Abbiamo letto da qualche parte che Ushuaia va meritata. Forse è proprio questo l’approccio giusto ad una città che si trova alla fine di tutto. Ushaia è infatti alla fine dell’Argentina, ma anche alla fine del Sud America, dell’intero continente americano e di tutto il mondo conosciuto.
E' una città difficile. Difficile per la distanza (sono necessarie 3 h di aereo o 57 h di pullman da Buenos Aires). Difficile anche per il clima, per la navigazione alla confluenza tra due Oceani, e per l’approvvigionamento non sempre possibile. Ed infine, Ushuaia è una città di frontiera, un crocevia di razze, culture, lingue ed obiettivi diversi che ne fanno uno dei luoghi più affascinanti del mondo. L’impressione che si avverte è quella che si è arrivati così lontano che tutto meriti di essere visto con attenzione, apprezzato, goduto perché non sarà facile avere una seconda occasione. Il consiglio è quindi quello di prendersi tutto il tempo necessario per scoprire questa regione e questa città in tutti i suoi aspetti, per conoscere qualcosa del suo passato e del suo presente e, se possibile, anche i suoi progetti per il futuro, perché non si sa mai.
Capitale dell’Arcipelago della Terra del Fuoco, dell’Antartide Argentina e delle Isole dell’Atlantico Sud è la città più meridionale del mondo. Si trova nella parte sud dell’isola più grande dell’arcipelago (Isla grande), nella zona argentina, a 140 chilometri da Capo Horn. Il suo nome nella lingua degli Yamanas, i suoi antichi abitanti, significa Baia alla fine del mondo.
La città si affaccia sul Canale di Beagle, uno stretto lungo circa 240 Km. che mette in comunicazione gli Oceani Atlantico e Pacifico, separando Isla Grande da altre Isole dell’Arcipelago e gode di un bellissimo panorama sulle montagne delle isole cilene di Navarino e Hoste. Ha circa 43.500 abitanti ed è in continua e disordinata crescita.
Il Canale di Beagle è di difficile navigazione per l’estrema variabilità della sua profondità che, nei punti più bassi è di appena un metro e per il suo particolare sistema di maree, alterne nella loro direzione. Molti, quindi, i naufragi, molti i relitti e grande l’importanza dei fari, come quello conosciuto come Fin del Mundo che si trova proprio a breve distanza dal porto di Ushuaia.
Terra di missione alla fine del secolo XIX (fu proprio la missione a fare di Ushuaia il primo insediamento stabile nella Terra del Fuoco), vide morire tutti i nativi Yahgan (o Yamana) che per 6000 anni non avevano avuto contatti con il resto del mondo, sterminati dalle malattie portate dai bianchi, dai cacciatori di foche o da coloni decisi ad occuparne le terre. Quattro di loro furono addirittura rapiti nel 1830, da Robert FitzRoy, comandante del celebre brigantino Inglese Beagle che esplorò la Patagonia e lo Stretto di Magellano. Il suo progetto era quello di civilizzare gli Yamana, insegnando loro l’inglese e l’uso di strumenti e attrezzi. Gli Yamana rapiti (due uomini, un ragazzo e una bambina) furono quindi portati in Inghilterra, battezzati ed esibiti in pubblico. Ma dopo la morte per malattia di uno di essi, l’opinione pubblica britannica si sollevò criticamente e FitzRoy decise di riportare indietro i tre superstiti, accompagnato in questo secondo viaggio da Charles Darwin, giovanissimo naturalista della spedizione.
Nel 1902 fu istituita ad Ushuaia una colonia penale, i cui prigionieri costruirono prima il carcere, poi la ferrovia, e poi ancora case per i carcerieri e i famigliari. Il carcere fu chiuso nel 1947 ed è oggi sede di un interessante Museo, dedicato alla storia della città.
Subito dopo la II guerra mondiale, nell’ambito di un trattato bilaterale tra Italia e Argentina che mirava allo sviluppo della Terra del Fuoco, regione considerata inabitata e ostile, oggetto di contese con il Cile, Carlo Borsari, proprietario di una falegnameria industriale e di una ditta di costruzioni a Bologna, in soli 6 mesi riuscì ad organizzare una nave (si chiamava “Genova”) che partì il 26 settembre 1948 dal porto di Genova, con tutte le sue maestranze, i macchinari e il necessario per costruire la città di Ushuaia. 619 persone tra manovali, operai, tecnici, ingegneri e architetti che salparono con 6.000 tonnellate di materiali, che andavano dalle assi di legno e ai chiodi, fino alle cucine e alle stoviglie per cucinare, passando per generatori, gru, scavatrici. La nave arrivò a Ushuaia il 28 ottobre e i partecipanti alla spedizione furono inizialmente ospitati in una parte del penitenziario e a bordo di una nave militare del governo argentino.
