituiscono i due rioni più antichi di Matera.
Se volete un consiglio, guardateli per la prima volta di sera, al tramonto, quando la luce si colora degli ultimi raggi di sole e cominciano ad accendersi le prime luci della città. Affacciati alla balaustra della frequentatissima Piazza Vittorio Veneto vedrete un presepe, un vero, grande, magico, presepe, con le sue case arroccate, scale, viuzze, e chiese che sprofondano nella roccia. Comincerete a pensare che i Sassi di Matera siano il modello originario, la matrice di quelle fragili architetture natalizie che tutti conosciamo. Di giorno, comunque, l’impressione non cambia: un dedalo di stradine, gradini, discese e salite; case (costruite? scavate?) le une sulle altre. Un mondo arcaico rimasto pressoché inalterato dalla preistoria ai nostri giorni; una eccezionale testimonianza storica, unica nel suo genere. Quello che cambia, però, rispetto alla poesia del silenzio e delle luci notturne, è non solo il traffico, il rumore, il via vai dei turisti, ma soprattutto la consapevolezza che in quelle case-grotta, senza finestre e senza servizi, fino a non molto tempo fa vivevano 15.000 persone, in nuclei familiari di 6-8 persone,insieme ai loro animali (asini, maiali e galline). Soltanto nel 1952, infatti, per una legge speciale voluta da De Gasperi, i Sassi, ritenuti ormai simbolo del peggiore degrado nazionale, furono sgomberati, e gli abitanti trasferiti in quartieri appositamente progettati da architetti come Carlo Aymonino, Luigi Piccinato, Ludovico Quaroni, che tentarono, per quanto possibile, di ricreare situazioni abitative ottimali per non disperdere il tessuto sociale del nucleo storico della città. Negli anni ’80 iniziarono i lavori di risanamento e restauro della zona e nel 1993 i Sassi sono stati riconosciuti dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità per il suo complesso sistema di raccolta delle acque. Se la sua particolare conformazione ha protetto nel tempo la sua popolazione, ha, nel frattempo, infatti, comportato enormi difficoltà per l’approvvigionamento dell’acqua, che scorre a più di cento metri, al di sotto del banco roccioso. Le energie dei suoi abitanti, necessariamente, si andarono concentrando sullo scavo di cisterne e sulla realizzazione di complessi sistemi di canalizzazione dell’acqua, in grado di consentire loro di resistere in caso di assedio. Da questo punto di vista, Matera potrebbe essere considerata uno dei primi e meglio conservati esperimenti di bio-architettura al mondo. Oggi, mentre i lavori di recupero proseguono, una vasta parte dei Sassi è visitabile e alcuni di loro ospitano botteghe artigianali, piccoli ristoranti e B&B. Alcuni artisti hanno colto l’incanto del luogo, vi si sono trasferiti e non è difficile vederli al lavoro, come non è difficile individuare alcuni degli abitanti che hanno scelto di tornare a vivere nelle loro case. Il grande complesso è composto di due parti distinte:
- il Sasso Barisano orientato a nord-ovest, sull’orlo della rupe, fulcro della parte più vecchia della città
- il Sasso Caveoso, orientato a sud come un grande anfiteatro, con case-grotte che scendono a gradoni.
Al centro, a separare i due Sassi, si erge la Civitas, sperone roccioso sulla cui sommità si ergono la Cattedrale e alcuni palazzi nobiliari. La visita dei Sassi può essere libera o guidata. Il sito comunale suggerisce un itinerario di esplorazione ben descritto del Sasso Barisano, che parte dalla Villa Comunale. Una mappa dei Sassi è reperibile al Sito. Per quanto riguarda il periodo migliore per visitare i Sassi, vi consigliamo di scegliere stagioni intermedie o orari freschi della giornata, perché in estate la temperatura può arrivare facilmente a 40°. Per lo stesso motivo è consigliabile portarsi dell’acqua. Non mancano comunque i punti di ristoro.
Sono uno degli elementi più spettacolari dei Sassi e rappresentano senza ombra di dubbio l’espressione più alta dell’arte rupestre. Scavate nel tufo nell’Alto Medioevo, quando, durante le dominazioni bizantine e longobarde si andò affermando il monachesimo, decorate con splendidi affreschi e movimentate architettonicamente da navate e cripte, furono eremi, basiliche, cripte, laure e cenobi, disseminati sull’altopiano murgico e all’interno dei Sassi dei Matera. Sono numerosissime: ne sono state censite più di 150, non tutte visitabili. Quelle più facili da raggiungere, all’interno dei Sassi sono:
San Pietro Barisano
È la più grande tra le Chiese rupestri di Matera. L’assetto attuale diviso in tre navate è frutto di due ampliamenti datati XV-XVI secolo e XVIII secolo, ma al di sotto della pavimentazione sono state trovati reperti della prima costruzione, risalente al XII-XIII secolo. Anche se molte delle sue opere d’arte sono state trafugate o danneggiate tra gli anni ’60 e ’70, la chiesa conserva ancora bellissimi affreschi e sotterranei con tracce di antichi (e macabri) rituali. Viene qualche volta utilizzata per concerti musicali.
