Anche se il barocco e il rococò non dovessero essere i vostri stili preferiti, dovrete ammettere che passeggiare per le belle strade di Martina Franca, immergersi nei suoi delicati colori, perdersi nei suoi vicoli intricati per ritrovarsi nelle sue eleganti piazze simili a salotti, tra i balconi in ferro battuto, gli stemmi e le decorazioni dei suoi bei palazzi settecenteschi (se ne contano almeno ventidue) è davvero una grande gioia.
Sorge nel sud della Murgia, al confine tra le province di Taranto, Brindisi e Bari, a 413 metri s.l.m. nella valle dell’Itria. Tutta la zona è caratterizzata da uliveti e vigneti separati tra loro da splendidi muretti a secco, allietati dalla presenza di bellissimi trulli. Uliveti e vigneti si alternano a tratti di bosco (dove cercare il fungo cardoncello) e macchia mediterranea che nascondono grotte e anfratti, rifugio di rapaci notturni, come gufi, civette e barbagianni, ma anche di lepri, volpi e ricci. La presenza di una folta colonia di pipistrelli è particolarmente apprezzata, sia perché è indice di un habitat integro e ricco di acqua, sia perché questi piccoli e delicati mammiferi si nutrono di insetti nocivi per l’agricoltura.
In questa zona sono state trovate testimonianze di insediamenti e di allevamenti di cavalli, già a partire dal neolitico. Fu poi terra dei Messapi, dei Longobardi, dei Romani e divenne rifugio di un gruppo di ebrei in fuga da Oria. Le origini della città risalgono al X secolo, quando un gruppo di profughi tarantini, per porsi al riparo dalle scorrerie saracene, fondò un piccolo insediamento sul Monte di San Martino. Martina Franca seguì poi tutte le vicende legate al feudalesimo e parteggiò per gli Svevi contro gli Angioini. Intorno al 1300 fu eletta comune da Filippo I d’Angiò, che concesse anche privilegi e franchigie per favorire nuovi insediamenti. Per questo motivo la città, chiamata fino a quel momento Martina in onore del Santo francese Martino di Tour, divenne Franca Martina. In seguito, le vicende storiche porteranno la città a perdere alcune di queste concessioni, come la demanialità perpetua, ed essa tornerà a chiamarsi Martina. Solo nel 1871, dopo l’Unità d’Italia, la città prenderà il nome di Martina Franca. Tornando alla sua storia, i secoli XIV e XV segnano un periodo buio, segnato dai soprusi e dai tentativi di conversione contro la comunità ebraica insediatasi nella zona, alla quale fu proibito di vivere in città, e che si stabilì nella zona che corrisponde all’attuale via Cappelletti. Fino all’Unità d’Italia, Martina era cinta da mura, con 4 porte di ingresso, 12 torri quadrate e 12 torri rotonde. Nel corso dei secoli la necessità di una struttura difensiva andò gradualmente diminuendo, tanto che alcuni torre furono abbattute per creare nuove strade e altre furono trasformate in abitazioni, mentre delle porte furono mantenute soltanto le arcate. Interessante l’intricato assetto delle vie del centro storico, con vicoli ciechi, strade strette, piene di spigoli e a volte addirittura nascoste, che costituiscono un vero e proprio labirinto, ulteriore strategia difensiva nel caso in cui i eventuali nemici fossero riusciti a superare la sua cinta muraria.
Martina Franca è famosa, oltre che per la sua splendida architettura barocca, anche per il Festival della Valle d’Itria, dedicato alla musica lirica e sinfonica, che dal 1975 si svolge ogni anno da metà luglio ai primi di agosto, con concerti, eventi e manifestazioni. La peculiarità di questo importante Festival è quella di portare in scena opere inedite.
Il suo nome è, inoltre, associato alla produzione di salumi di qualità e il suo capocollo, marinato nel vincotto, aromatizzato con le erbe della Murgia dei Trulli e affumicato utilizzando solo cortecce di fragno era noto e apprezzato nel Regno di Napoli già nel 1700.
Passando attraverso la Porta di Santo Stefano, il passaggio trionfale di accesso al centro storico, si entra in piazza XX settembre, letteralmente dominata dall’imponente palazzo ducale edificato per volontà di Petracone V Caracciolo a partire dal 1668, ora prestigiosa sede del Municipio di Martina Franca. L’edificio conta 300 stanze, un teatro, cappelle e stalle. Lo stile è barocco. Una splendida balconata in ferro battuto corre lungo tutta la facciata. Il piano nobile, con il suo bel susseguirsi di stanze affrescate da Domenico Carella nel 1776, è visitabile. Il palazzo ospita anche una piccola ma interessante mostra della civiltà contadina.
Viene definita “la perla” del barocco martinese. Fu eretta nella seconda metà del 1700 dove sorgeva una preesistente collegiata romanica, della quale furono riutilizzati i materiali. Ha una facciata imponente con l’immagine più nota di San Martino, quella in cui divide il suo mantello con un mendicante. All’interno, che ospita le reliquie di Santa Comasia, martire romana vissuta tra il II e il IV secolo, spiccano il Battistero e l’altare maggiore in marmi policromi del 1773, varie tele di Domenico Antonio Carella, la Cappella del S.S. Sacramento in stile tardo barocco, con cupola affrescata anch’essa dal Carella, il Coro in legno realizzato dalle maestranze locali nel 1775 e un bel presepe, opera di Stefano da Putignano. La Chiesa ospita anche la Madonna Pastorella (simbologia che si rinviene in molte edicole votive del centro storico), opera del XVIII secolo in gesso, stoffa e argento particolarmente amata a Martina Franca.
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