Il loro compito fu quello di costruire case prefabbricate in legno, strade, una fornace, una centrale idroelettrica e lo stabilimento per la produzione di legno compensato: insomma una città dove prima c’erano solo ghiacci, vento e un vecchio penitenziario e dove gli approvvigionamenti erano molto difficili, affidati quando possibile al bimotore della posta aerea e dove le navi avevano difficoltà ad arrivare perché il mare era troppo spesso in tempesta. Il contratto di Borsari era della durata di due anni e fu onorato, nonostante il freddo, la neve e l’oscurità che rendevano difficili la costruzione di opere murarie e idrauliche. Dopo il primo anno arrivò, come promesso, la seconda, attesissima, nave italiana con a bordo le famiglie delle maestranze, e così la comunità italiana di Ushuaia arrivò a 1300 persone. Dopo questi primi due, difficilissimi anni, finito il contratto, alcuni dei partecipanti alla spedizione decisero di tornare in Italia, altri restarono in Argentina, ma si trasferirono a latitudini più miti e altri ancora decisero di fermarsi a Ushuaia, città a cui avevano dato, letteralmente, la vita. Una grande e incredibile avventura, molto diversa dalle storie di emigrazione a cui siamo abituati e della quale si trova traccia nel Museo della città, nella cappella, oggi sconsacrata, detta “degli Italiani, nella toponomastica e nella cucina, ricca di piatti della più tipica tradizione italiana, come tagliatelle, ravioli, spaghettini, lasagne, ragù e pizza.
Oggi Ushuaia è una città vivace, con strade ripide e case dai tetti spioventi e coloratissime, a contrastare il grigiore di un meteo difficile per buona parte dell’anno. Il suo porto è in continua espansione anche perché è il porto più vicino all’Antartide ed è da qui che partono le grandi navi destinate alla ricerca e le crociere turistiche dirette verso il Continente Bianco. I prezzi sono, tutti in generale, molto più alti che in Argentina e Cile e questo è comprensibile, viste le oggettive difficoltà di approvvigionamento. A volte, però, sono spudoratamente alti, come, ad esempio, le escursioni turistiche.
Intendiamoci, non sono certo frodi. Si tratta di prezzi ufficiali, stampati anche sui pieghevoli del Centro Informazioni e per i pagamenti si ottengono sempre ricevute o scontrini. Ciò non toglie che sono alti e sarebbe un peccato essere arrivati fino alla fine del mondo e rovinarsi l’umore per dover rinunciare a qualcosa. Tanto vale saperlo e metterlo in conto fin dall’inizio. C’è anche la speranza che qualcosa possa presto cambiare. Alcuni fueghini, infatti, soprattutto quelli che lavorano più a contatto con i turisti, come gli autisti dei taxi, non solo si rendono conto dei malumori che tutto ciò finisce per provocare, ma sono i primi a condannare quella che ai loro occhi è una politica del turismo poco lungimirante.
Centro Informazioni Turistiche, Av. San Martin 775 - È un bel centro, facile da trovare, proprio nella vivace e colorata zona del porto turistico. Luogo utile per un orientamento su tutte le attività possibili, soprattutto per chi, come noi, decidesse di prenotare all’ultimo minuto, in base al meteo. Portate con voi il passaporto, la guida o quello che desiderate perché Ushuaia è il posto giusto per farseli timbrare, a cominciare proprio dal Centro Informazioni.
È l’unica agenzia abilitata per la navigazione nel Canale di Beagle con sbarco sulla piccola Isola H, che deve il suo nome al fatto che l’alta marea la divide in due e che riacquista la percorribilità della sua bassa fascia centrale solo durante le ore di bassa marea. Nel sito si legge: “l’escursione non è consigliata a persone con determinate difficoltà fisiche, bambini piccoli, bambini al di sotto degli 8 anni e donne in gravidanza”, ma non è spiegato perché e noi lo scopriremo in seguito. Probabilmente in alta stagione è bene prenotare per tempo l’escursione, ma in primavera, quando siamo andati noi, non erano sicuri di riuscire a raggiungere il numero di 11 o 12 persone necessario per partire. Una volta raggiunto il numero, si va a pagare la tassa portuale negli uffici del porto poco distanti e si attende il permesso ufficiale della capitaneria, legato alla difficile percorrenza del canale di Beagle e al suo complesso sistema di maree. Poi ci si imbarca sul Sea Gold, yacht che è decisamente più vecchiotto di quanto non appaia nelle foto del sito, e si parte. Siamo in 11, di 7 diverse nazionalità, accompagnati dal capitano e dal suo secondo, che è guida, marinaio e, all’occorrenza, pilota anche lui dell’imbarcazione.