Santa Maria de Idris San Giovanni in Monterrone
Occupano il complesso del Monterrone, lo sperone roccioso che caratterizza il Sasso Caveoso, e sono quasi interamente scavate nella roccia. Santa Maria de Idris deve il suo nome alla presenza di cisterne per la raccolta dell’acqua e se ne trova traccia anche nell’affresco dell’altare maggiore nel quale la Madonna ha ai suoi piedi le mezzine: le tipiche brocche in cui veniva conservata l’acqua in casa. Della chiesa se ne ha documentazione già nel XVI secolo. Da una porta laterale si accede alla chiesa di San Giovanni in Monterrone, le cui pareti ospitano splendidi affreschi di Santi risalenti ai secoli XI-XIII. Molti anche gli affreschi palinsesti, sovrapposti, cioè, ad opere più antiche.
Santa Lucia alla Malve
Si trova sotto la rupe dell’Idris e deve il suo nome alla pianta spontanea di cui è ricca la zona. Risale al IX secolo d.C. ed è la prima sede di laure(celle singole scavate nella roccia, con in comune soltanto la chiesa), che fino al 1283 ospitò una comunità di suore benedettine. L’impianto attuale ha tre navate e quella di destra è adibita al culto. Le altre due furono utilizzate ad abitazione fino alla metà degli anni ‘50. I bellissimi affreschi che ornano le sue pareti risalgono al periodo XI-XVII secolo. Ben più antichi i pilastri, alcuni dei quali risalgono all’VIII secolo.
È un complesso monastico che domina il Sasso Barisano. Risale alla fine del XVI secolo e nel 1988 è stato dichiarato monumento nazionale. Fu costruito sull’antica cripta rupestre di San Giuliano (per altri si tratta di San Guglielmo) del XII secolo ed è costituito dal convento, fatto costruire dai monaci dell’ordine degli Emeritani di Sant’Agostino nel 1592 e dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie, di poco successiva. Il nucleo originario dell’insediamento si trova al di sotto della struttura attuale ed è costituito da una serie di locali ipogei e da una cripta, con accesso dalla chiesa. La struttura odierna, che ospita la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Ambientali, è frutto di una ricostruzione del XVIII secolo: nel 1734, infatti, il complesso fu distrutto da un violento terremoto.
È lo straordinario Museo “in grotta” della scultura contemporanea di Matera. Inaugurato nel 2006, è ospitato a Palazzo Pomarici, un bellissimo edificio del XVI secolo, i cui sotterranei, suggestivi spazi espositivi, si addentrano nella roccia con le stesse modalità dei Sassi, creando un intenso impatto emotivo nei visitatori.
Il Museo offre un viaggio attraverso la storia della scultura italiana e internazionale dalla fine del XIX secolo ad oggi con sculture, ceramiche, gioielli, disegni e opere grafiche. La collezione permanente conta più di 400 opere che si aprono con Il birichino,un bronzo di Medardo Rosso del 1883,e arrivano alle più recenti avanguardie, con testimonianze di artisti quali: Picasso, Marini, Manzù, Accardi, Moore, Pomodoro, Ceroli, Cascella, Fontana, Giacometti, Gentilini……Molte anche le mostre temporanee, gli eventi e le iniziative culturali e didattiche organizzate dal MUSMA, che ospita anche una biblioteca ed una videoteca per lo studio e l’approfondimento di temi relativi all’arte contemporanea.
È una tipica casa grotta del Sasso Caveoso, arredata con mobili ed attrezzi autentici, che può dare un’idea della condizioni di vita all’interno dei Sassi. Le spiegazioni sono in più lingue.Orario: tutti i giorni dalla 9.30 a sera
Il Palombaro Lungo è una gigantesca cisterna sotterranea che si estende al di sotto della piazza Vittorio Veneto, collegando tra di loro pozzi e cantine preesistenti fino a formare un vero sistema idrico. Fu realizzato nella prima metà del 1800 come riserva pubblica, destinata alla raccolta delle acque piovane e dell’acqua proveniente da una fonte naturale posta nei pressi del Castello Tramontano. Queste acque dovevano servire i nuovi quartieri che andavano sorgendo subito al di fuori dei Sassi, ormai insufficienti per la popolazione in crescita della città. La cisterna ha un’altezza variabile tra i 10 e i 15 metri, poteva contenere 13.000 metri cubi di acqua e faceva parte di un complesso sotterraneo più ampio che si estende sotto l’intera città di Matera. Il Palombaro, il cui nome deriva dal latino plumbarius (colui che rivestiva di piombo le tubature che portavano l’acqua degli acquedotti alle case), fu utilizzato fino ai primi del ‘900, quando fu dismesso e dimenticato. Fu scoperto solo nel 1991, in modo del tutto fortuito, e pieno di acqua, tanto che inizialmente era visitabile soltanto in barca. Svuotato completamente, ha svelato una struttura particolare, simile a quella di un albero rovesciato, con cisterne piccole collegate in basso a cisterne più grandi, e pareti rese impermeabili dall’intonaco a cocciopesto. Sono emerse anche pagine inedite della storia della città, con testimonianze riconducibili a botteghe artigiane ed attività che fanno ipotizzare una vera e propria città sotterranea. Vi si accede dagli ipogei di Piazza Vittorio Veneto, la visita guidata dura circa 20 minuti.