La navigazione nel Canale di Beagle, grazie anche alla bella e luminosa giornata, è spettacolare. Il Sea Gold si avvicina prima ad un isolotto pieno di cormorani, poi ad un altro dove ci sono tantissime foche pigramente distese al sole.
Arrivati all’isola H scopriamo il senso del messaggio nel sito. Sull’isola non c’è un molo e neppure un attracco. Ci sono soltanto due grossi copertoni, messi uno sull’altro a formare un 8, legati agli scogli che in quel punto formano una parete alta e scoscesa. I copertoni servono sia per l’accostamento della barca sia per mettere un piede (letteralmente!) sull’isola.
Il poi andrebbe filmato: ci si arrampica velocemente mani e piedi sulla parete di scogli per 4 o 5 metri, fino ad arrivare al sentiero, dove si può finalmente riacquistare la posizione eretta. Una manciata di secondi, ma sufficienti per avvertire che la nostra adrenalina ha raggiunto il suo massimo. Il fatto incredibile è che, in qualche modo, effettivamente tutti raggiungiamo terra, forse perché siamo stati presi di sorpresa e non ci viene dato tempo per riflettere, forse per semplice incoscienza e sicuramente perché siamo troppo affascinati all’idea dello sbarco sull’isola deserta. E così, una volta tutti in piedi, inizia l’esplorazione su un sentierino ad anello, stretto e a tratti scosceso, ma niente di troppo complicato. C’è bassa marea, quindi riusciamo a percorrere tutta l’isola H. La vegetazione è formata da cespugli bassi, vellutati, colorati, fioriti: una meraviglia! Nella fascia più bassa la marea ha lasciato un tappeto di grandi alghe scure. Ci sono diversi tipi di uccelli, anatre e papere, che sembrano abbastanza confidenti e poco disturbati dalla nostra presenza. Arriviamo fino al punto più alto dell’isola, mentre la nostra guida ci dice che non soltanto la loro agenzia è l’unica abilitata allo sbarco, ma che possono organizzare un massimo di due escursioni al giorno, per limitare i danni dell’impatto ambientale.
Non so dire come (perché la discesa a picco con vista sul Sea Gold, che appare piccolissimo e circondato dal mare, dove si è intimamente sicuri di finire, è breve ma indimenticabile) si torna tutti sulla barca e si riparte. La nostra guida-marinaio ci offre te caldo e dolce al caramello mentre ci avviciniamo all’isolotto con il pittoresco faro a strisce bianche e rosse chiamato Fine del mondo da fotografare da varie angolature, prima di far rientro in porto. L’escursione è durata in tutto circa 3 h e ½ (e quasi 70,00 euro a testa) ed è stata una vera e insolita avventura, a contatto con una natura pressoché incontaminata. Ci sembra però utile aggiungere che per chi soffre di vertigini o non fosse in perfetta forma fisica, la navigazione su imbarcazioni più grandi, che percorrono lo stesso tragitto, ma non prevedono lo sbarco nella modalità che abbiamo descritto sembrano decisamente consigliabili. In tutti gli altri casi, ora che sapete cosa aspettarvi, sarà più semplice decidere se sia il caso o meno di vivere questa piccola avventura.
La capsula del Tempo
Poco distante dal Centro per le Informazioni Turistiche, Ushuaia ha dedicato in Av. Maipù, non lontano dalle biglietterie per le navigazioni verso l’Antartide, uno speciale pensiero al futuro: un piccolo monumento bianco con una piramide che racchiude la “Capsula del Tiempo Philco”. Al suo interno, in una scatola di acciaio, si trovano sei videodischi laser con copie di un ciclo televisivo trasmesso tra ottobre e dicembre 1992 e centinaia di messaggi che i cittadini argentini hanno voluto lasciare ai loro posteri per mostrare qualcosa del modo di vivere e di pensare del nostro tempo. La capsula è stata creata nel 1992 e sulla targa posta sul monumento si legge l’invito alle generazioni che verranno di custodirla e tramandarla per i prossimi cinquecento anni, fino al 2492 quando, 1000 anni dopo la scoperta dell’America, potrà finalmente essere aperta, completando idealmente il suo viaggio nel tempo.
Parco Nazionale della Terra del Fuoco. Il Parco si estende lungo le sponde del Canale di Beagle per 630 Kmq. È stato istituito nel 1960, primo parco costiero dell’Argentina. Si trova a meno di 12 Km dalla città di Ushuaia, lungo la strada nazionale 3 (RN3).
La parte accessibile ai visitatori è solo una frazione di esso, lungo il confine meridionale: circa 2000 ettari, dove è possibile effettuare belle e facili passeggiate e dove ci sono anche dei campeggi . Tutto il resto è considerata riserva naturale, inaccessibile al turismo. Il Parco è particolarmente bello con i colori autunnali, ma è comunque interessante anche in primavera e in estate per le specie animali (in particolare uccelli) e vegetali (coihue, canelo e lenga) che ospita. Visibili anche i danni apportati dall’incauta introduzione dei castori canadesi, avvenuta nel 1946 con l’obiettivo di introdurre nel Paese l’industria delle pellicce. Purtroppo le diverse condizioni climatiche e la mancanza di predatori naturali hanno determinato pellicce di scarsa qualità e un’altissima diffusione dei castori, che, dopo aver conquistato la Terra del Fuoco, hanno raggiunto la terraferma, e invaso Argentina e Cile. I danni apportati al territorio sono ingenti, anche perché gli alberi, che in tempi relativamente recenti hanno conquistato la Terra del Fuoco, sono molto più delicati della flora canadese e incapaci di sopravvivere nei ristagni d’acqua creati dall’infaticabile opera ingegneristica dei castori, abili costruttori di dighe. Nel Parco è possibile visitare la Castorera, oggi abbandonata, per farsene facilmente un’idea e capire la generale necessità di proteggere gli ecosistemi esistenti.
Per visitare il Parco ci si può affidare a tour organizzati, a navette e a taxi privati, con prezzi compresi tra i 500 e i 1100 pesos (20-45 euro circa) a testa, ai quali si aggiunge il biglietto di ingresso al Parco. Prezzi alti, considerando la vicinanza del Parco alla città. Noi abbiamo scelto quello che ci è sembrato il male minore: la navetta, che si limita a percorrere il breve tratto di strada da Ushuaia, a lasciare i passeggeri ad una delle fermate disseminate nel parco, a fornire loro una mappa non del tutto comprensibile e tornare poi a riprenderli ad orari stabiliti. Dopo la sosta all’ingresso del Parco per pagare i biglietti (350 pesos, pari a 15 euro circa), ci siamo fatti lasciare in uno dei punti più evocativi del Parco, quello dove ufficialmente termina la RN3, dopo un percorso di 3045 Km. lungo tutto il lato est dell’Argentina. Di lì abbiamo fatto una lunga passeggiata a piedi e, nonostante lo scarso supporto della segnaletica, siamo riusciti a visitare (forse non nell’ordine giusto) Bahia Lapataia e il suo spettacolare Mirador, la Laguna Negra, la Laguna Verde, la Torbiera (che si calcola abbia 14.000 anni e che è fondamentale per lo studio stratigrafico di quella zona) e la Castorera.
Abbiamo concluso il nostro itinerario al Centro Visitatori Alakush, dove è possibile apprendere qualcosa in più sul Parco e sulle popolazioni che lo hanno abitato prima dell’arrivo degli europei e dove è possibile mangiare buone empanadas calde e prendersi un caffè, in attesa dell’arrivo della navetta di ritorno. Ad essere critici c’è da dire che, con una migliore segnalazione dei sentieri, si potrebbe utilizzare meno la strada principale, continuamente percorsa da pullman e navette, godendo di più il Parco. In tutti i casi, i luoghi meritano davvero: nel Parco ci sono stagni, laghi, corsi d’acqua, piante spettacolari, molte delle quali erano in piena fioritura al momento della nostra visita, e molti animali, come falchi, aquilotti e molti diversi tipi di anatre e papere, alcune delle quali in coppia, che si chiamano tra loro con una sorta di musica che avremmo tanto voluto registrare. E’ molto frequente anche l’avvistamento dei Condor che, però, volano ad altezze vertiginose e spesso sono poco più puntini nel cielo.