Intitolata alla protettrice della città, la Cattedrale sorge sul colle della Civitas, il punto più alto della città e fu eretta nel XIII secolo sul luogo dove c’era la più antica chiesa di Sant’Eustachio. L’esterno, in stile romanico pugliese, ha un bel rosone a 16 raggi. L’interno stupisce per i suoi tesori di arte barocca, per l’affresco del Giudizio Universale e per il bellissimo presepe in pietra, realizzato nel XVI secolo da Altobello Persio. Nella Cattedrale sono custodite le spoglie di San Giovanni a Matera, monaco originario della città, vissuto tra l’XI e il XII secolo. La festa patronale della Madonna della Bruna, celebrata ogni anno il 2 luglio con processioni, sfilata dei cavalieri, abbruciamento del carro trionfale e fuochi d’artificio, ha origini antichissime, risalenti al XIV secolo. Per maggiori dettagli sulla festa Clicca qui
Fu il Conte di Matera Gian Carlo Tramontano che, all’inizio del ‘500, diede inizio agli imponenti lavori per la costruzione di un maniero in stile aragonese, con un maschio centrale e due torri laterali rotonde. Una sommossa popolare del 1514 eliminò, però, questo personaggio, inviso per la sua prepotenza, per l’altissimo costo dell’opera e lo sfruttamento di quanti vi lavoravano. Il castello restò così incompiuto. Di questo episodio si trova traccia nel motto dello stemma cittadino, che recita testualmente: Bos lassus firmius figit pedem (il bue stanco affonda la zampa più fermamente) intendendo dire che le vessazioni possono scatenare la violenza anche nelle creature più pacifiche.
Il castello non è mai stato abitato. Si possono prenotare visite guidate sul sito
Si estende tra la S.S. 7, la S.P. Matera-Ginosa-Montescaglioso e la S.S.175. Un altopiano di circa 8000 ettari, una sorta di deserto roccioso con vegetazione bassa, solcato da canyon e dirupi di roccia tenera, lavorata dal tempo e scavata dal torrente Canopro (la Gravina di Matera). Le numerose rupi, forre, grotte, gravine che caratterizzano l’intera zona si dimostrarono particolarmente idonee ad insediamenti umani fin dalla preistoria. Le testimonianze più antiche provengono dalla Grotta dei Pipistrelli, scavata dall’azione delle maree milioni di anni fa e abitata fin dal Paleolitico Superiore. Del Neolitico sono invece i villaggi di Murgecchia, Murgia Timone e Tirlecchia. Rifugio di eremiti ed asceti in fuga dalle persecuzioni in Oriente, la Murgia ospitò insediamenti rupestri religiosi fin dall’Alto Medioevo. 150 sono le chiese rupestri rinvenute, alcune delle quali splendidamente affrescate. L’intero paesaggio della zona fu profondamente modificato nel XVIII secolo, quando nacquero le cave di tufo, sfruttate in modo massivo per il suo impiego nell’edilizia, che portarono ad un disboscamento senza precedenti. Dei lussureggianti boschi che coprivano la regione rimangono oggi solo poche zone, dove vivono fragni, lecci, carpini e orchidee selvatiche. Se, nonostante questo vero e proprio scempio del territorio, la flora del parco è comunque ancora così variegata da contare più di 900 specie (tra cui alcune rarità, piante medicinali, spezie, funghi…), si può soltanto immaginare come poteva apparire il paesaggio qualche secolo addietro. Per quanto riguarda la fauna, nel Parco sono presenti volpi, faine,gatti selvatici, rettili, civette, gheppi, barbagianni. Presenti anche molti pipistrelli, che trovano in grotte e anfratti il loro habitat ideale e il piccolo Falco Grillaio, simbolo del Parco.
Il sito del Parco offre tutte le informazioni su escursioni, centri visitatori, guide autorizzate, norme da rispettare e l’elenco di tutte le strutture ricettive.
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