Giorno 13 Ushuaia, Alla scoperta della storia, della cultura e delle tradizioni della Terra del Fuoco: il Museo Fin del Mondo e il Museo Marittimo e del Presidio
Museo Fin del Mondo, Maipú 173, ingresso gratuito. Il Museo, nato nel 1979 per raccogliere e tramandare la storia dell’isola è ospitato in due diverse sedi, entrambe costruzioni storiche di Ushuaia, come l’antica sede del Banco de La Nacion che si trova in Av. Maipu 173. Il Museo è un punto di riferimento e testimonianza per la storia degli Yámana e di altre antiche popolazioni di quest’isola, con una raccolta di reperti, manufatti, utensili, vestiti e foto che coprono un arco di tempo di circa 8000 anni. C’è una sala dedicata ai numerosi naufragi avvenuti nel Canale di Beagle (meravigliosa la polena della Duchessa di Albany, nave inglese naufragata nel 1893) e un’altra alla storia del carcere di Ushuaia e dei suoi ospiti (temi che sono ripresi e approfonditi nel Museo Marittimo e del Presidio); vi sono sale dedicate alle Missioni anglicane, alle diverse spedizioni che si sono succedute, fino ad arrivare al pilota tedesco che sorvolò Capo Horn. Vi è anche un’esposizione sulla fauna locale, con esemplari impagliati e la minuziosa ricostruzione di un antico magazzino, la cui importanza va considerata pensando al fatto che le forniture arrivavano a Ushuaia via mare soltanto ogni tre mesi. Era in questi empori che si vendeva tutto ciò che si poteva acquistare: cibo, vestiti, libri, strumenti musicali. I proprietari dovevano essere abili e responsabili nel pianificare gli acquisti per garantire la sopravvivenza e soddisfare le esigenze di tutti gli abitanti di Ushuaia per un arco di tempo così lungo.
Museo Marittimo e del Presidio, Yaganes Y Gobernador Paz. Ex Presidio
Il Museo è ospitato nell’antico carcere di Ushuaia, costruito dai detenuti appositamente trasferiti tra il 1906 e il 1920. Si tratta di un grande edificio a due piani, che si protende con 5 grandi bracci, disegnando quello che può sembrare la metà di un gigantesco fiocco di neve. Il penitenziario restò in funzione fino al 1947, arrivando ad ospitare fino a 800 prigionieri contemporaneamente. Ora, ad eccezione di un’ala che è stata lasciata com’era per consentire ai visitatori di farsi un’idea delle difficili condizioni in cui vivevano i carcerati, è sede museale e di mostre d’arte temporanee. Ospita anche una biblioteca, e un negozio.
Il Museo del Presidio ricostruisce la storia dell’edificio, della vita carceraria e della biografia di alcuni detenuti particolarmente noti, ricreando i fili che hanno legato il carcere alla costruzione della città. Nel Museo Marittimo si trova invece la ricostruzione storica delle spedizioni che, nel tempo, hanno collegato la Terra del Fuoco al resto del mondo, dalle prime esplorazioni ai nostri giorni, passando per i numerosi naufragi, per la guerra per Isole Malvine (guai qui a chiamarle Falkland!) e per i flussi di immigrazione che si sono succeduti. Bellissime le mappe originali e splendidi i modellini delle diverse imbarcazioni. Nella cella dedicata all’Italia, si può scoprire una storia originale e non troppo nota: quelli di Carlo Borsari, delle sue maestranze bolognesi, delle due navi italiane partite da Genova alla volta di Ushuaia e del grande progetto di costruzione della città che impegnò per due anni più di 1300 italiani, tra lavoratori e familiari.
L’ingresso al complesso museale è a pagamento (400 pesos, pari a circa €16,50 a persona), il biglietto è valido 48 ore e c’è la possibilità di effettuare visite guidate in spagnolo e inglese in alcuni periodi dell’anno.
Il Parco Yatana è un piccolo spazio verde della città, sottratto alla continua e disordinata opera di costruzione che sta distruggendo il bellissimo bosco circostante. Pur avendo le dimensioni di un isolato è un luogo simbolico, a testimonianza della forza di opposizione di una sola famiglia che nel 2004 è riuscita ad ottenere ufficialmente dal Comune di Ushuaia la salvaguardia di questo bosco nativo di alberi di lenga, con l’obiettivo di dedicarlo alla trasmissione dei saperi delle culture originarie. Oggi è sede di corsi, seminari e laboratori per adulti e bambini. Periodicamente ospita anche interessanti mostre d’arte, come la Biennale Intercontinentale di Arte Indigena.
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